Le case di moda sono da tempo alla ricerca di nuovi talenti per sostituire le sapienti mani delle vecchie maestranze, sempre più rare nel settore dell’artigianato. Trovare qualcuno che raccolga il testimone è una caccia all’oro. Il gruppo francese Lvmh, proprietario di oltre settanta marchi da Fendi a Louis Vuitton, ha deciso di puntare sulla formazione dei giovani italiani grazie a un riconoscimento che premia la creatività, e su una campagna di sensibilizzazione con tour nelle scuole, per invogliare i ragazzi a intraprendere un percorso di formazione. Ma in questa direzione si stanno muovendo anche altre realtà italiane, più piccole rispetto al colosso francese, ma con altrettanto savoir faire. Non ultima Lubiam, centenaria sartoria di stampo industriale mantovana, nel 2022, ha lanciato un’Academy.
L’ufficio del personale dell’azienda fa scouting tra corsi del settore, scuole e università per selezionare ragazzi del territorio che vogliano intraprendere un percorso di formazione interna e soprattutto restare. «Abbiamo avuto otto allieve l’anno scorso e quattro di loro sono state assunte. Direi che è un ottimo risultato. Tra l’altro due delle giovani erano straniere e una di loro è rimasta. È anche molto brava e ce la teniamo stretta, come tutte le altre» dice Giuliano Bianchi Presidente di Lubiam. In una storia così lunga, cambiano i gusti delle collezioni, le scelte stilistiche, ma non i valori dell’azienda che vuole preservare le competenze accumulate dal 1911 (quando nacque la prima piccola bottega di sartoria della famiglia Bianchi) e trasmetterle alle nuove leve continuando a dare valore al lavoro, alle persone e quindi al prodotto. In questo modo la preziosa manualità e le competenze delle operaie prossime alla pensione non vengono perse ma trasmesse a queste giovani, tutte sui vent’anni. «In uno spazio riservato, c’è un’insegnante che con varie macchine mostra alle ragazze come cucire: dai pezzi di carta ai pezzi di stoffa. Poi passano a prendere qualche capo dal laboratorio e cominciano a cucire anche su quello. In un mese riescono a imparare, poi facciamo una selezione» spiega il Presidente. Ci sarà presto una nuova edizione dell’Academy.
Trasferire e tramandare le competenze acquisite è il segreto dell’azienda della famiglia Bianchi, ormai alla quarta generazione, la quinta si sta formando. Luigi, il fondatore, a soli sedici anni lascia San Michele in Bosco nella provincia di Mantova per recarsi a Torino e apprendere tutti i segreti dell’arte sartoriale per poi sfruttarli inaugurando la “Primaria Sartoria Luigi Bianchi – Confezione Uomo e abiti e tailleur per Signora”. Nei primi vent’anni dalla sua fondazione, l’attività si evolve passando dalla dimensione di bottega artigiana a conduzione familiare ad azienda con oltre trecento dipendenti. È grazie al figlio Edgardo che il lavoro del sarto, da essere applicato a un unico capo e richiedere tanto tempo, viene parcellizzato, trasformato in tante piccole fasi così da ottenere una produzione quotidiana più alta per accontentare il maggior numero di clienti possibili, senza tradire la qualità sartoriale. Sotto di lui l’azienda è cresciuta e si è spostata nel 1938 nella sede attuale che all’epoca vantava tre piani di produzione, verso l’alto, perché gli operai e le operaie potessero vedere la luce, importante per il lavoro sartoriale, e il mondo esterno. Pura avanguardia per l’epoca. Il quartiere di San Pio si è sviluppato attorno all’imponente costruzione, con tutte le case dei dipendenti.
Oggi Lubiam continua a lavorare su due piani e vanta una produzione di 40/50.000 capi all’anno, grazie ai 320 dipendenti quasi tutte donne. Le operaie sono super specializzate: imparano a eseguire alla perfezione quattro-cinque operazioni, tra 120 micro processi che servono per cucire una giacca, pezzo forte della produzione Lubiam, e che per la gran parte sono ancora svolti a mano, dal taglio, al cucito, allo stiro, al collaudo, in un lavoro sinergico con le macchine, riprogrammate dall’azienda per adattarsi alle persone. In cinque giorni e mezzo i negozi, clienti piccoli ma selezionati e che possono scegliere tra oltre mille tessuti e quattrocento modelli sviluppati dalla creatività di Giovanni Bianchi responsabile dell’ufficio prodotto, e del suo team, ottengono i propri capi personalizzati, conservati in un magazzino di venti metri di altezza. Le macchine da cucire sono state brevettate da Lubiam e copiate dai competitor. La formazione dell’azienda si estende anche ai manutentori: «Abbiamo deciso di renderci autonomi con una serie di tecnici che lavorano just in time e di concerto con gli altri. Con pochissime scorte tra un’operazione e l’altra, se una macchina si rompe, si ferma tutta la catena. Stiamo addestrando tre giovani per il pronto intervento» racconta Giuliano Bianchi.
Il capitale umano per Lubiam è l’essenza della produzione, a cominciare dalla parte creativa fino a quella più meccanica, per questo da tradizione (è stata la prima azienda a Mantova ad avere la mensa per dipendenti) il welfare aziendale è alla base della loro politica. Col primo asilo nido per figli di dipendenti e delle persone del quartiere a tariffe abbattute, le richieste di lavoro sono aumentate; poi c’è stata la ludoteca per bambini per le festività in cui la produzione non si ferma, e altre iniziative per la salute dei lavoratori come un ambulatorio in azienda. La famiglia Bianchi è da sempre attiva a livello di mecenatismo sul territorio, esponendo all’interno della fabbrica, tra giardini e showroom, le opere dei vincitori del premio Lubiam per artisti emergenti, oltre a quelle di “Sculture in piazza” progetto portato avanti con il Palazzo Ducale di Mantova. «Abbiamo sempre dei collaboratori in ambito artistico, quindi questo rapporto continuerà. Ma col Covid abbiamo deciso di puntare tantissimo sul welfare aziendale perché sono stati anni complicati e il nostro obiettivo è stato quello di far stare al meglio chi lavora in azienda» conclude Giovanni Bianchi. Le persone prima di tutto.