Barriera violataI giorni più duri per Israele e i tre fronti del terrorismo

Il modus operandi militare e il grado di coordinamento di Hamas mostrano una capacità operativa senza precedenti e probabilmente alimentata da forze esterne. Oltre alla Striscia, arrivano minacce da Libano e Cisgiordania. Tel Aviv risponde con la forza

LaPresse

Quando le sirene degli allarmi hanno squarciato la calma mattutina del sabato ebraico in Israele sembrava che dalla Striscia di Gaza fosse partito l’ennesimo attacco con razzi. Ma nel giro di poco tempo, è diventato chiaro che stavolta stava succedendo qualcosa di molto più inquietante. La frontiera era stata violata, i terroristi palestinesi stavano lanciando un attacco su più fronti con dozzine di infiltrazioni via terra per uccidere e rapire civili. 

Il premier Benjamin Netanyahu, che come gran parte degli israeliani era con la famiglia per celebrare lo Shabbat e la festività di Simchat Torah, ha richiamato migliaia di soldati riservisti dicendo fin dall’inizio che questa non sarà un’operazione come tante che l’hanno preceduta, Israele è in guerra. 

Descrivere quanto siano senza precedenti gli sviluppi dell’invasione subita dai miliziani di Hamas è Jihad Islamica è quasi impossibile. Non si tratta solo del peggior fallimento dell’intelligence israeliana dalla guerra della Yom Kippur nel 1973, quando lo stato ebraico fu colto impreparato dall’invasione di una vasta coalizione di Paesi vicini, ma del crollo delle convinzioni sulla supremazia militare e la capacità di fornire sicurezza acquisite dalle Forze di difesa israeliane (Idf) in decenni di conflitti. 

Raramente, per non dire mai, Israele aveva perso il controllo delle proprie città. Le scene arrivate da Sderot e dalle altre comunità attorno alla Striscia di Gaza, dove miliziani palestinesi armati hanno vagato indisturbati sparando a chiunque incontrassero incidono un ricordo indelebile nella memoria collettiva degli israeliani.

Sui social media sono circolate diverse immagini di quella che è stata una jihad della caccia all’ebreo, con persone falciate con fucili d’assalto nelle loro auto e sui marciapiedi mentre chi poteva scappava e si barricava in casa, sperando che i terroristi non sfondassero la porta per venirli a prendere. 

In tanti sono state rapiti: soldati, uomini, donne e bambini, con i video dei miliziani particolarmente attenti a mostrare con orgoglio trionfale le ragazze terrorizzate e picchiate a sangue, trascinate con violenza e disprezzo davanti alle folle festanti della popolazione di Gaza. 

La conta delle vittime è cresciuta di ora in ora, e continua a crescere man mano che le Idf riprendono il controllo del sud di Israele, dove ancora si combatte per stanare i terroristi infiltrati in villaggi e kibbutz. Almeno seicento israeliani sono stati uccisi, duemila i feriti, centinaia di loro gravi o gravissimi.

Quanto agli ostaggi, si parla di almeno cinquanta persone ma ancora non è chiaro, potrebbero essere molte di più. I terroristi sono anche riusciti a rubare alcuni mezzi militari, compreso almeno un carro armato.

Si tratta di un’escalation del livello di minaccia che non ha precedenti. I razzi lanciati da Gaza sono sempre stati un problema per Sderot e i territori più vicini alla striscia, poiché la breve distanza rende molto difficile per le tecnologie di difesa neutralizzare in tempo l’attacco.

Ma lo scenario di un commando di Hamas che si infiltra in Israele per compiere un attentato o rapire cittadini israeliani era considerato estremo, neutralizzabile con la superiorità tecnologica e militare, come rivendicato da Netanyahu un anno e mezzo fa. Nella peggiore delle ipotesi si temeva un rapimento di poche persone isolate, un’operazione che si sarebbe scoperta a cose fatte.

Le milizie terroriste di Gaza non avevano mai tentato niente di così audace prima d’ora, ma l’hanno fatto, violando in massa una delle barriere di separazione più sorvegliate del mondo, riuscendo nell’impresa di far precipitare Israele nell’incubo.

Per gli standard di Hamas e Jihad Islamica si tratta di un’operazione sorprendentemente sofisticata, compiuta però con una violenza barbara e ripugnante impossibile da dimenticare. La popolazione di Gaza ora deve prepararsi non solo all’inevitabile risposta di Israele, ma a quella che probabilmente sarà la risposta più dura e spietata di sempre. 

Gli attacchi aerei che hanno ucciso più di seicento persone sono solo il preludio, gli abitanti di Gaza sanno cosa accadrà perché l’hanno già visto molte volte, l’invasione terrestre è alle porte e stavolta è difficile pensare che sarà parziale e temporanea. 

«L’Idf utilizzerà immediatamente tutte le sue forze per distruggere le capacità di Hamas» ha detto Netanyahu. «Tutti i luoghi in cui Hamas è schierato, nascosto e in cui opera, li ridurremo in macerie. Ai residenti di Gaza dico andatevene adesso, perché opereremo con la forza ovunque». 

Dopo quello che è successo, in Israele non ci sono molte ragioni per opporsi a chi dice che è giunto il momento di sradicare del tutto Hamas e le altre organizzazioni terroristiche. Senza nessun contenimento.

Probabilmente, una volta ripreso il pieno controllo del sud di Israele, le Idf punteranno su Gaza per creare una buffer zone che la separa dal confine egiziano, e poi dividere la striscia in fette per separare gli insediamenti urbani, e quindi i miliziani. Ma questi sono opzioni note, Hamas le avrà messo in conto, sanno che accadrà e le aspettano, forti delle dozzine di ostaggi che hanno catturato. Una situazione senza precedenti del tutto inaspettata per gli israeliani.

Inoltre, è possibile che si aprano altri fronti. Nel nord di Israele contro gli Hezbollah dal Libano, che hanno già rivendicato degli attacchi con colpi di mortaio sul Monte Dov (territorio di frontiera conteso), e contro Hamas e le altre organizzazioni terroristiche della Cisgiordania. Non va neanche escluso che alcuni gruppi ristretti di miliziani entrati da Gaza si stiano muovendo sotto copertura per sferrare in un secondo momento attentati o sabotaggi ad alto impatto.

Per Israele questo è lo scenario più temuto, una guerra contro organizzazioni terroriste su tre fronti: Gaza, Libano, Cisgiordania.

I prossimi giorni e mesi saranno molto duri, per i palestinesi di Gaza e per gli israeliani, i civili e i tanti chiamati a combattere nella vasta mobilitazione di riservisti. Israele è un paese giovane, l’età mediana è ventinove anni, per la maggior parte dei soldati questa è la prima guerra a tutto campo.

Un’operazione militare molto più dura e sanguinosa rispetto alle operazioni mirate in Cisgiordania che hanno impegnato le Idf negli ultimi anni. L’ultima guerra su larga scala tra Gaza e Israele è stata nel 2014, ma il preludio di quell’escalation è imparagonabile a quanto accaduto nelle ultime trentasei ore.

Degli israeliani si dice che ogni generazione ha la sua guerra, e la guerra di risposta al massacro del 7 ottobre 2023 sarà vissuta e ricordata come una delle guerre per la sopravvivenza stessa di Israele e del popolo ebraico. Ma di fronte all’orrore alla brutalità dell’aggressione subita, gli israeliani sanno esattamente per cosa combattono.

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