Siamo circondati da un termine che pare essere diventato il nuovo mantra della nostra cultura dominante: è la sostenibilità, al centro del dibattito e sempre più usato come leva di marketing e di informazione. Se ne parla tanto, spesso a sproposito, senza centrare bene l’obiettivo e sempre più di frequente usando questo valore come strumento di promozione e non come effettivo principio a cui ispirarsi per costruire insieme un nuovo modello di società e un diverso approccio all’economia e alla produzione.
Ma da dove nasce il concetto di sostenibilità e quali sono le sue radici?
Sono passati 51 anni da quando per la prima volta venne introdotto per la prima volta questo termine. Era il 1972 e a Stoccolma si svolgeva la prima conferenza ONU sull’ambiente, ma solamente nel 1987, con la pubblicazione del rapporto Brundtland, venne definito con chiarezza l’obiettivo del cosiddetto sviluppo sostenibile. Dalla fine degli anni novanta invece, si è diffusa la tendenza a valutare la sostenibilità distinguendo i differenti settori di sviluppo, come agricoltura, turismo e alimentazione, solo per citarne alcuni.
Rapidamente la diffusione del concetto è passata da un interesse pressoché nullo o appannaggio di determinate categorie di studiosi e personalità sensibili alla tematica, alla generalizzazione più totale a cui si assiste oggi. Sempre di più infatti siamo testimoni di un abuso da parte dei soggetti interessati a legare il proprio brand a un valore così tanto amato e cercato dai consumatori: dalle aziende che praticano il green washing in maniera sempre più massiva, al singolo produttore che afferma di basare tutta la sua attività su di essa, siamo circondati da entità sostenibili (o sedicenti tali).
Il consumatore come fa a scegliere?
Di fronte a questa tendenza, il consumatore sempre di più si interroga su quale sia la via giusta da seguire, quale sia la verità e quali siano effettivamente le scelte corrette e coerenti. Perché essere sostenibili non è facile, e la realtà è molto più complessa di come ce la stiamo immaginando. Ma soprattutto, il concetto stesso di sostenibilità è molto più sfaccettato di quello che normalmente siamo abituati a pensare, come abbiamo potuto comprendere bene durante la serie di talk che CSM Ingredients ha promosso in collaborazione con Gastronomika nell’ultimo Sigep, ospitando nel suo stand quattro momenti dedicati proprio a questo tema, per comprenderne il significato autentico e coglierne l’impatto effettivo su tutta la filiera, dalla multinazionale alla distribuzione, per arrivare agli artigiani e alla redistribuzione delle eccedenze
Come affermato da Alexandra Kaspareck, Head of Soustainability di CSM Ingredients, l’unica arma che ha il consumatore è quella di informarsi e studiare: un concetto che può apparire banale, ma è anche l’unica strada per combattere la disinformazione. Da parte delle aziende, però, serve un maggiore impegno e una migliore comunicazioni, così che insieme si possa fare la differenza e si riesca a raggiungere la necessaria consapevolezza.
Partendo dalla corretta informazione, iniziamo a capire di che cosa parliamo, quando parliamo di sostenibilità.
Partendo proprio dalle grandi aziende, le prime chiamate a rispettare dei protocolli europei, e a doversi adeguare alle regole di lungo periodo. Negli anni infatti, da tematica esclusivamente filantropica, si è evoluta diventando sempre di più parte integrante del business e questo grazie anche all’importante diffusione di un messaggio nei confronti dei dipendenti secondo il quale «la sostenibilità parte dall’individuo e non dall’azienda», come afferma Kaspareck. Questo messaggio poi viene comunicato all’esterno attraverso report onesti e realistici, come ci racconta Arianna Pepponi, corporate communication Lead di CSM Ingredients: «Sostenibilità e comunicazione devono andare di pari passo, solo in questo modo è possibile instaurare un rapporto di fiducia con il cliente. La volontà di CSM è quella di comunicare il quotidiano e i progetti concreti e realizzare uno storytelling basato su azioni concrete. Per il futuro, ciò che ci sia augura è che la spinta legislativa aumenti, così che possano aumentare le regole da seguire e che una comunicazione relativa alla sostenibilità non sia più la notizia, ma la base imprescindibile da cui partire».
