Nonostante il Regno Unito abbia vissuto cinque anni consecutivi di condizioni meteorologiche estreme, caratterizzate da temperature record (a Londra un anno fa sono stati registrati più di quaranta gradi) e inondazioni, la crisi climatica è un problema che i leader dei vari partiti hanno deciso di mettere in secondo piano durante le loro campagne elettorali. Sia il primo ministro in carica, Rishi Sunak, sia il leader dell’opposizione laburista, Keir Starmer, hanno solo accennato di sfuggita al problema durante queste settimane di incontri e dibattiti, concentrandosi invece su temi come il costo della vita, l’assistenza sanitaria e l’immigrazione.
Sunak e Starmer hanno risposto alle principali preoccupazioni degli elettori. Secondo un recente sondaggio YouGov, infatti, la crisi del costo della vita è in cima alla lista delle preoccupazioni per il quarantacinque per cento dei cittadini britannici. Seguono lo stato del servizio sanitario nazionale, la situazione economica generale e l’immigrazione illegale. Tutte tematiche che hanno trovato ampio respiro durante gli eventi della campagna elettorale, dalla quale però è stato omesso il discorso della crisi climatica, nonostante l’ambiente e la sostenibilità, secondo lo stesso sondaggio, siano la quinta questione più importante per gli elettori.
Con l’eccezione di Reform Uk di Nigel Farage, noto per il suo scetticismo sul clima, tutti i principali partiti politici continuano – a parole – a sostenere l’obiettivo della neutralità carbonica. C’è infatti un ampio consenso in parlamento sulla necessità di ridurre le emissioni di gas erra, ampliare le fonti di energia rinnovabile e diminuire l’inquinamento dell’aria. Tuttavia, le strategie proposte per raggiungere questi obiettivi differiscono significativamente tra i conservatori e laburisti: i primi si concentrano sui costi, mentre i secondi enfatizzano i benefici. È lo stesso film visto nell’Unione europea in vista delle elezioni da poco terminate.
Il programma ambientale del partito conservatore
Nel suo manifesto, il partito conservatore afferma che manterrà l’obiettivo di ridurre le emissioni nette del Regno Unito entro il 2050, ma sottolinea il desiderio del primo ministro Sunak di farlo senza costi aggiuntivi per le famiglie, in quella che definisce una transizione «accessibile e pragmatica» senza «oneri verdi».
Fin dall’inizio del suo mandato, Sunak ha intrapreso un percorso che molti vedono come un passo indietro rispetto alla leadership climatica del Regno Unito. Facendo leva sull’impatto economico della transizione ecologica, il premier ha annunciato nei mesi scorsi un ridimensionamento degli obiettivi ambientali e climatici del Paese. Tra i cambiamenti proposti, il rinvio del divieto di vendita di nuove auto a benzina e diesel dal 2030 al 2035 e un allentamento dell’obiettivo di eliminare gradualmente le caldaie a gas e petrolio entro il 2035.
Sebbene Sunak abbia insistito sull’approccio «pragmatico, proporzionato e realistico» delle sue politiche per raggiungere il “net-zero” entro il 2050, la maggior parte degli analisti politici ha interpretato queste mosse come un tentativo di greenwashing politico, con l’obiettivo di attrarre elettori preoccupati per i potenziali costi delle azioni climatiche in vista della chiamata alle urne.
Inoltre, prendendo come scusa la crisi energetica causata dall’invasione della Russia in Ucraina, il governo conservatore ha proposto una politica per «massimizzare» la produzione di petrolio e gas, concedendo, lo scorso luglio, centinaia di nuove licenze per le trivellazioni nel mare del Nord. Un obiettivo che ha mantenuto nel suo manifesto elettorale, continuando a sostenere l’industria del petrolio e del gas come parte del tentativo di rendere il Paese più indipendente dal punto di vista energetico.
Il programma ambientale del partito laburista
Al contrario, il partito laburista ha confermato che non rilascerà nuove licenze per le trivellazioni qualora dovesse entrare a Downing Street. È deludente, tuttavia, il fatto che il Labour non si sia impegnato a revocare quelle rilasciate durante la legislatura di Sunak che, se sfruttate, danneggeranno i preziosi ecosistemi marini e perpetueranno la dipendenza del Regno Unito da gas e petrolio.
Durante la presentazione del suo programma elettorale, il leader laburista Keir Starmer ha affermato che «la crescita è il nostro core business», confermando i piani per rendere il Regno Unito una «superpotenza dell’energia sostenibile». Proponendosi come candidato del cambiamento, Starmer sta attribuendo una discreta importanza alla transizione verde, promettendo di rilanciare l’economia del Regno Unito, accelerare gli sforzi di decarbonizzazione e «fermare il caos» che ha travolto il Paese durante i quattordici anni di governo conservatore.
