«Mi sono sentita come una tossica che va a elemosinare una dose. Come se stessi facendo qualcosa di illegale», racconta Laura (nome di fantasia,ndr), fuorisede pugliese a cui è stato negato più volte l’acquisto dello Xanax, il più comune ansiolitico, in farmacia a Milano. «Mi serve per stare bene, da quando ho iniziato a lavorare soffro di ansia e attacchi di panico, non prenderlo significa non riuscire a concentrarmi. E quando una farmacista mi ha detto che la mia prescrizione era una fotocopia – continua Laura –, mi ha delegittimata. Ho dovuto giurare che fosse l’originale e non è bastato». Laura, che soffre anche di disturbo bipolare, è costantemente in contatto con la sua psichiatra, viene seguita, ma non può tornare in Puglia ogni tre mesi per rinnovare la ricetta specialistica, costerebbe troppo. Non vuole neanche cambiare medico di famiglia perché alcuni di loro, spiega, sono diffidenti sugli psicofarmaci, non capiscono che ci sono modifiche e piccoli aggiustamenti da fare in corso di trattamento, per cui se dovesse rispettare i ferrei protocolli dei medici di famiglia che non la conoscono e non sono comprensivi nei suoi confronti, dovrebbe rinnovare la prescrizione di continuo.
«Mi è stata chiesta la ricetta dematerializzata per l’ansiolitico, cosa che la mia regione di origine non può fornirmi. Sono costretta ad andare sempre dalla mia farmacia di fiducia dove mi conoscono e accettano di vendermi i farmaci se mostro loro la ricetta sul cellulare. Devo sempre correre da lavoro prima che chiuda, altrimenti sono nei guai», conclude Laura. Portare la ricetta cartacea a mano con firma originale del medico curante è l’unica soluzione al momento per un caso come quello di Laura: un paradosso considerando che il Sistema Sanitario italiano va sempre di più verso la digitalizzazione.
«Il Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0 rappresenta un significativo passo in avanti nella digitalizzazione dei dati sanitari, obiettivo tra i più rilevanti del Pnrr, e verso una nuova visione della sanità in cui l’innovazione tecnologica contribuisce al potenziamento dell’assistenza territoriale e al superamento delle disuguaglianze» ha dichiarato il Ministro Orazio Schillaci il 2 agosto 2023 in sede di Conferenza Stato-Regioni sul decreto che rende operativo il nuovo Fascicolo Sanitario Elettronico. Le risorse complessive assorbite dalla Missione 6 Salute del Pnrr sono pari a 1,38 miliardi di euro. Il Fse 2.0 è un’enorme banca dati digitale, che conserva tutti i dati prodotti dalle aziende del Servizio Sanitario Nazionale e dall’ente privato accreditato, tutti coloro che hanno una registrazione sul sistema TS (Sistema Tessera Sanitaria) e che quindi usano come nucleo principale il codice fiscale della persona, che rende indistinguibile ognuno di noi rispetto a un altro. Con le credenziali di accesso, il sistema mostra tutta la storia clinica del paziente organizzata per data, tipologia di intervento o di prestazione.
Implementato con un decreto ministeriale riparto, questo enorme database che prevede dei risultati intermedi da raggiungere nella quantità di dati alimentati da tutte le regioni italiane, permette di disporre di una quantità di informazioni enorme, così da evitare che il paziente debba portare con sé tutta la sua storia clinica e i referti, senza rischiare di dimenticare qualcosa; i documenti cartacei inoltre deperiscono e spesso sono male organizzati. L’Fse 2.0 permetterà di condurre anche ricerche sullo stato di salute della popolazione. Le ricette bianche dematerializzate gestite dal sistema Tessera Sanitaria declinato sulle Regioni e caricate in automatico sul Fascicolo elettronico, per quanto riguarda i medicinali come sonniferi e ansiolitici, non sono complete in tutta Italia.
«Chi cerca quel tipo di farmaco – spiega il Dott. Ignazio Del Campo, Direttore Unità Operativa Complessa, Controllo di Gestione e Flussi Informativi dell’Azienda Ospedaliero Universitaria del Policlinico G. Rodolico-San Marco di Catania – è sottoposto a un protocollo di cura particolare. Se il medico di medicina generale della Regione in cui il paziente è residente non è stato abilitato a caricare i piani terapeutici sul Fascicolo Sanitario Elettronico, il malato non sarà in grado di dimostrare che appartiene a una specifica patologia e che deve ricevere la prestazione in continuità terapeutica. Il fatto che un farmaco sia dematerializzabile, poi, non dipende dallo stato di digitalizzazione ma dalla scelta del regime di rimborsabilità di una regione rispetto a un’altra». A causa della regionalizzazione, uno dei principali problemi della Sanità italiana, esiste una disuguaglianza nell’accesso alle cure da parte dei pazienti.
