Da New York Se la pizza è nascosta tra le pagine di un vecchio diario

Antohony Mangeri aveva già scritto il suo destino sin da bambino. Un destino che non ha voluto non ascoltare, ma che anzi l’ha portato a realizzare i suoi sogni.

«Mia mamma ha ritrovato recentemente il mio Baby Book, quel quaderno dove i genitori annotano i progressi di un bambino fino al momento del kindergarden, il primo distacco dalla famiglia. Alla domanda del quaderno che chiede cosa piace al bambino mia mamma ha scritto “pizza”. Avevo tre anni». Così Anthony Mangieri racconta come la pizza abbia sempre fatto parte della sua vita. Insomma, un’ossessione sin dalla prima infanzia. Un percorso fatto di passione e professionalità che lo ha portato a preparare le pizze per la Lounge Ferrari durante il Gran Premio di Formula Uno a Miami.

Anthony Mangieri con il suo Una Pizza Napoletana nel Lower East Side è considerato uno dei migliori pizzaioli del mondo, la sua è l’unica pizzeria che Pete Wells inserisce nella sua lista dei cento migliori ristoranti di New York, peraltro in una nobilissima dodicesima posizione. Un’ossessione tanto dirompente che il piccolo Anthony, nonostante le evidenti modeste qualità di giocatore, resisteva nella squadra di calcio del New Jersey dove è cresciuto, solo per poter partecipare al pizza party di fine stagione. «Ho cominciato a preparare le prime pizze in casa attorno ai quindici anni, sicuramente l’imprinting dei nonni di Napoli e Salerno ha influito su questa mia vita».

Sull’origine della pizza il dibattito si spreca, però che sia stata, e sia ancora, un simbolo dell’arrivo dei migranti campani a New York non c’è dubbio, ma proprio perché gli ingredienti oltreoceano erano differenti, la New York pizza è grande e si serve a fette, è tendenzialmente sottile. Joe’s, Lombardi’s, Patsy’s, Totonno’s sono i nomi che hanno fatto la storia dell’evoluzione oltreoceano della “torta” (gli americani chiamano effettivamente “pie” il grande disco di pasta condito con pomodoro e formaggio). L’arrivo dello stile che potremmo definire “napoletano” è molto più recente. Il cornicione alveolato era qualcosa di sconosciuto, ma la nuova versione ha conquistato uno spazio importante velocemente. Mancava ancora una ricerca di qualità nei prodotti, una cura nella lievitazione. In fondo se gli americani sono in grado di digerire un piatto di Mac and Cheese, possono non essere in grado di capire se una pizza non è il massimo in fatto di digeribilità. Però anche questo è oramai diventato un luogo comune, a New York, che è effettivamente un mondo a parte rispetto alla stragrande maggioranza delle città del Paese, oggi l’attenzione alla qualità del cibo è considerata un valore importante. Anthony Mangieri con il suo Una Pizza Napoletana è sicuramente tra i protagonisti di questa evoluzione verso una qualità sempre più alta: «Leggerezza ed equilibrio dei sapori sono il mio mantra. Uso solo farine italiane, che non sono fatte necessariamente con grano italiano, ma siete imbattibili nell’arte del macinare: una qualità che non si inventa. Uso solo lievito madre e il mix tra le farine che uso non è mai lo stesso, cambia un po’ a sentimento, il sale è siciliano e l’acqua è quella del nostro sindaco. La lievitazione a temperatura ambiente è di quarantotto ore».

Anthony Mangieri è così, non ama la scienza e la tecnologia applicata alla sua cucina, un principio che ritroviamo quando va in bicicletta, sport di cui è super appassionato: «Non potevo che avere una bici italiana, fatta su misura. Esco quasi tutti i giorni, ma non chiedermi quanti chilometri faccio e che medie: non ho nessun device per registrare, ma quando incontro un altro corridore mi incollo alla sua ruota e non lo mollo quasi mai». Per rubare l’arte di una buona ricetta, da ragazzo si faceva portare dalla mamma in quelle che venticinque anni fa erano le pizzerie più importanti a New York, ma anche nel New Jersey e nel Connecticut. Ogni pizzaiolo custodiva gelosamente i suoi segreti, tanto da togliere l’etichetta alle latte dei pelati per non far sapere quali usasse.

Una Pizza Napoletana è aperto giovedì, venerdì e sabato: offre centocinquanta pizze, non una di più, finite quelle non c’è più la possibilità di sedersi a un tavolo. Anthony, con due collaboratori nei giorni di apertura, lavora ininterrottamente dalle otto e mezza del mattino alle undici di sera: «Gli affari vanno molto bene» racconta con orgoglio.

Ma Anthony Mangieri mangia solo la sua pizza? Certo che no, ecco allora, a uso e consumo dei viaggiatori a New York, i suoi consigli: «Le mie pizzerie preferite sono L&B Spumoni Gardens a Brooklyn, Mama’s Too! che si trova nel West Village oppure nell’Upper West Side, infine Joe & Pat’s  sulla First Avenue».

Questo articolo fa parte di “A Spicchi”, il progetto di  Petra Molino Quaglia. Qui il link per l’iscrizione alla newsletter mensile, da condividere con gli appassionati della pizza.

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