Il macellaio di TeheranÈ morto il presidente dell’Iran Ebrahim Raisi

L’elicottero su cui viaggiava si era schiantato ieri in una zona montuosa e boschiva nel nord-ovest del Paese. Con lui c’era anche il ministro degli Esteri, Hossein Amir-Abdollahian

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Il presidente iraniano Ebrahim Raisi è morto in un incidente in elicottero domenica, nelle montagne nordoccidentali del Paese. Con lui, nel disastro aereo, è morto anche il ministro degli Esteri Hossein Amir-Abdollahian. In questo momento il regime di Teheran è privo di due delle sue figure più influenti.

La notizia è stata data questa mattina dalla tv di Stato iraniana. I resti dell’elicottero su cui viaggiava sono stati trovati solo molte ore dopo l’avvio delle ricerche. Fin da subito i soccorritori, mobilitati in gran numero, con l’aiuto della Mezzaluna Rossa, avevano fatto capire che non c’erano molte speranze di trovare superstiti.

Raisi, sessantatré anni, e il ministro degli Esteri Hossein Amir Abdollahian stavano viaggiando dal confine iraniano con l’Azerbaigian dopo aver inaugurato un progetto congiunto di una diga. Lo schianto dell’elicottero è avvenuto nella regione iraniana dell’Azerbaigian orientale, vicino a Jolfa, a circa seicento chilometri a nord-ovest della capitale Teheran. Le squadre di ricerca e soccorso hanno perlustrato un’area di montagne e fitte foreste in mezzo alla pioggia e alla nebbia. A un certo punto le autorità hanno interrotto le ricerche aeree a causa del maltempo, inviando commando d’élite delle Guardie Rivoluzionarie e altri a piedi.

Nell’incidente sono morti anche il governatore della provincia iraniana dell’Azerbaigian Orientale, Malek Rahmati, e l’ayatollah Mohammad Ali Ale-Hashem, rappresentante della Guida suprema iraniana in Azerbaigian Orientale. Non ci sono sopravvissuti.

L’elicottero del presidente Raisi era un modello sovietico tuttora in produzione, il MIL MI 171. Il parco di elicotteri e aerei a disposizione degli iraniani è vecchio e a causa delle sanzioni internazionali Teheran fa fatica a reperire sul mercato i pezzi di ricambio che servono a fare la manutenzione ordinaria.

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La morte di Raisi, un conservatore che per anni ha represso nella violenza il dissenso (noto con il soprannome di “macellaio di Teheran”) e che era ampiamente considerato un possibile successore del leader supremo dell’Iran, l’Ayatollah Ali Khamenei, avviene durante un periodo particolarmente instabile per il Paese. Negli ultimi due anni, infatti, l’Iran è stato teatro di proteste e manifestazioni che hanno coinvolto gran parte della popolazione, inoltre la valuta iraniana è crollata al minimo storico e la scarsità d’acqua intensificata dai cambiamenti climatici ha esasperato le condizioni di vita di gran parte della popolazione.

Raisi aveva avuto vari ruoli nella Repubblica Islamica dell’Iran. Nel 1988, quasi dieci anni dopo la rivoluzione khomeinista, fece parte di una delle cosiddette “commissioni della morte” che ordinarono esecuzioni di massa di migliaia di prigionieri politici e combattenti nemici a seguito della guerra contro l’Iraq. Nel 2019 era riuscito a diventare capo del sistema giudiziario, e già allora la sua nomina venne considerata una svolta conservatrice da parte di un regime già fortemente autoritario e repressivo.

Privo di ogni forma di sostegno e legittimazione politica sul piano interno, il governo di Teheran ha cercato sostegni all’estero, provando a imporsi come una potenza regionale in Medio Oriente e un alleato credibile per altri regimi autoritari come Russia e Cina. La lunga guerra ombra condotta contro Israele è diventata sempre più calda, trasformandosi ancora dopo che Hamas ha attaccato lo Stato ebraico il 7 ottobre. Le ostilità sono diventate ancora più pronunciate dopo che Israele ha condotto attacchi aerei su un edificio nel complesso dell’ambasciata iraniana in Siria ad aprile. L’Iran aveva poi reagito con il suo primo attacco diretto contro Israele dopo decenni di frizioni, lanciando più di trecento droni e missili verso il lo Stato ebraico, pur senza grandi risultati.

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Dopo il suo arrivo alla presidenza nel 2021, Raisi ha consolidato il potere, estremizzato le sue decisioni politiche ed emarginato i riformisti. Era un religioso intransigente, cresciuto durante la rivoluzione islamica. Era considerato la seconda figura più potente nella struttura politica iraniana, dopo Khamenei, rappresentante della fazione più radicale del regime. Infatti era uno dei possibili candidati alla successione dello stesso Khamenei come leader supremo del Paese. Ora, la sua morte apre la strada al figlio di Khamenei, Mojtaba.

La legge iraniana stabilisce che alla morte del presidente, il potere viene trasferito di diritto al primo vicepresidente ed entro sei mesi devono essere indette le elezioni. Il primo vicepresidente è Mohammad Mokhber, un politico conservatore della cerchia ristretta di Raisi.

«L’Iran vorrà trasmettere un senso di controllo e ordine all’indomani della morte del presidente e sottolineare che le elezioni anticipate si svolgeranno in modo ordinato», scrive Farnaz Fassihi sul New York Times. «Il leader supremo, l’Ayatollah Ali Khamenei, ha dichiarato in precedenza, in un discorso sull’incidente, che non ci sarebbero state interruzioni nel lavoro del governo. Ha anche affermato che gli alti funzionari manterranno il controllo della sicurezza nazionale e della sicurezza delle frontiere».

Questa mattina infatti il gabinetto del presidente Raisi ha tenuto una riunione d’emergenza, lasciando vuoto il suo posto al centro del tavolo della conferenza, un gesto simbolico di commemorazione. Nella dichiarazione rilasciata si elogia il servizio fornito da Raisi al Paese e al popolo iraniano.

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