Mozione Volturara AppulaLa piazza pacifista di Conte ha prenotato uno spazio al congresso e nel futuro del Pd

È irrilevante chi sara il segretario del Partito democratico perché chiunque sarà eletto dovrà fare i conti con la presenza (ormai legittimata) dell’avvocato populista

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La manifestazione pacifista di sabato scorso si rivelerà purtroppo per la storia del Partito democratico un turning point assai più significativo del congresso di cosiddetta rifondazione, previsto tra circa cinque mesi.

Il fatto rilevante della giornata è stata infatti l’inchinata, che tutti i principali leader e pretendenti alla segreteria hanno ritenuto di dovere rendere alla piazza di Conte e di quella bella sinistra intellettuale, sociale, sindacale e parrocchiale, che considera il Pd, non la sua politica, bensì la sua stessa esistenza, un errore della storia, un tradimento del popolo e un cedimento alle logiche del pensiero neo-liberale.

Sono andati tutti a Canossa in quella piazza che, come ha ricordato Christian Rocca, era pacifista nel senso originario, cioè staliniano, del termine ed era dunque persuasa che la guerra, qualunque guerra, fosse semplicemente un sintomo della malattia rappresentata dal dominio americano del mondo e che non ci sarà pace, in tutte le sue declinazioni politiche, economiche e strategiche, prima che l’umanità ne sarà risanata.

Sono andati tutti a Canossa lì, i dirigenti del Pd, sia quelli felici di cospargersi il capo di cenere ed entusiasti di dire, come Gianni Cuperlo, che «dopo tutti questi mesi è giusto farsi domande su un nuovo invio di armi», sia quelli obbligati alla presenza perché non se ne notasse l’assenza, come Stefano Bonaccini, costretto a biascicare doroteismi sul necessario «scatto della diplomazia» e a nascondersi dietro un ridicolo «non lo so» a una domanda sull’aumento delle spese militari, a cui il Pd, in teoria, ha già risposto «Sì» col Governo Draghi.

Il dato più significativo, però, è che per tutti quella presenza era obbligata, pure per Letta, che sapeva perfettamente sarebbe stato contestato, ma era convinto di doversi offrire in sacrificio ai fischi e non rompere il legame politico e sentimentale del Pd con una piazza che fondamentalmente lo disprezza.

Alla domanda sulla ragione di questa umiliante corvée si possono dare risposte di vario tipo, più o meno analoghe a quelle con cui, sul piano dell’analisi delle scelte del Pd, si è provato a spiegare la necessità della relazione con il Movimento 5 stelle di Conte e la preferenza implicita o esplicita per un’alleanza di sinistra e di sistema con il partito più ideologicamente double face e ondivagamente anti-sistema della politica italiana.

La risposta più convincente mi sembra essere quella peggiore: quella esercitata dal pacifismo come quella esercitata dal populismo è una attrazione reale, non solo un ricatto. Nel pacifismo e nel populismo, oggi impersonati da un comunissimo mestierante del trasformismo politico, il Pd vede riflessi i nodi irrisolti di un processo politico incompiuto e forse definitivamente abortito e ritrova le immagini dell’album di famiglia e le parole del diario sentimentale, che è stata per milioni di persone la storia della sinistra in Italia.

Prima l’irruzione del M5S e poi la sua riprogrammazione ideologica in salsa progressista, dopo la fine del governo Conte I, hanno slatentizzato nel Pd sindromi e traumi non superati, ma semplicemente rimossi: quelli che riguardano il rapporto con il mercato e le libertà economiche, l’idea di uguaglianza e di equità, l’ordine politico internazionale e la sua salvaguardia, le differenze e le relazioni tra la giustizia e la politica.

Nel populismo italiano riemerge e torna a ingombrare politicamente il Pd tutto quello che la sinistra cattolica e comunista e i loro potentissimi apparati culturali avevano ruminato per decenni o direttamente contro o apertamente fuori lo schema del mainstream politico liberal-occidentale e che il Pd non aveva superato, ma semplicemente ammassato in un cassetto in fondo all’armadio.

Il prossimo congresso del Pd si ritroverà quindi il contenuto del cassetto sul tavolo della discussione e la piazza di san Giovanni in casa e difficilmente se ne potrà liberare, con un Conte protervo che guarda nei sondaggi tutti i dirigenti del Pd dall’alto in basso. A quel punto, poco conta chi vincerà la segreteria, perché quella presenza, riemersa dal fondo di una storia irrisolta, sarà lì per restare.

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