«In pochi sanno che il nostro futuro dipende dallo strato sottile che si estende sotto i nostri piedi. Il suolo e la moltitudine di organismi che vivono al suo interno ci forniscono cibo, biomassa, fibre e materie prime, regolano i cicli dell’acqua, del carbonio e dei nutrienti e rendono possibile la vita sulla terra». Nel 2021 la Commissione europea riconosceva così il suolo come risorsa vitale, non rinnovabile e non sostituibile. A distanza di due anni il consumo di questa risorsa in Italia è aumentato del dieci per cento e, nel 2022, le nuove coperture artificiali hanno riguardato 56,7 chilometri quadrati, in media quindici ettari al giorno.
Ma il consumo non è l’unica forma di abuso attuata nei confronti del suolo: alla sottrazione di capitale all’agricoltura, infatti, si affianca il regime di sfruttamento a cui un uso eccessivo e improprio di pesticidi chimici sottopone anche gran parte del terreno agricolo.
Una miniera di biodiversità
L’intensità nell’utilizzo di queste sostanze in ambito agricolo ha registrato un aumento del sessantotto per cento tra il 1990 e il 2018, evolvendosi da 1,5 chilogrammi per ettaro all’anno a oltre 2,6. E l’Italia si colloca su un piedistallo di spicco, con livelli di circa dieci volte superiori alla media globale.
Nell’agenda degli obiettivi europei verso l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (Sur) figurava il proposito di ridurre l’utilizzo di queste sostanze del cinquanta per cento entro il 2030, ma la proposta è stata bocciata dalla sessione plenaria del Parlamento riunitosi a Strasburgo.
«Il suolo è ricchissimo di microrganismi, è una miniera di biodiversità», spiega Angelo Gentili, responsabile nazionale agricoltura di Legambiente, che ogni anno dedica al tema dei pesticidi un dossier di analisi. «Quando noi pensiamo alla biodiversità – continua – la immaginiamo sempre legata alla varietà che vediamo prendere forma in superficie, ma in realtà quella principale risiede nel terreno». Al suo interno non si sviluppano infatti soltanto parassiti o agenti patogeni, ma anche specie utili e organismi non bersaglio che finiscono però con il diventare anch’essi destinatari dei danni indesiderati della chimica.
La dipendenza dell’agricoltura da input artificiali promuove l’errore concettuale che per coltivare occorra un suolo in cui ogni forma di vita viene eliminata: «Al contrario, è proprio la sua biodiversità a renderlo così importante. Preservarla significa proteggere una serie di servizi ecosistemici fondamentali, dalla decomposizione della sostanza organica, al sequestro di carbonio in humus fertilissimo, all’apertura di micropori che favoriscono la corrivazione dell’acqua e la previsione di alluvioni e frane».
Un suolo sano per contrastare il cambiamento climatico
Un suolo sano è ricco e permeabile: l’acqua penetra al suo interno e viene trattenuta, evitando di scivolare via: «Questa è una buona modalità per contrastare il dissesto idrogeologico, prevenendo la possibilità di frane e smottamenti: il suolo svolge anche questo ruolo strategico che oggi, a fronte di eventi climatici estremi sempre più frequenti e potenti, diventa ancora più importante preservare».
Un primo strumento efficace per farlo è il monitoraggio, il cui utilizzo riguardo il suolo è però in Italia ancora largamente arretrato. Il sistema nazionale analizza infatti con regolarità la presenza di pesticidi negli alimenti e nell’acqua, mentre non rileva la presenza di molecole potenzialmente dannose per l’ambiente nel suolo, nonostante quest’ultimo sia il primo recettore delle sostanze chimiche di sintesi utilizzate in agricoltura. «Alcune ricerche sperimentali dimostrano che l’accumulo di pesticidi è ingente. E ad accrescerlo contribuiscono anche quelli sedimentati dagli anni precedenti. Quello che manca è un’osservazione sistematica sulla quantità e la qualità delle sostanze presenti nel terreno», prosegue Gentili.
Il doppio ruolo dell’agricoltura, vittima e carnefice del cambiamento climatico
L’agricoltura si rivela al tempo stesso vittima e carnefice del cambiamento climatico: è responsabile di gran parte delle emissioni di CO2 prodotte ma, al tempo stesso, ne subisce per prima le conseguenze. Nel 2023 i danni causati dagli eventi climatici estremi in termini di produzione e infrastrutture superano i sei miliardi di euro dell’anno precedente e le varie colture hanno registrato perdite significative nei rispettivi raccolti.
I pesticidi figurano tra i primi responsabili nella produzione di emissioni di anidride carbonica, il cui aumento è direttamente proporzionale alla quantità di chimica. Un’agricoltura scevra di fitofarmaci non solo riduce il proprio contributo all’inquinamento, ma stimola la capacità intrinseca delle piante ad essere resilienti di fronte a stress idrici sempre più frequenti.
Per Legambiente l’unica ricetta possibile è quella dell’agroecologia, che invita all’adozione di pratiche agricole più sostenibili e rispettose dell’ambiente, dando un segnale forte rispetto all’impiego di concimi organici e stallatico. «Bisogna ristabilire un equilibrio tra biodiversità naturale e agricola: solo riducendo al minimo le sostanze chimiche e tornando al biologico sarà possibile ottenere un’agricoltura più resiliente di fronte alle sfide del futuro».