I malati affetti da sclerosi multipla – uno su cinque di loro non riceve gratis i farmaci – potrebbero accedere alla ricetta dematerializzata, ma in alcune regioni i medicinali per questa patologia sono considerati come se fossero di ricovero ospedaliero, quindi hanno un regime contingentato a carico dell’azienda sanitaria. Siamo di fronte a un sistema eterogeneo, le Regioni possono decidere autonomamente in materia di Sanità secondo la Costituzione, ciascuna di queste è quindi competente e responsabile della strategia digitale dell’evoluzione dei sistemi di alimentazione – ovvero la procedura informatizzata che trasferisce da un applicativo installato in una qualsiasi delle Aziende Sanitarie Ospedaliere, o in qualsiasi struttura privata accreditata per la prestazione di diagnosi e cura, o di diagnostica di laboratorio, e permette che i documenti prodotti nella forma di referti possano essere trasmessi al Fse 2.0, avendo la certezza che ogni singolo documento trasmesso sua univoco e unico per il paziente. Ogni dato è rappresentato da una stringa di codice non replicabile e non sovrapponibile a un altro record presente in questo enorme database.
«Il punto più importante del Fascicolo spiega Sergio Pillon – vicepresidente e responsabile relazioni istituzionali AiSDeT, Associazione italiana della Sanità Digiteale e Telemedicina – è che i dati vengono custoditi online e posso accedervi anche dall’estero. In teoria quindi, i vantaggi sono tantissimi. Ma dal punto di vista pratico, al momento abbiamo solo una bozza di quello che dovrebbe essere un sistema automatico di intelligenza artificiale che estragga le informazioni più importanti di cui ho bisogno. Oggi non è ancora possibile per una serie di problemi legati alla privacy e all’integrazione di tecnologie. Inoltre, prima che si abbiano i dati più interessanti sui pazienti, passeranno cinque o dieci anni. Solo in alcune Regioni ci sono dei documenti che potranno essere importati. Il Fse 2.0 rappresenta un punto di partenza e non di arrivo».
Non mancano quindi le criticità. Queste problematiche sono connesse anche allo stato di digitalizzazione delle regioni e dipendono dalle skill dei singoli medici, a cui, in alcuni casi, bisogna fare formazione aggiuntiva. La firma digitale, da abilitare per ogni singolo professionista e da gestire attraverso un apposito programma, diventa cruciale per quanto riguarda per esempio le procedure di dimissione nei pronto soccorsi. C’è un altro problema, poi, legato all’alimentazione coordinata del fascicolo da parte di tutte le regioni per non perdere informazioni relative al singolo utente.
«C’è un errore nella messa a terra di un sistema che garantisca parità di accesso al Fse per il cittadino – dice il dottor Del Campo –, le Regioni non devono cannibalizzarsi a vicenda, nel libero mercato se una qualcuno offre un contratto più importante a una ditta software si aggiudica il servizio. Ma il problema non sta nella concorrenza». Quello che deve funzionare a livello regionale, secondo l’esperto, è una regia di processi di evoluzione di digitalizzazione. «Bisogna spiegare alle Regioni che devono destinare determinati investimenti al Fse. Bisogna creare strategia, formazione, condivisione e responsabilizzazione, squarciamo il velo dell’ipocrisia sul fatto che non ci sono risorse. Il Pnrr è un programma di risultato, se non lo raggiungo quello che ho speso lo pago io. Oggi vedo poche persone nel pubblico con un certo livello di professionalità e managerialità», spiega l’esperto.
Per migliorare il Fse 2.0 il dottor Del Campo propone di partire dalla ridefinizione della strategia di un progetto unitario e di coinvolgere attivamente gli attori, con un profondo meccanismo di responsabilizzazione (se non raggiungi l’obiettivo vai a casa), sviluppando anche meccanismi di remunerazione delle prestazioni. Il FSE 2.0 non risolverà i problemi dei pazienti in cerca di una ricetta dematerializzata: «A oggi non lo farà – conclude il dottor del Campo – ma lavorando sì. É una questione di volontà anche da parte delle Regioni, quelle inadempienti devono essere commissariate, si chiariscano le varie competenze tra Stato e Regione, e si tolga il potere di rappresentanza a persone che non ne hanno la dignità tecnica. Loro ci rappresentano, non siamo noi a dovere qualcosa a loro, semmai il contrario».