Photo credit CSM Ingredients
E se per le aziende coinvolgere i dipendenti in un processo virtuoso è determinante, per i distributori ci sono altre leve da mettere in atto. Per Saima, che da quasi 50 anni affianca gli artigiani di più settori come pasticcerie, gelaterie, forni, bar è importante rispettare il modello ESG, ovvero un modello organizzativo che racchiude al suo interno ambiente, temi sociali e governance aziendale: i pilastri della sostenibilità. Luciano Reale, direttore generale del distributore, afferma che in qualità di distributori, gli obblighi sono molti, dal mantenimento della catena del freddo alla normativa sui trasporti e negli ultimi anni hanno voluto dotarsi sempre di più di strutture nuove, tecnologie e impianti di ultima generazione, che consentono il più alto efficientamento energetico. Laura Alessandrini invece, marketing manager del distributore, sottolinea quanto la parte social stia molto a cuore all’azienda, che la sta sviluppando attraverso partnership con le scuole del territorio e con un forte impegno in divenire di implementazione della diversity.
Dall’altro punto di vista, quello di MARR azienda leader nella distribuzione al foodservice, ha da poco compiuto 50 anni di esperienza nel settore, serve più di 50 mila clienti attraverso una rete logistico-distributiva estesa su tutto il territorio nazionale con oltre 40 unità distributive, oltre 850 tecnici di vendita e oltre 800 consegnatari. MARR ha sempre affrontato le questioni “non finanziarie”, come l’approvvigionamento etico, responsabile e sostenibile, la tutela dell’ambiente, il contributo allo sviluppo di realtà locali, la riduzione degli sprechi, inclusa la lotta allo spreco alimentare, la valorizzazione dei prodotti del territorio e la messa in atto di Best Practices in ambito Governance. Ha scelto su base volontaria di pubblicare ogni anno il Bilancio di Sostenibilità e racconta attraverso le parole di Claudia Bartolini, Assicurazione Qualità e Sostenibilità dell’azienda, di come da sempre l’impegno sia quello di sensibilizzare i fornitori nei confronti delle tematiche di sostenibilità e indirizzarli verso scelte più responsabili nei confronti delle persone e dell’ambiente. Si è inoltre dotata di un proprio disciplinare di controllo della filiera ittica sostenibile, su base volontaria, attraverso il quale effettua audit ed ispezioni di parte terza ai propri fornitori localizzati nei paesi più a rischio per verificare il rispetto dei diritti umani e delle condizioni di lavoro dignitose, la tutela degli stock ittici, il contrasto alla pesca illegale, e il rispetto dei requisiti di qualità, sicurezza ed etichettatura. Ha inoltre progetti interni volti al riutilizzo del materiale plastico utilizzato, come il recupero delle cassette di polistirolo utilizzate per i prodotti ittici che, una volta esaurita la loro funzione, vengono inserite in un apposito macchinario che le compatta eliminando l’aria, così da poterle poi riciclare come materiali da isolamento termico nell’edilizia.
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E a valle, ecco l’impegno degli artigiani virtuosi, impegnati e sostenibili.
