La Moldova, una piccola nazione ex sovietica situata al confine tra Romania e Ucraina, ha intrapreso una linea europeista dopo la vittoria dei partiti filo-occidentali alle elezioni parlamentari e presidenziali del 2020-2021 e l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022. Chișinău, da sempre contesa e divisa al suo interno tra Oriente e Occidente, si è avvicinata progressivamente a Bruxelles nella speranza di allontanare le mire espansionistiche di Mosca e di consolidare la propria economia. Il percorso, non privo di ostacoli, si è consolidato negli ultimi mesi con il ritiro della Moldova da una serie di trattati commerciali ed energetici stipulati nell’ambito della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) e la messa al bando del partito filorusso Shor.
La CSI è stata fondata nel 1991 dopo il crollo dell’URSS per facilitare la cooperazione economica e politica tra gli Stati ex sovietici (i Paesi Baltici, ad esempio, non vi hanno mai aderito). Il suo ruolo ha perso poi prestigio e alcuni dei suoi membri ritengono che venga sfruttata dalla Russia per estendere la propria sfera di influenza. L’Ambasciatore moldavo presso la Federazione Russa Anatol Taronu ha dichiarato che, come riportato da Radio Free Europe, «l’Assemblea Interparlamentare della CSI non è altro che un organo mediante il quale la Russia cerca di influenzare l’attività degli altri membri». Chișinău, che aveva già rarefatto la propria partecipazione, ha deciso di non prendere più parte ai lavori dell’Assemblea.
Il Partito dell’Azione e della Solidarietà(PAS), di cui fanno parte la presidentessa moldava Maia Sandu e il presidente dell’Assemblea Legislativa Igor Gorsu, ritiene che si debbano tagliare i legami con la CSI per avvicinarsi all’Unione Europea e Gorsu ha dichiarato che si punta al ritiro totale dall’organizzazione. All’inizio del 2023 il PAS ha annunciato che sarebbero stati revocati circa trecento accordi contratti tra la Moldova e la CSI e ad aprile ha revocato l’intesa che consentiva alla radio e tv russa Mir di trasmettere sul territorio nazionale. Il portavoce governativo Daniel Voda aveva dichiarato che Chișinău «non avrebbe più finanziato la propaganda e la disinformazione» in riferimento alla parzialità mostrata dalla Mir nei confronti della guerra in Ucraina.
L’allontanamento dalla sfera d’influenza di Mosca non è stato accettato dai partiti russofili che, da decenni, si contendono il governo con le formazioni filo-occidentali. Il partito Shor, che ha ottenuto sei seggi alle elezioni del 2021, ha organizzato per molti mesi manifestazioni per chiedere le dimissioni della Sandu e dell’esecutivo filo-occidentale. Ilan Shor, a capo del movimento, vive in Israele ed è stato condannato a quindici anni di carcere da un tribunale moldavo per riciclaggio di denaro e per uno scandalo bancario da un miliardo di dollari. Gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno imposto sanzioni nei suoi confronti.
Il movimento, accusato dal governo di voler destabilizzare il Paese, è stato dichiarato incostituzionale lo scorso 20 giugno e la decisione assunta dalla Corte Costituzionale è entrata immediatamente in vigore. Shor, come riportato dalla Reuters, ha affermato che la decisione è «uno schiaffo in faccia» a tutti i moldavi che hanno votato il partito. Alcuni analisti hanno reso noto che il movimento potrebbe continuare le proprie attività sfruttando le strutture dei partiti moldavi non più attivi.
I sondaggi più recenti hanno evidenziato che le azioni dell’esecutivo moldavo godono del sostegno di una parte consistente, seppur non maggioritaria, della popolazione del Paese. Secondo una rilevazione, realizzata da CBS-AXA-IPRE tra il 13 e il 28 giugno e riportata dal canale PRO TV, il PAS è accreditato del quarantaquattro per cento dei voti, il Blocco dei Comunisti e Socialisti (filorusso e guidato dall’ex premier Igor Dodon) del 25.7 per cento dei voti e Shor del 15.5 per cento dei voti. Alcune formazioni minori, come i populisti di Nostro Partito, si dividono il resto dei consensi.
Un sondaggio, realizzato tra il 15 e il 19 giugno da Intellect Group e citato dal portale moldavo Primul, stima invece il PAS al trentotto per cento, il Blocco Comunista Socialista al 25.6 dei voti e Shor al 22.6 per cento dei consensi. Gli scenari ipotizzati da queste e altre rilevazioni demoscopiche degli ultimi mesi sono variegati ma due dati spiccano su tutti. Il PAS ha la maggioranza relativa dei voti ma sembra lontano da quella assoluta, pari al cinquantadue per cento dei consensi, che era riuscito a ottenere alle consultazioni del 2021. Il partito Shor è cresciuto in maniera significativa in due anni passando dal 5.7 per cento dei voti ottenuti nel 2021 al quindici-venti per cento del 2023 mentre il Blocco Comunista-Socialista è stabile intorno al venticinque-trenta per cento dei consensi. Bisognerà comunque vedere come si orienteranno gli elettori di Shor dopo la decisione della Corte Costituzionale. Il PAS sconta, invece, il peso di dover governare una delle nazioni più povere d’Europa e terrorizzata dalla guerra in Ucraina.
Un rapporto delle Nazioni Unite del 2022 ha chiarito come la Moldova sia una delle nazioni più colpite del mondo per quanto concerne l’impatto sul costo della vita scatenato dalla guerra in Ucraina. Nel 2022 il Prodotto Interno Lordo si è contratto del 5.9 per cento rispetto all’anno precedente mentre l’incertezza dovuta al conflitto ha inibito gli investimenti e l’inflazione ha toccato quota 28.7 per cento danneggiando i consumi. La Moldova era già, prima di quanto accaduto in Ucraina, una delle nazioni più povere d’Europa.
Il suo Prodotto interno lordo pro capite nel 2021, secondo quanto riferito dalla Banca Mondiale, era pari a un terzo di quello della Romania e a un ottavo di quello della Francia. L’agricoltura, in particolare modo il settore vitivinicolo e le rimesse dall’estero inviate dagli emigranti sono le forze che evitano al sistema produttivo di collassare. La forza lavoro qualificata e i giovani del Paese si recano all’estero nella speranza di una vita migliore mentre in Moldova restano, spesso, i più anziani, i meno qualificati e i bambini.
Sullo sfondo rimane la complessa situazione della Transnistria, una regione russofona de facto indipendente dal 1993 e politicamente nell’orbita di Mosca. Il conflitto per il controllo della regione scoppiato nei primi anni Novanta si è trasformato in una crisi congelata grazie all’intervento della Russia che sfrutta la Transnistria, geograficamente vicina alla Romania, come base avanzata della propria sfera d’influenza.
La difficile situazione economica della Moldova e la crisi “permanente” con la Transnistria rendono complesso immaginare un’eventuale adesione all’Unione Europea nel prossimo oppure nel medio futuro. Una situazione incerta e dannosa che rischia di alimentare ulteriore instabilità sul territorio nazionale.