Coloratissimo, vivace e jazz. Stiamo parlando di Taste, l’evento di Pitti Immagine dedicato alle specialità gastronomiche di piccoli e medi produttori italiani che si è appena concluso a Firenze e giunto ormai alla sua sedicesima edizione. Tantissimi gli espositori, più numerosi rispetto alle edizioni precedenti, quest’anno ne sono arrivati 538 da tutto il territorio nazionale: persone dedite al loro lavoro, che spesso coincide con la loro passione, e che sono entusiasti narratori di storie legate a luoghi, processi produttivi, agricoltura e trasformazione, con il gusto e la condivisione a fare da unici traguardi e obiettivi.
L’evento fiorentino non è solo una ricchissima esposizione dell’Italia che “fa”, ma è anche un’occasione di approfondimento, analisi e studio, grazie ai numerosi talk e incontri che la animano fin dalla sua nascita.
E tra suoni del cibo e giovani braccia dell’artigianato enogastronomico, anche Gastronomika ha dato il suo contributo, esplorando una tematica inconsueta, Anna Prandoni ha accolto sul palco di Taste le storie di persone che con il suono e il cibo lavorano. L’udito è sicuramente il senso che meno viene considerato quando si parla di enogastronomia, invece da quanto è emerso il suono e la musica sono in grado di influire molto sul rapporto con il gusto in tutte le fasi: dalla preparazione al consumo, fino a influenzare la percezione stessa del gusto. Per Eugenio Signoroni, scrittore, comunicatore, divulgatore di cibo è il podcast lo strumento perfetto per comunicare il gusto. Nelle sue produzioni ha colto la sfida di raccontare il cibo senza farlo vedere, attraverso quindi il solo suono, in antitesi rispetto alla dilagante tendenza degli ultimi anni che vede una cultura rivolta a riprodurlo visivamente, attraverso fotografie e contenuti video. Lorenzo Caimi, amministratore delegato di Caimi Brevetti, ha un’azienda che produce sistemi fonoassorbenti il cui scopo è quello di far star bene le persone in qualsiasi luogo esse si trovino, perché un bel ricordo passa per l’esperienza nella sua totalità: con tecnologie all’avanguardia la sua azienda si è approcciata a un mercato nuovo, ed è stata in grado di cambiare la percezione del suono all’interno dei ristoranti, che sempre di più sono attenti a questo aspetto nella progettazione delle loro sale, esteticamente ma anche come performance.
Ph Credits AKA studio
Ettore Bianconi, musicista, usa la musica per cucinare, crea playlist per i locali, ma al ristorante non l’apprezza particolarmente, svelando un punto di vista da addetto ai lavori: «Ognuno ha una sua sensibilità e una sua passione – dice – e se questa è in grado di farti stare bene chiaramente l’esperienza ne beneficia. Ma per un musicista vedere la propria musica considerata un “sottofondo” non è mai bello».
Ma è con Fiamma Rivetti, coordinatrice del centro di ricerca di neuromarketing di Iulm, che a Taste abbiamo davvero capito quanto il suono possa incidere sulla nostra percezione del gusto. A tutto il pubblico sono state servite due mousse, accompagnate da un sottofondo musicale differente. Prima una musica più “dura”, poi il secondo assaggio è stato fatto con una musica più dolce e alla fine l’80% dei partecipanti ha percepito una differenza di gusto tra le due mousse che, in realtà, erano però uguali. Questo avviene perché vi è un’importante relazione tra i sensi e il gusto, e si devono intendere compresi anche gli indizi uditivi. La musica influenza la percezione del cervello nell’elaborazione del gusto, facendo cogliere i cibi con delle caratteristiche più simili al motivo ascoltato. Lo stesso avviene nella correlazione tra il suono che provochiamo addentando un cibo. Le patatine ad esempio, ci piacerebbero ugualmente se non facessero crock in bocca? La risposta è no, come dimostrato da Charles Spence nel suo esperimento con le patatine Pringles. Ciò che è emerso anche in quell’occasione è stato che il sapore del cibo può essere alterato dalla semplice aggiunta o sottrazione di suono nell’elaborazione sensoriale.
