Durante il primo anno di guerra è apparso chiaro che le armi occidentali hanno fatto davvero la differenza, consentendo alle forze ucraine di correggere parzialmente lo squilibrio militare con gli invasori russi e successivamente di riconquistare ampie porzioni di territorio occupato. In un momento in cui l’ultima offensiva militare della Russia non è ancora in pieno svolgimento e la politica interna degli Stati Uniti favorisce ancora gli aiuti militari, l’Unione europea deve intensificare e accelerare il suo sostegno militare all’Ucraina.
Mosca, Washington e la finestra di opportunità per l’Unione europea
La prima metà del 2023 sarà decisiva per ribaltare le sorti della guerra per diversi motivi. In primo luogo, la Russia sta conducendo una nuova offensiva – per ora limitata – che potrebbe culminare in primavera. A quanto pare, questa è volta a perseguire i suoi obiettivi politici originari, ovvero l’annessione di ampie parti del territorio ucraino e forse anche un cambio di regime a Kyjiv. A sostegno di questa teoria ci sono le prove di una nuova imminente mobilitazione e del passaggio dell’industria della difesa russa a un assetto di guerra totale.
Se gli analisti militari sono scettici sulla capacità delle forze russe di sfondare le linee ucraine, un successo parziale intorno alla città di Bakhmut prolungherebbe la guerra di logoramento, consumando risorse che l’Ucraina non ha, finendo per avvantaggiare la Russia.
Come ha sottolineato il Segretario Generale della Nato Jens Stoltenberg, gli alleati occidentali sono in una «corsa logistica», in cui gli aiuti devono colmare le lacune militari dell’Ucraina prima che la Russia abbia l’opportunità di guadagnare slancio sul campo di battaglia. Se l’Occidente vuole davvero che l’Ucraina sia in grado di continuare a difendersi e di riconquistare altri territori chiave per poter negoziare la pace da una posizione di forza, deve inviare il maggior numero possibile di armi, soprattutto pesanti.
Con un Congresso attualmente diviso e l’avvicinarsi della campagna presidenziale del 2024, non è chiaro quanto a lungo l’amministrazione Biden possa resistere a un crescente senso di stanchezza da guerra (la cosiddetta war fatigue) in un dibattito sempre più polarizzato. Con la diminuzione del sostegno politico degli Stati Uniti, alcuni degli Stati membri dell’Unione europea più riluttanti potrebbero tirarsi ulteriormente indietro. Questo sarebbe molto dannoso per la reputazione internazionale dell’Unione europea. Dopo tutto, concedere lo status di candidato all’adesione a un Paese vicino che è sotto attacco significa anche accettare una maggiore responsabilità dell’Unione europea per la sopravvivenza di quel vicino.
Se gli Stati membri vogliono mantenere la parola data e sostenere l’Ucraina nella difesa dei valori universali e dell’ordine internazionale «per tutto il tempo necessario», devono aumentare gli aiuti militari.
Gli aiuti militari europei all’Ucraina, un anno dopo
Poco prima del primo triste anniversario della guerra, le istituzioni e gli Stati membri dell’Unione europea hanno superato il totale degli aiuti erogati da Washington, promettendo nuovi sostegni finanziari, umanitari e militari. Tuttavia, se si considera solo l’assistenza militare, gli Stati Uniti rimangono il principale contributore dell’Ucraina, con circa quarantacinque miliardi di euro.
L’Unione europea ha annunciato a febbraio un nuovo pacchetto militare, del valore di altri cinquecento milioni di euro, portando così la somma degli aiuti militari erogati attraverso lo Strumento europeo per la pace (Epf) a 3,6 miliardi di euro e l’importo totale degli aiuti dell’Unione europea (istituzioni + Stati membri) a dodici miliardi di euro. Più di recente, i ministri della Difesa hanno discusso una nuova proposta per impegnare un ulteriore miliardo di euro, la metà dell’aumento previsto quest’anno per lo Strumento europeo per la pace, solo per acquistare congiuntamente munizioni di artiglieria da 155 mm per Kyjiv.
Anche se considerate insieme al recente aumento a trentamila truppe della missione di addestramento dell’Unione europea, queste decisioni non possono mascherare gli obiettivi politici divergenti degli Stati membri sul sostegno all’Ucraina.
Analizzando i dati più recenti sugli aiuti letali europei alle forze armate ucraine, alcune tendenze sono evidenti e descrivono un approccio altrettanto tiepido, come abbiamo evidenziato nel nostro precedente policy brief del Ceps sull’argomento, prima che si creasse una situazione di stallo sul campo di battaglia invernale.
La Polonia rimane il principale donatore di armi all’Ucraina e ha svolto un ruolo importante nel rompere la resistenza della Germania a fornire carri armati Leopard II, costruendo una coalizione con altri Stati volenterosi dell’Europa centrale, orientale e baltica. Inoltre, in questa fase del conflitto, la Polonia sarà un Paese chiave nel far arrivare gli aiuti a Kyjiv. Varsavia, a cui non manca certo la volontà politica, coglierà l’opportunità di fungere da hub logistico e di addestramento.
Accanto alla Polonia, i Paesi baltici continuano a svolgere un ruolo di guida morale. Dallo scorso autunno non solo hanno incrementato gli aiuti, soprattutto in termini di armi pesanti, ma hanno anche aumentato in modo significativo la quota del loro Pil destinata all’Ucraina. Polonia e Lituania spendono più dello 0,6 per cento del loro Pil in aiuti bilaterali, mentre Estonia e Lettonia si aggirano intorno all’un per cento.
Ora la Germania sta recuperando terreno, eppure sono state sollevate molte sopracciglia quando il Cancelliere Olaf Scholz, dopo aver impiegato troppo tempo per decidere se inviare i Leopard, ha esortato i partner dell’Unione europea durante un Consiglio europeo all’inizio di febbraio a «smettere di perdere tempo quando si tratta di consegnare carri armati all’Ucraina». Dovranno essere prese altre decisioni coraggiose in materia di difesa per salvare dal fallimento la tanto discussa Zeitenwende. Sarà necessario rassicurare i partner dell’Unione europea che l’impasse dei Leopard II non si ripeterà presto con gli aerei da combattimento.
Nel frattempo, a Parigi c’è ancora perplessità sulla mancata possibilità del Presidente Emmanuel Macron di succedere ad Angela Merkel come leader indiscusso dell’Europa. L’Eliseo continua con un atteggiamento ondivago, da un lato spingendo per colloqui con la Russia durante la fase invernale (e non proprio “congelata”) del conflitto, dall’altro assumendo nuovi impegni nei confronti dell’Ucraina, come l’invio del sistema di difesa aerea SAMP/T a fianco dell’Italia.
Kyjiv non può più aspettare
A distanza di un anno, gli aiuti militari europei all’Ucraina sono ancora ciclici e imprevedibili, per lo più di natura reattiva. Anche se ciò si spiega in parte con la perdita di slancio politico quando l’inverno ha congelato il campo di battaglia, nonché con il continuo e mal riposto timore di alcune capitali dell’Unione europea per una possibile escalation russa, questo di certo non aiuta le forze armate ucraine a pianificare le prossime offensive primaverili ed estive.
La Russia dovrebbe essere dissuasa da una posizione di forza. Gli alleati europei dovrebbero quindi intensificare e accelerare i loro aiuti militari prima che la Russia sia in grado di ribaltare le sorti della guerra a suo favore, uno scenario da incubo che l’Unione europea dovrebbe evitare a tutti i costi.