Tornano i timori sul gas, con le quotazioni del metano arrivate ieri a sfiorare quota 50 euro per megawattora. «Non c’è preoccupazione» per le forniture energetiche italiane», si è affrettato a dire Palazzo Chigi, forte degli stoccaggi pieni al 97,2% con le temperature ancora alte in tutto il Paese. Ma il rischio di attentati, sabotaggi e interruzioni negli approvvigionamenti nel clima di tensione alimentato dall’attacco a Israele resta l’incubo peggiore. Proprio nelle stesse ore in cui la Finlandia parla di «un deliberato atto di sabotaggio» al gasdotto Baltic Connector.
La guerra tra Hamas e Israele riaccende i timori sulle forniture energetiche per l’Italia, che è a rischio con l’80% di approvvigionamento estero di petrolio e gas. Il presidente di Federpetroli Italia, Michele Marsiglia, ha parlato ieri di un «copione già visto» con la guerra russa in Ucraina. Anche perché Israele, in via precauzionale, ha già bloccato la produzione del giacimento offshore di Tamar in mano all’americana Chevron, la cui capacità produttiva si aggira intorno ai 10 miliardi di metri cubi annui. Il giacimento si trova a circa 90 chilometri in mare da Haifa, alimenta parte dell’Egitto e altro gas che viene trasportato in Europa.
Ma a largo della striscia di Gaza, «abbiamo un grande giacimento di gas metano chiamato Leviathan che corre fino a nord tra Cipro e il Libano, quest’ultimo a sud sotto controllo di Hezbollah», ha ricordato Marsiglia. Questo è uno dei giacimenti più grandi al mondo nel Mediterraneo.
E ieri lo spettro di un nuovo shock energetico in grado di gonfiare prezzi e bollette si è fatto di nuovo avanti, man mano che arrivavano dettagli sul calo di pressione nel tubo offshore Baltic Connector che collega la Finlandia all’Estonia e che potrebbe essere stato causato da un sabotaggio volontario. È bastato questo a fare da detonatore alle quotazioni del gas sul mercato di Amsterdam, già messe sotto pressione dall’attacco di Hamas a Israele. Il prezzo del metano è salito in una sola seduta del 12,5 per cento a quota 49,4 euro per megawattora. E l’aumento è di quasi il 30 per cento rispetto ai 38 euro di venerdì scorso.
«L’impatto della guerra sulla produzione del gas è marginale», ha spiegato ieri l’ad dell’Eni, Claudio Descalzi, a margine delle celebrazioni per i 70 anni dell’Eni, ma «sono le possibili conseguenze che spaventano il mercato». In questa situazione, «sostituire il gas russo diventa più complesso».
Gli operatori del settore temono che il conflitto si allarghi. Gli Stati Uniti potrebbero bloccare le esportazioni di petrolio dall’Iran. Il Qatar potrebbe tagliare le sue forniture all’Europa di gas naturale liquefatto (gnl). E soprattutto si temono attentati ai gasdotti.