Ph Credits AKA studio
Un modo di certo inconsueto di vedere il cibo, come quello che hanno i giovani produttori di Taste, che Gastronomika ha aiutato a raccontare, con tante interviste rivolte ad alcune nuove generazioni dell’enogastronomia, che stanno iniziando un loro percorso o sono attori del ricambio generazionale nelle aziende di famiglia. Studiare gli stimoli di questi ragazzi, le loro motivazioni, la loro idea di imprenditoria e le difficoltà che si possono incontrare nel momento in cui si decide di intraprendere un percorso di questo tipo è una delle leve editoriali del nostro giornale. Con Silvia Tovo, Matteo Frescobaldi e Nicola Olivieri abbiamo cercato di capire veramente cosa significhi essere un giovane imprenditore del cibo, quali siano gli elementi su cui ricade oggi maggiormente l’attenzione e su cui è importante lavorare. Silvia e le sue cinque sorelle producono riso di alta qualità nell’azienda Meracinque: tutte con background di esperienze differenti, li hanno fatto confluire in questa nuova bella realtà che punta su una sostenibilità effettiva in ogni ambito aziendale, da quello economico, a quello ambientale. Dietro ogni innovazione c’è uno studio approfondito, per cui è necessario individuare le strategie necessarie per arrivare al miglior prodotto possibile. Comunicarlo, trasmetterlo e farlo conoscere all’esterno è una delle parti più difficili, ma fondamentali, ed è la missione che queste ragazze si sono prefissate. Non tutti capiscono l’approccio utilizzato, la curiosità del pubblico c’è, ma ancora oggi a volte è accompagnata da diffidenza.
Matteo Frescobaldi proviene invece da una famiglia che non necessita di presentazioni, ma dalla quale ha saputo staccarsi per sviluppare il brand Laudemio e creare Tirrena, una nuova pasta di grano duro coltivato in Toscana presentata proprio in occasione di Taste. L’impegno che ci vuole è quotidiano e costante e l’obiettivo è quello di rimanere fedeli a una realtà agricola, di alta qualità e fortemente identitaria. Una comunicazione dirompente e molto incoming sono spesso le uniche vie che permettono di farsi veramente conoscere e capire.
Anche Nicola Olivieri appartiene a una realtà storica e che oggi ama definire una Bakery Contemporanea, diventata famosa per la passione per i grandi lievitati. Negli ultimi anni è riuscita a passare da Arzignano in provincia di Vicenza, alle grandi capitali mondiali come New York, Tokyo e Singapore, portando così l’artigianalità all’estero grazie all’acquisto di un nuovo e più grande capannone in grado di far fronte a una maggiore produzione. Allontanatosi dall’attività di famiglia per cercare altro in Australia, Nicola proprio lì ha riscoperto l’arte bianca e ciò gli ha permesso di farla sua con un nuovo approccio e una nuova visione, modellando grazie all’esperienza maturata l’azienda di famiglia. Anche per lui molto del successo passa dalla comunicazione, imprescindibile soprattutto in un sistema molto impostato come quello della pasticceria. L’approccio utilizzato è quello di mostrare e spiegare su cosa sta lavorando, così da far conoscere chi sta dietro al prodotto.
Per tutti questi giovani dunque sembra che innovazione e comunicazione siano i due elementi immancabili e imprescindibili nei nuovi modi di fare impresa. Una comunicazione che vede spesso in prima persona il produttore che ci tiene a far conoscere se stesso, il proprio prodotto e il lavoro necessario per arrivare a un certo risultato.
Ph Credits AKA studio
I giovani produttori di Taste, grazie a un accordo tra i due brand, saranno coinvolti nella seconda edizione del Festival di Gastronomika, che si terrà al Teatro Franco Parenti di Milano il 28 e 29 maggio 2023. Proprio a Firenze Anna Prandoni ha svelato il nuovo tema, il Valore del Tempo, in tutte le sue declinazioni. Protagonisti come sempre i giovani esponenti dell’enogastronomia italiana.