Luogo di nascita della rivoluzione industriale, un tempo colosso imperiale alimentato a carbone, il Regno Unito si sta preparando a un cambiamento epocale sotto la guida del nuovo governo laburista. L’obiettivo dichiarato? Diventare una «superpotenza energetica pulita» entro il 2030.
Il Labour ha fatto grandi promesse sul clima durante la campagna elettorale. E ora, archiviata la clamorosa vittoria alle elezioni del 4 luglio, Keir Starmer sembra voler mantenere la parola data. Il programma del nuovo primo ministro, letto mercoledì 17 luglio da Re Carlo III durante il King’s Speech, conteneva ben nove proposte sull’ambiente: un argomento (sulla carta) ben coniugato con le esigenze occupazionali dei cittadini.
I temi “verdi”, quindi, sono oggettivamente al centro delle priorità del nuovo inquilino di Downing Street. Il programma di Starmer prevede una serie di cambiamenti strutturali significativi e investimenti mirati nelle infrastrutture, con l’obiettivo di garantire che tutta l’elettricità del Paese sia generata nel Regno Unito, mantenendo al contempo l’obiettivo di raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050.
Al centro della visione del Labour c’è una rapida transizione dai combustibili fossili. Il manifesto elettorale prometteva infatti «elettricità a zero emissioni di carbonio entro il 2030». Fortunatamente, il carbone, una volta fonte primaria di energia per tutto il Paese, è stato quasi completamente eliminato dalla generazione di elettricità, con l’ultima centrale elettrica a carbone che dovrebbe chiudere a settembre. Secondo un’analisi di Carbon brief, questa fonte fossile è passata dal fornire il quaranta per cento dell’elettricità del Regno Unito nel 2012 al “quasi zero” di oggi.
Anche l’estrazione di petrolio nel mare del Nord è costantemente diminuita negli ultimi vent’anni, nonostante le accelerazioni pilotate dall’ex primo ministro conservatore Rishi Sunak. Tuttavia, il tema delle licenze per il petrolio e il gas rimane una questione tanto politica quanto ambientale e climatica.
L’anno scorso Sunak, aveva affermato che il Regno Unito avrebbe dovuto «massimizzare» l’estrazione di petrolio del mare del Nord, mettendo in atto un sistema per rilasciare nuove licenze, che provocò addirittura le dimissioni del suo ministro dell’Energia. Starmer, dal canto suo, ha dichiarato che rispetterà le licenze esistenti ma che si asterrà dal rilasciarne di nuove. Questo, per quanto sotto certi aspetti limitato, è già un passo avanti fondamentale nella transizione verde del Regno Unito.
L’impegno del Labour è sì rivoluzionario, ma deve essere accompagnato da un chiaro piano a lungo termine per aiutare i lavoratori del settore petrolifero e del gas a passare all’energia pulita. In questo senso, il nuovo governo ha già inviato un segnale forte, rimuovendo immediatamente il divieto effettivo sull’eolico onshore. Tali misure, secondo Starmer, sono il primo passo per ridurre i costi delle bollette a carico dei cittadini e al tempo stesso sostenere l’indipendenza energetica del Paese.
Mike Childs, responsabile politico di Friends of the Earth, ha dichiarato che la «storica vittoria schiacciante» del Labour alle elezioni potrebbe segnare la fine di «quattordici anni di tentennamenti, ritardi e ritirate che hanno definito il marchio conservatore dell’ambientalismo». I piani del Labour per il clima e la natura, prosegue Childs, «sono molto più forti di quelli del suo predecessore, il Paese è tornato sulla buona strada per raggiungere obiettivi cruciali, ma dobbiamo andare ancora oltre se vogliamo ottenere il risultato sperato».
Anche Frankie Mayo, analista senior presso il centro studi energetico Ember, ha affermato che se il Labour riuscirà a raggiungere i suoi «ambiziosi obiettivi di decarbonizzazione» allora il Regno Unito potrà «ancora una volta essere un leader a livello di diffusione dell’energia pulita». La vera sfida, continua Mayo, «è quella di tradurre gli obiettivi in azioni abbastanza rapide, dopo che diversi anni di segnali politici confusi hanno bloccato i progressi».
Per rendere giustizia ai suoi impegni climatici e ambientali, il Labour creerà una nuova società di proprietà pubblica, la Great British Energy, che mira a garantire che l’energia sia prodotta localmente e che resti “nelle mani” dei cittadini britannici. L’azienda collaborerà con l’industria e i sindacati per promuovere l’uso di tecnologie all’avanguardia nel settore energetico, sostenendo progetti che richiedono ingenti investimenti e favorendo la produzione di energia locale per le comunità di tutto il Paese. Per finanziare questi sforzi, il Labour ha stanziato 8,3 miliardi di sterline da investire nel corso della prossima legislatura.
Secondo il governo, la nuova società non solo creerà posti di lavoro, ma contribuirà anche a sviluppare catene di fornitura in tutte le zone del Regno Unito. Il Labour prevede infatti di aumentare la capacità distribuita attraverso il “Local power plan”, collaborando con aziende energetiche, autorità locali e cooperative per realizzare migliaia di progetti di energia pulita, tra cui impianti eolici onshore, solari e idroelettrici.
Con questa mossa, Starmer punta a mettere il Regno Unito sulla strada giusta per un futuro energetico più sostenibile. Il primo ministro ha infatti più volte dichiarato di voler ristabilire la leadership climatica del Paese e costruire alleanze globali per affrontare il riscaldamento globale.
«Con l’aumento dell’incertezza politica negli Stati Uniti e nell’Unione europea, Keir Starmer deve dimostrare che la Gran Bretagna è tornata ed è pronta a guidare la lotta globale contro il cambiamento climatico», ha dichiarato Harry Camilleri, ricercatore di geopolitica presso il centro studi sul cambiamento climatico E3G. Camilleri ha inoltre aggiunto che «nei suoi primi cento giorni, il nuovo governo potrà sostenere le riforme del sistema finanziario globale, costruire un’ampia alleanza per l’energia pulita e gettare le basi per un ambizioso piano di transizione climatica mondiale».
Il successo della visione del Labour dipende da azioni rapide e decise, da come navigherà tra le sfide normative, da come manterrà la fiducia dei cittadini in un contesto globale incerto e dalla disponibilità economica limitata. Senza i finanziamenti necessari, infatti, molte delle iniziative pianificate da Starmer rischiano di rimanere solo sulla carta.
In questo senso, per stabilire se il Labour riuscirà effettivamente a realizzare le sue promesse elettorali, il prossimo bilancio autunnale rappresenta un momento cruciale. Fortunatamente, la cancelliera dello Scacchiere Rachel Reeves ha l’opportunità di affermarsi come «cancelliera verde» del Regno Unito: avrà a disposizione un settore privato di livello mondiale che vede nella crescita green del Paese «l’opportunità economica del ventunesimo secolo».
Recenti rapporti, inclusa l’analisi della Confederation of british industry (Cbi), hanno evidenziato che l’economia verde del Paese è cresciuta del nove per cento nel 2023, supportando centinaia di migliaia di posti di lavoro di alta qualità. Questo sottolinea chiaramente il potenziale economico della transizione verso un futuro a emissioni nette zero. Il mondo osserva mentre il Regno Unito intraprende un cammino che potrebbe ridefinire non solo il suo futuro, ma anche gli sforzi globali nel contrastare la crisi climatica e plasmare un domani sostenibile.