Gennaro Sangiuliano e Giovanbattista Fazzolari sono giù ideologi della cosiddetta egemonia di destra. Ma il braccio operativo più importante è Gian Marco Chiocci, direttore del Tg1. Giornalista mastino, un duro. Non un cronista politico – quelli spaccano il capelli in quattro – ma uno cresciuto tra i fondali della cronaca, tra carte di procure e voci dei servizi. Il Tg1 è la principale arma della costruzione della cosiddetta egemonia della destra meloniana (scriviamo sempre “cosiddetta” perché l’egemonia quella seria è un’altra cosa: qui siamo ancora nei confini della propaganda).
Chiocci si perde un bel po’ di spettatori, quelli che proprio non se la bevono. Ogni mese nel comparativo con l’anno precedente il Tg1 perde: i numeri parlano chiaro, a gennaio è sotto di un punto alle 20 e di 2,6 alle 13,30. Forse Chiocci lo mette nel conto, anche se non è esattamente la missione di un professionista, ma non rinuncia a fare del telegiornale una messa cantata del governo: e non è questione di sproporzione dei minuti dedicati alla presidente del Consiglio o ai ministri rispetto alle opposizioni ma è come le opposizioni vengono raccontate nei pastoni di un minuto e trenta dedicati a Partito democratico, Movimento 5 stelle, Sinistra, Verdi, Azione, Più Europa, Italia viva, un pasticcio da cui non si capisce niente, un raccontino triste confezionato con le immagini delle stanche camminate dei vari leader non di governo che sembrano degli zombie.
Ci sono tanti modi d’altronde per confezionare i pezzi. Meloni e i ministri ne emergono sempre come degli statisti, le opposizioni come dei dilettanti. I titoli spesso ingannano. Ormai è famosa l’ultima bufala dei mille euro al mese in più per i pensionati, che in realtà sono pochi pensionati, circa ventiseimila. Dicono che poi nel pezzo si spiega come stanno realmente le cose. E ci mancherebbe pure. Ma non è lo stesso: quel titolo ormai si è conficcato nella testa degli ascoltatori.
«La maggioranza è d’accordo con il governo» è uno degli “attacchi” più gettonati, evidentemente una frase inutile, ti immagini se non fosse d’accordo? Ma questi sono solo trucchetti. La rivoluzione chiocciana è più “profonda” (tra virgolette perché l’Eiar la inventò un secolo fa) e consiste nel privilegiare la cronaca, spesso la cronacaccia, il delitto, l’incidente, il processo con condanna, la violenza di quartiere, o il maltempo, Sanremo, cronaca rosa, spettacoli di serie B, sviolinate per i libri degli amici.
Sempre che non ci siano Giorgia Meloni e i suoi fratelli in gran spolvero, si privilegia la Grande Distrazione. Se invece c’è qualche magagna tra i piedi dei governanti i casi sono due: o non se parla o la cosa scivola tra un pezzo e l’altro.
Nell’insieme, il messaggio del Tg1 è quello dell’Italia che va, veicolato non con lo stile sbavato ed espressionista dell’Emilio Fede dei bei tempi ma con il piglio arrogante di chi detiene il potere e non ha nessuna intenzione di mollarlo: diremmo che l’immagine più emblematica del Chiocci style è la scena del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida sbracato sulla sedia in studio a far da contraltare alla missione spaziale del colonnello Walter Villadei per far propaganda alla pasta italiana. Sogghignava, il ministro, rideva, straparlava di fronte alla conduttrice Laura Chimenti che tentava di mettergli un freno, macché, qui comanda Ciocchi, cioè Meloni, cioè la del ministro cognata.
Lo strapotere dei Fratelli si vede nei servizi, con gli immancabili Tommaso Foti, Lucio Malan, Augusta Montaruli. La Lega stenta a farsi largo. Solo Antonio Tajani e l’ex camerata Maurizio Gasparri, un amico, reggono. Prendere il Tg1 è come prendere Sinner: il più è fatto (e non è che a TeleMeloni la destra abbia solo questo, anzi) con il risultato che gli italiani sono bombardati dal chioccismo che gli dice che tutto va bene e che a palazzo Chigi la luce è sempre accesa.
Adesso, dopo sette mesi, il Pd si è accorto che i nuovi Mario Appelius stanno esagerando. E deo gratias ha convocato un sit in a viale Mazzini il 7 febbraio. Almeno ci si muove. In qualche cassetto al Nazareno ci devono essere alcune proposte di riforma del servizio pubblico, forse si possono riprendere, forse si possono coinvolgere esperti e lavoratori della Rai non per lottizzare l’ultimo caposervizio della sede di Aosta ma per proporre un modello diverso di servizio pubblico. Tuttavia per il Pd, e tutte le altre forze di opposizione, sorge spontanea la domanda: ma in questi mesi dov’eravate?