GrattacapoL’impasse burocratica sull’ora legale permanente e il dibattito sui risparmi energetici

I benefici – anche ambientali – dell’abolizione del cambio dell’ora sono innegabili, ma potrebbero non essere così consistenti se rapportati alle nostre abitudini di consumo. Anche per questo, la politica non ha mai mostrato di voler affrontare con urgenza il tema

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Nella notte tra sabato 30 e domenica 31 marzo 2024 in Italia torna l’ora legale, circostanza che ogni anno riporta alla mente almeno due domande. La prima: quindi le lancette si spostano avanti o indietro? Probabilmente è sempre meno frequente preoccuparsene, dato che gli smartphone di norma aggiornano in automatico l’orario, ma eliminiamo ogni dubbio: gli orologi analogici vanno portati un’ora avanti; dunque, per una notte si dorme un’ora in meno. La seconda domanda, puntualissima: è proprio necessario continuare a passare dall’ora solare all’ora legale, e viceversa? In questo caso la risposta non solo è più complessa e divisiva, ma anche più attuale, dal momento che chiama in causa la possibilità di un risparmio in termini di consumi energetici ed emissioni climalteranti.

Perché usiamo l’ora legale
La conseguenza più evidente del ritorno dell’ora legale è il fatto che dal 1° aprile, la sera, farà buio un’ora più tardi, con un conseguente minore ricorso all’illuminazione elettrica in un momento della giornata in cui la maggior parte delle persone sarebbe comunque sveglia e impegnata nelle attività più svariate: da qui il risparmio energetico. In effetti, l’ora legale è nata e si è consolidata in periodi di crisi energetica, in cui era ritenuto vantaggioso sfruttare meglio le ore di luce solare della seconda parte del giorno ed evitare di ricorrere all’illuminazione artificiale.

In Italia l’invenzione è entrata in vigore per la prima volta durante la Prima guerra mondiale e, dopo essere stata sospesa e reintrodotta a più riprese nel corso dei decenni, è stata ripristinata definitivamente nel 1966. Nel 1996 si è deciso che il passaggio dall’ora solare all’ora legale sarebbe avvenuto in modo coordinato in tutta l’Unione europea, nel rispetto dei vari fusi orari. L’ora legale entra sempre in vigore a fine marzo e quest’anno verrà rimossa (cioè tornerà l’ora solare) il prossimo 27 ottobre.

Nel mondo, non tutti i Paesi procedono con il cambio dell’ora: anzi, si può dire che sia una consuetudine ricorrente quasi solo in Europa e Nord America. L’ora legale attualmente non viene adottata – perché non è mai stata introdotta o perché è già stata abolita – nella stragrande maggioranza dei Paesi di Asia (Russia inclusa), Africa e Sud America, oltre che in parte dell’Australia. 

L’ora legale fa risparmiare?
Nel 2022 negli Stati Uniti – dove l’ora legale si chiama daylight saving time, letteralmente “orario di risparmio della luce diurna” – il Senato ha approvato una proposta di legge per rendere l’ora legale permanente tutto l’anno. Il cosiddetto Sunshine protection act è però decaduto, perché non è mai stata votato dalla Camera. In Italia a farsi portavoce di un’analoga istanza, cioè l’ora legale per sempre, è la Società italiana di medicina ambientale (Sima). Nata nel 2015, l’associazione già un paio di anni fa ha lanciato, insieme a Consumerismo No Profit, una petizione per abolire il ritorno all’ora solare «per contrastare il caro-energia e consentire a famiglie e imprese risparmi sulle bollette di luce e gas».

Per Alessandro Miani, presidente di Sima, mantenere per sempre l’ora legale in Italia comporterebbe annualmente un taglio dei consumi di circa settecentoventi milioni di kilowattora (kWh), dei costi in bolletta di circa centottanta milioni di euro e delle emissioni di CO2 di circa duecentomila tonnellate. La Sima da anni accende i riflettori anche sul tema della salute, dato che secondo l’associazione (ma non solo) il cambio dell’ora altera il nostro ritmo circadiano, cioè l’orologio biologico che regola sonno e veglia, producendo effetti negativi sulla qualità del riposo e sul benessere psicofisico.

