Gli adulti nella stanzaSchlein potrebbe nominare Bonaccini presidente per non far scappare i riformisti

La neosegretaria del Partito democratico voleva dare al suo sfidante il ruolo di vice per vincolare la folta minoranza in una gestione unitaria. Ma il presidente della Regione Emilia Romagna preferisce un ruolo di garanzia per vigilare sulle scelte cruciali

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Elly Schlein non pare entusiasta ma rendendosi conto che la richiesta della minoranza è molto forte alla fine dovrebbe proporre a Stefano Bonaccini la presidenza del Pd. In effetti ci sono mille precedenti: chi vince il congresso governa il partito, chi lo perde assume il massimo ruolo d garanzia. La neosegretaria aveva invece proposto al suo avversario nel congresso di ricoprire la carica di vicesegretario probabilmente per vincolare la (grossa) minoranza in quella che in gergo si chiama «gestione unitaria» del partito, un modo per stroncare sul nascere velleità di rivalsa o anche solo un’opposizione montante secondo l’inveterata prassi foriera di nuove guerre civili. Ma l’aria non è questa. 

Dalle parti di Bonaccini si assicura infatti «piena lealtà» alla leader pur nel rispetto delle distinzioni tra maggioranza e minoranza, il che esclude l’ingresso in segreteria di esponenti bonacciniani: lei ha vinto, lei ha l’onore di gestire il partito. 

E tuttavia la questione della presidenza è abbastanza vitale per chi ha perso il congresso, giacché si tratta non solo di vigilare sulla correttezza nella vita interna del partito quanto anche di partecipare in qualche modo alle scelte cruciali e – diciamola così – di tenere accesa la fiammella delle ragioni dei riformisti anche valorizzando il protagonismo di Bonaccini.Non va dimenticato che quest’ultimo ha prevalso tra gli iscritti ed è stato appoggiato da molti quadri periferici e centrali. 

Ora è chiaro che bisogna evitare il rischio di un repulisti, oltre che delle persone, anche delle idee della minoranza, più che per una presunta volontà di Schlein proprio per un meccanismo inerziale: come al solito, ora sono tutti con la nuova leader e chi non salisse sul suo carro potrebbe essere emarginato, come ha paventato ieri Graziano Delrio, sostenitore del governatore dell’Emilia-Romagna: «L’innovazione non consiste nello spingere fuori dal partito chi la pensa diversamente da te». 

Da dove ripartire, per i riformisti, non è chiaro. La questione non è semplice perché la botta è stata forte. Certo, ci sono le differenze su aspetti essenziali – tenuto conto che ancora Schlein è sin qui rimasta piuttosto sulle generali – ma certi timori sembrano dissiparsi, per esempio sull’Ucraina nel senso del sostegno militare a Kijiv, sostegno confermato dalla neosegretaria da Fabio Fazio. 

Dice a Linkiesta Lorenzo Guerini: «Non avevo dubbi particolari. La posizioni ne si qui tenuta dal Pd è stata chiara fin dall’inizio a sostegno, nelle forme concordate con i Paesi alleati e partner, dell’Ucraina e condivisa, come si può vedere dai voti in aula, da tutto il Pd. E così continuerà  a essere». Domenica l’assemblea nazionale che incoronerà formalmente Elly, sarà la sua giornata presumibilmente tra ovazioni e qualche lacrimuccia. Nel clima di festa e unitario, la presidenza a Stefano Bonaccini non stonerebbe.

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