Königstein, 1904La quieta felicità prima della tragedia dell’antisemitismo

Alice Stiebel è una delle tante donne la cui vita è stata sconvolta dall’odio etnico: l’azienda incenerita, la figlia profuga e tante altre manifestazioni di violenza e persecuzione

Foto archivio Iuri Maria Prado

Non c’è tristezza nello sguardo della ragazza ritratta in questa fotografia. Alle sue spalle un capanno a graticcio, sul margine di un campo da tennis. Abeti neri sullo sfondo. Una nota sul retro del cartoncino: Königstein, 1904. Lei è Alice Stiebel, mia bisnonna.

Vedo io la tristezza che non c’è in quello sguardo. Lo sguardo giovane che non arrivava a vedersi come e dove sarebbe stata quarant’anni dopo, la moglie che sostiene il vecchio marito nel cammino notturno verso la frontiera, mentre nei villaggi e in salita per le valli lavoravano le belve dei rastrellamenti. 

Ancora lo sguardo troppo giovane per immaginare l’azienda incenerita, la figlia profuga, il nipote costretto a passare in mezzo a due filari di compagni ordinati dal professore a sputargli in faccia, gli occhi abbassati della nipote quando a scuola le dicevano che aveva ucciso Gesù. Tutte cose che quello sguardo giovane non poteva vedere, rinnegate anzi da un accenno di sorriso.

Chissà se sapeva di sorridere verso un suo discendente un po’ stanco, e un po’ triste mentre guarda quella foto illuminata da un pomeriggio d’estate.