Secondo i dati di Terna, la società italiana che gestisce la rete di trasmissione dell’energia elettrica, nel 2023 l’ora legale – è stata in vigore per sette mesi, dal 26 marzo al 29 ottobre – ha comportato per il sistema elettrico italiano minori consumi di energia per trecentosettanta milioni di kWh, «pari al valore di fabbisogno medio annuo di circa centoquarantamila famiglie», si legge nella nota stampa. Questi minori consumi energetici si sono tradotti in un risparmio economico di circa novanta milioni di euro e in un taglio delle emissioni di CO2 pari a circa centottantamila tonnellate. Sempre secondo Terna, in Italia dal 2004 al 2023 i minori consumi di energia elettrica dovuti all’ora legale hanno permesso di risparmiare complessivamente circa 11,3 miliardi di kWh e 2,1 miliardi di euro.

Negli anni sono state pubblicate anche analisi più caute o apertamente scettiche sull’effettivo risparmio energetico dell’ora legale, specialmente considerando le nostre attuali abitudini di consumo. Rispetto a qualche decennio fa, infatti, l’illuminazione è solo una delle tante fonti di consumo energetico domestico e non: poter ritardare di un’ora l’accensione della luce nelle sere d’estate non limita ovviamente l’uso di elettrodomestici, condizionatori, eccetera. Una meta-analisi del 2017, prendendo in esame oltre quaranta studi e più di centosessanta stime sul tema, calcola che in una giornata in cui l’ora legale è in vigore il risparmio di energia elettrica sia pari allo 0,34 per cento. Una quota trascurabile che però, sottolineano gli autori, è una stima media: i dati di partenza sono eterogenei e dipendono anche dalla latitudine del Paese considerato, dal momento che il risparmio energetico cresce se ci si allontana dall’equatore. 

La posizione dell’Unione europea
In Europa il tema è dibattuto. Nel 2019 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione legislativa sull’abolizione del cambio dell’ora, ma la situazione è poi rimasta in stallo. Il passaggio successivo sarebbe stato raggiungere un accordo al Consiglio europeo, che però sostiene debba esserci prima una valutazione dell’impatto di questo cambiamento da parte della Commissione europea, che a sua volta non ritiene di doversi muovere prima che il Consiglio abbia espresso una posizione comune. Intanto, nessuno Stato membro ha preso fermamente posizione.

In Europa ci sono tre fasce orarie e la maggioranza dei Paesi usa l’ora dell’Europa centrale (Cet). Se davvero ciascuno Stato membro determinasse in totale autonomia l’ora (solare, legale o entrambe) che desidera applicare entro i propri confini, la situazione rischierebbe di diventare caotica e ingestibile su più fronti, dai voli aerei ai commerci internazionali. È evidentemente necessario un coordinamento tra i Paesi dell’Unione, per fare in modo che resti una ragionevole omogeneità di fusi orari. 

L’impasse burocratica in cui è precipitata la questione si potrebbe superare, se ci fosse la volontà politica di tenere il tema all’ordine del giorno. Nel frattempo, però, a Bruxelles non sono mancate le questioni più urgenti: la pandemia, le conseguenze di Brexit, la crisi del gas. Inoltre, la verità è che non c’è una soluzione semplice al problema del cambio dell’ora, che dovrà essere affrontato con negoziazioni e compromessi. I Paesi del Sud Europa potrebbero effettivamente beneficiare di un’ora legale permanente, mentre nei Paesi del Nord Europa c’è più scetticismo, anche perché qui i vantaggi in termini di risparmio energetico sarebbero risibili. Il Regno Unito post-Brexit, poi, dovrebbe decidere se adattarsi a una eventuale decisione della Ue oppure no.

Intervistata da Euronews nel 2022, Ariadna Guell, coordinatrice della Barcelona Time Use Initiative for a Healthy Society, ipotizzava la suddivisione dell’Europa in quattro fusi orari basati principalmente sull’ora solare. Con l’attuazione di questa proposta, spiegava Guell, ciascuna zona oraria avrebbe il sole nella posizione più alta a mezzogiorno. Ma ci sarebbero dei cambiamenti da digerire, oltre che dei problemi pratici da risolvere a tavolino: l’Irlanda del Nord e la Repubblica di Irlanda, ad esempio, avrebbero due fusi orari diversi e dunque dovrebbero indubbiamente decidere quale dei due adottare, rischiando in ogni caso di creare malumori interni. Al momento, comunque, non c’è urgenza di scegliere: la questione dell’abolizione del cambio dell’ora in Europa sembra ancora molto lontana da una risoluzione concreta. 

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