Al momento di ordinare un intruglio di verdure e carni spadellate, lampeggia sullo schermo del telefono un numero sconosciuto.
«Mi perdoni se la chiamo all’ultimo momento.»
Riconosco la voce del redattore del programma televisivo. «Mi fa piacere risentirla,» rispondo. E per una volta è vero. «Lei avrebbe modo di collegarsi stasera?»
«Con Skype?»
«Sì, va bene con Skype.»
«Può essere utile che io abbia uno scorcio di lago–»
«No,» mi interrompe. «Serve che lei sia in una stanza silenziosa e bene illuminata.» «Parleremo quindi di–»
«Parleremo del clima che cambia,» mi interrompe di nuovo. «Delle ragioni per cui è cambiato nel tempo. Delle ragioni per cui sta cambiando.»
«I miei studi sulla Piccola era glaciale…»
«Ecco, sì. Volevo parlarle di questo. In redazione c’è chi ci ha fatto notare che potrebbe essere fuorviante.»
«Che cosa?»
«Parlare di glaciazioni mentre oggi è il grande caldo che spaventa.»
«Non mi sento di accogliere l’obiezione.» «Ne tenga conto.»
«In che modo?»
«In modo da evitare che il suo intervento possa essere giudicato sottilmente negazionista.»
«Ma che sta dicendo?»
«Non volevo offenderla, ma ecco, vede, una giovane redattrice si è posta il problema. Bisogna sempre ragionare mettendosi nei panni dello spettatore a casa.»
«E quali sono i panni dello spettatore a casa?»
«Quelli di chi, mentre aspetta di buttare la pasta, sente con la coda dell’orecchio uno che ragiona dilaghi ghiacciati e di inverni siberiani…»
«E?»
«E pensa che quel rischio è remoto. Che semmai sta pensando di installare il condizionatore anche in soggiorno.»
«Capisco.»
«Voglio dire: lei parla del freddo, va bene, però parliamo soprattutto del caldo.»
«Le vorrei ricordare che le oscillazioni climatiche anche brusche sono in ogni caso da ricondurre a variabili dell’era interglaciale in cui io, lei e lo spettatore a casa stiamo vivendo.»
«Che intende dire?»
«Quello che ho detto. Certe forme di vita – diciamo pure le più visibili – sono possibili fra una glaciazione e l’altra.»
«Mi sta dicendo che dobbiamo aspettarci un’altra glaciazione?»
«Potrebbe raggiungere il suo picco fra circa ottantamila anni.»
«Non la vedremo.»
«La nostra specie potrebbe essersi estinta molto prima.»
«C’entra il cambiamento climatico?»
«C’entra. A quel punto i condizionatori in soggiorno avranno poco effetto.»
(…)
«Provi a essere il più chiaro possibile.»
«Dipenderà dalle domande. Posso suggerirne una?»
«Dica.»
«Professor Barbi, può raccontarci in base ai suoi studi come le comunità umane reagiscono allo stress provocato dai cambiamenti climatici?»
«Prendo nota. Ma qual è la risposta? Come reagiscono?»
«Male. Provano ad adattarsi, ma non è detto che sia possibile. Gliene aggiungo un’altra, se posso.»
«Non garantisco. Dipende dal conduttore, decide lui.»
«Professor Barbi, quattro secoli e mezzo fa gli esseri umani come leggevano i fenomeni atmosferici?»
«Come li leggevano?»
«In modo del tutto irrazionale.» «E oggi?»
«Allo stesso modo. Del tutto irrazionale.” “È un problema?»
«Enorme.»
(…)
«Barbi? Ora è con noi?».
«Sì, sono qua.»
«La vediamo. Che cosa può dirci il passato della crisi climatica attuale?»
«È ormai acclarato come la causa principale del riscaldamento globale…»
«Il professore si è distratto,» mi interrompe l’esponente.
«…sia l’enorme aumento dei gas serra nell’atmosfera indotto dall’uomo. Ma studiare il motivo e il meccanismo dei bruschi cambiamenti climatici avvenuti nel passato può aiutarci a…»
«A cosa, professore?»
«Me lo lasci dire. A comprendere i fenomeni odierni, a metterli in prospettiva, a valutare i rischi e l’impatto di natura socioeconomica…»
«A questo proposito, Barbi, lei ci parla da Costanza, perché al famoso lago ha dedicato i suoi studi, e in particolare a un episodio. Vuole raccontarcelo – brevemente?»
«Si tratta di ondate di freddo repentine frequenti in un’epoca della storia moderna che è stata battezzata Piccola era glaciale. Il quindicesimo e il sedicesimo secolo ebbero il più alto numero di congelamenti completi dei grandi laghi. Quello di Costanza, per esempio, ghiacciò alla fine del 1572 e il disgelo arrivò solo nei giorni di Pasqua del 1573…»
«Veniamo al punto.»
«Il punto è che, per quanto la capacità adattativa degli esseri umani sia notevole, i cambiamenti che avvengono bruscamente mettono in seria difficoltà. Ricostruendo le vicende della comunità gravitante intorno al Lago di Costanza in quel particolare momento storico, ho potuto verificare gli effetti violenti di quel lunghissimo inverno sulla psiche, sui corpi… la fame, la depressione… Potrei fare diversi esempi per le diverse classi sociali…»
«Torniamo all’oggi, professore.»
«Torniamo all’oggi. Il clima ci condiziona più di quanto crediamo. Emotivamente. Culturalmente. Non è, come molti pensano, una questione limitata alle previsioni del tempo…»
Paolo Di Paolo, Romanzo senza umani, Feltrinelli, 224 pagine, 16,15 euro.