Il mondo della pasticceria negli ultimi anni si è diversificato moltissimo: ogni professionista lavora in realtà diverse, dalla pasticceria al laboratorio, dall’hotel alla consulenza, ognuno con una sua visione e con diversi metodi, ogni giorno cercano di rendere il loro impegno meno impattante possibile per l’ambiente, ma non solo. Paolo Griffa, giovane e brillante chef con il suo locale stellato ad Aosta, afferma che in primo luogo bisognerebbe parlare anche e innanzitutto di un aspetto che tendiamo a dimenticare, ultimamente, ma che è alla base di ogni scelta e di ogni passo successivo: per essere sostenibili sul mondo, prima bisogna esserlo aziendalmente dal punto di vista economico, considerando il prezzo di materia prima e di prodotto, ma anche in relazione a dipendenti, struttura e manutenzione, con l’unico obiettivo fondamentale di non sprecare, in nessun senso. Paolo Pitti invece, che da sempre lavora su questi temi, tanto da essere stato premiato quest’anno da Gambero Rosso per il suo impegno sul tema della sostenibilità, ha iniziato a studiare la materia prima, a sperimentare e cercare di capire che cosa fare per essere più leggero possibile sull’ambiente e impattante invece sul territorio, creando sinergie continue con le aziende vicine e dando loro un’occasione di collaborazione e di condivisione uniche. Fabrizio Fiorani, grande nome della pasticceria italiana e per tanti anni sul fronte estero, oggi a capo della pasticceria di W Roma gruppo Mariott, parla invece di una sostenibilità del contenuto e del contenitore. Nei suoi progetti ha deciso di seguire le linee guida del gruppo abolendo totalmente la plastica, ma sostenendo che la spinta a migliorarsi debba venire innanzitutto dalle persone e dalla loro intelligenza e senza dimenticare i lavoratori, che troppo spesso si tendono a non coinvolgere nel processo. Un altro tassello della sostenibilità, che vede le persone al servizio delle aziende che devono essere sollecitate e coinvolte, ma anche retribuite giustamente e giustamente lasciate libere, con turni umani e appunto sostenibili, che permettano loro di lavorare con passione e di potersi godere i frutti del loro lavoro.
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Infine c’è lo spreco, una risorsa da riscoprire
L’ultimo anello della catena, ovvero la gestione e il recupero delle eccedenze alimentari, è un altro dei temi caldi di questo processo di filiera. Federica Ferracin Cardani, communication manager di Banco Alimentare, ci spiega come recuperare si può e si deve, e anche questo è un obiettivo da perseguire se si vuole arrivare alla sostenibilità. Il lavoro di questa realtà benefica consiste in due fasi, quella del recupero, che deriva da diversi canali di approvvigionamento come l’industria di trasformazione, la grande distribuzione, la ristorazione e i refettori scolastici, e poi quella della redistribuzione. Oggi non viene distribuito solo ciò che è fondamentale dal punto di vista nutrizionale, ma anche ciò che è buono e può essere visto come una coccola, un aiuto non solo fisico ma soprattutto psicologico per chi attraversa un momento di difficoltà. In questo senso i dolci o la pizza, un gelato o dei cioccolati più di ogni altra cosa conferiscono psicologicamente un sentimento di equità rispetto alle persone più fortunate. Recuperare e rendere il recupero un vantaggio per entrambi i lati della barricata è la base della legge italiana sul non spreco, la legge Gadda, una delle più evolute al mondo e che ha permesso di dare nuova vita ad alimenti, medicine, ma anche ad altri beni come libri e prodotti per l’igiene.
Un passo che chiude il cerchio e che permette di dare un senso a tutta la filiera, che dalla grande industria alla distribuzione, dall’artigiano al consumatore, deve essere costantemente sollecitata per dare a questo termine troppo spesso abusato, il senso autentico che deve avere.
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La sostenibilità deve trasformarsi da parola-mantra a vera e concreta riflessione sulle attività quotidiane, ed entrare nel dialogo tra aziende piccole e grandi, dipendenti e consumatori: senza questo costante scambio e senza la corretta e costante formazione e informazione di tutta la filiera non riusciremo nell’intento di perseguirla. La cultura della sostenibilità va coltivata, dunque, e il suo significato va compreso e trasmesso nella sua totalità. Senza sostenibilità economica non potrà esserci sostenibilità ambientale, e senza sostenibilità per le persone – siano essi lavoratori o consumatori – non ci potrà essere un effettivo miglioramento della nostra vita quotidiana rispetto al mondo. Il tutto deve poi essere custodito e garantito dalla governance, come ci ricorda l’acronimo ESG, che racchiude in sé tutti i valori da tenere in considerazione quando pensiamo alla sostenibilità. Una parola tonda, dunque, complessa e autorevole, identitaria e rappresentativa di un modo diverso di vedere l’economia e la produzione, ma anche la quotidianità e l’impatto di ogni persona sul mondo.