Abbiamo scoperto che in Italia c’è un’emergenza rave party e che serviva una nuova norma ad hoc per neutralizzare un pericolo che il prefetto di Modena ha risolto senza spargimento di sangue. Ora per fortuna Forza Italia vuole chiarire in sede di conversione del decreto legge che la norma non verrà usata per sedare ogni manifestazione di dissenso, dando così segno di vita a quel pezzo di centro che sembra in progressiva estinzione nella destra.
La sinistra abbocca, alimentando i consensi (Fratelli d’Italia nei sondaggi post elezioni è al 30%) e la cortina fumogena identitaria, securitaria e anti-Covid del governo. Poi ci sono i problemi veri: l’inflazione al 12 per cento, che si mangia uno stipendio mensile del ceto medio; l’emergenza energetica ed economica e come utilizzare al meglio il tesoretto di 10 miliardi lasciati in eredità da Mario Draghi e Daniele Franco e quel mezzo punto in più di crescita del Pil rispetto alle previsioni del Nadef (altri quattro miliardi).
La cortina fumogena è destinata a diradarsi presto e capiremo quale sarà la vera cifra di un esecutivo nato dal voto popolare. Vedremo come e quante risorse verranno impegnate per il decreto “Aiuti 4”. Cominceranno a venire a galla i numeri della legge di Bilancio e la volontà di dare seguito agli slogan elettorali, ad anticipi generalizzati dell’età pensionabile e della flat tax.
Giorgia Meloni ieri ha trovato il tempo per rivendicare le misure contro i rave party abusivi. «Ne vado fiera perché l’Italia, dopo anni di governi che hanno chinato la testa di fronte all’illegalità, non sarà più maglia nera in tema di sicurezza». Il resto per lei è strumentalizzazione sul diritto a manifestare («non lo negheremo a nessuno»). Parole che sembrano chiudere la porta a chi nella maggioranza (Forza Italia) vorrebbe chiarire la portata della norma, eliminare la pena fino a 6 anni e le intercettazioni dei ragazzi in marcia verso i luoghi dello sballo. Vedremo quale anima prevarrà in Parlamento, ma l’impressione è che a prevalere sarà quella di destra, di Matteo Salvini per il quale «è finita la pacchia». Non si è sbilanciata invece su quello che chiederà oggi a Bruxelles dove Meloni è attesa per il suo debutto ufficiale.
Incontrerà la presidente della Commissione Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Non è previsto per il momento alcun colloquio con il Commissario dell’Economia Paolo Gentiloni. Eppure per lei sarebbe molto utile uno scambio di idee riservato con l’italiano che seguirà molto da vicino le vicende del suo Paese. Perché lì, nella capitale belga, la presidente del Consiglio dovrà confermare o meno la continuità con Draghi e con gli impegni del precedente governo, rassicurando i mercati e quell’establishment tanto criticato in passato.
Chiederà di poter fare un po’ di scostamento di bilancio, di utilizzare i fondi di coesione 2014-2020 non spesi per affrontare la crescita dei costi energetici e realizzare i progetto del Pnrr. Insomma, prima di svelare agli italiani per chi veramente hanno votato, al di là dei giochi di artificio legge e ordine, Meloni vorrà capire fino a dove può spingersi. Nella sede dell’europeismo, sarà plastica la trasformazione per necessità del sovranismo italiano nella richiesta di aiuto, di un Recovery bis per affrontare la pandemia energetica. Il problema è che per ottenere queste e tante altre cose che via via negli anni si presenteranno, Roma avrà bisogno di alleati.
Così già oggi a Bruxelles ci saranno due convitati di pietra. Uno è Olaf Scholz, che di fare ancora debito comune non ha nessuna intenzione. L’altro si chiama Emmanuel Macron, che su tante questioni potrebbe dare una mano alla Meloni oppure morderla. Ma lei non è sembrata molto gentile nel ricordare al presidente francese, durante l’incontro informale nella terrazza di un hotel romano il 23 ottobre, che Parigi spesso ha un atteggiamento predatorio sulle imprese italiane. Meloni ha riconosciuto che ognuno difende i propri interessi nazionali e gli ha ricordato che Roma farà i suoi interessi sempre più marcatamente. «Su certe cose andremo d’accordo, su altre litigheremo», ha raccontato la presidente del Consiglio a Bruno Vespa, che ha riportato il retroscena del colloquio nel suo ultimo libro “La grande tempesta”.
Ecco, va bene parlare chiaro, che è una delle doti della leader di Fratelli d’Italia. È vero che la Francia, come tutti le altre Nazioni, è bravissima a curare i propri interessi. Sarà pure vero, come riferisce la stessa Meloni, che Macron abbia apprezzato la franchezza della sua interlocutrice. Poi bisognerà verificare se sulle partite che contano in Europa (immigrazione compresa e riforma del Patto di Stabilità) avremo un alleato oltralpe o se saremo soli a combattere contro i mulini a vento.
Certo Meloni non potrà contare sugli amici polacchi e ungheresi, che pesano pochino, tranne quando mettono il veto alle decisioni comunitarie. Potrà invece contare sulla sua posizione dura contro Putin, schierata con l’elmetto in testa accanto agli ucraini. Sempre che i suoi alleati Salvini e Berlusconi continueranno a votare i decreti che armano Zelensky.