Il manifesto del partito d’opposizione introduce un «piano di prosperità verde» che mira a creare seicentocinquantamila posti di lavoro nel settore delle energie rinnovabili, ridurre i prezzi delle bollette e garantire l’indipendenza energetica del Paese. Parte integrante del piano è la creazione di Great British Energy, una società energetica pubblica con un budget di 8,3 miliardi di sterline, finanziata in parte dalla fine degli incentivi fiscali per le compagnie petrolifere.
Il punto di vista degli ambientalisti e degli accademici
Commentando l’impegno climatico dei due principali partiti britannici, la responsabile politica di Greenpeace, Rebecca Newsom, ha dichiarato: «Nonostante alcune lacune importanti sulla natura, il partito laburista riconosce chiaramente l’enorme opportunità rappresentata dall’economia sostenibile e dai lavori nel settore green. E, a differenza dei Tory, il Labour metterà fine al petrolio e al gas che danneggiano il clima e darà una spinta alle energie rinnovabili, garantendo una vera sicurezza energetica per il Paese e bollette più basse».
Sia Sunak, sia Starmer sanno bene quanto l’ambiente sia una priorità per molti elettori, soprattutto di giovane età, e nessuno dei due vuole rischiare di perdere questi voti. Tuttavia, con l’economia del Paese in serie difficoltà, entrambi i leader appaiono riluttanti a fare promesse di spesa senza copertura finanziaria, comprese quelle per le iniziative verdi.
È evidente, però, che la crisi climatica sia una delle poche questioni elettorali in cui Tory e Labour vedono un’opportunità per differenziarsi politicamente. I laburisti si mostrano più ottimisti, sottolineando le opportunità che gli investimenti nelle industrie verdi potrebbero portare al Regno Unito. Al contrario, i conservatori adottano un approccio più prudente, avvertendo sui costi e sui rischi di muoversi troppo rapidamente.
Questa crescente distanza tra conservatori e laburisti sta generando profonda preoccupazione tra ambientalisti ed esperti del settore: quella che ora sembra essere una questione di enfasi retorica potrebbe trasformarsi in divisioni politiche significative.
A dimostrazione della preoccupazione degli esperti, più di quattrocento scienziati hanno firmato una lettera indirizzata ai leader dei partiti principali, esortandoli ad adottare politiche ambiziose per preparare il Paese alle turbolenze climatiche imminenti e a rispettare gli obblighi internazionali di affrontare le cause principali della crisi climatica.
Secondo gli esponenti della comunità scientifica, la negligenza del Regno Unito avrà un impatto anche sul resto del mondo. Per questo, gli esperti hanno elencano cinque misure fondamentali che dovrebbero essere al centro del programma del prossimo governo: una strategia credibile per raggiungere il net-zero delle emissioni entro il 2050; azioni più rapide per adattare il Regno Unito al cambiamento climatico; leadership internazionale nella transizione dai combustibili fossili; aumento dei finanziamenti climatici per i Paesi in via di sviluppo; rispetto delle raccomandazioni del Comitato sui cambiamenti climatici riguardo ai giacimenti di petrolio e gas nel mare del Nord.
In un messaggio diretto a Sunak e Starmer, Bob Ward, firmatario della lettera e direttore delle politiche e delle comunicazioni presso il Grantham research institute on climate change and the environment della London school of economics, ha dichiarato: «È deludente e sorprendente che finora le questioni climatiche non abbiano avuto un ruolo più prominente in campagna elettorale. Sembra che i principali partiti politici non siano riusciti a capire quanto gli elettori britannici saranno colpiti da questo problema nei prossimi cinque anni».
Come spesso accade, la sensibilità ecologica dei cittadini è superiore rispetto a quella della classe politica. Secondo un sondaggio di YouGov, due terzi degli elettori affermano di essere preoccupati per il cambiamento climatico, e quasi altrettanti sostengono che il governo non stia facendo abbastanza per fronteggiare questo problema così pervasivo.
Secondo Rebecca Willis, professoressa di Governance dell’energia e del clima alla Lancaster University, i politici di tutti i partiti si stanno muovendo senza senso d’urgenza: «La nostra ricerca mostra che i parlamentari sottovalutano costantemente il sostegno dei cittadini alle politiche climatiche audaci. È uno stallo silenzioso, che danneggia il clima e abbassa la fiducia nella politica».
La “finestra” di opportunità per contenere gli effetti peggiori della crisi climatica è sempre più ristretta. Per questo, l’approccio del prossimo governo sarà fondamentale per mettere il Regno Unito sulla buona strada per ridurre le emissioni a breve termine: solo così, secondo la comunità scientifica, potremo rispettare gli accordi di Parigi sull’aumento della temperatura media globale rispetto ai livelli preindustriali (non superare i +2°C e, possibilmente, restare entro i +1,5°C).
Se il Partito laburista, che al momento ha un vantaggio di oltre venti punti percentuali sui conservatori, entrerà effettivamente a Downing Street, dovrà presentare un piano climatico esaustivo, non solo nel lungo periodo. Questa strategia non dovrà solo essere conforme alla legge: è necessario alzare il livello dell’ambizione e rispondere alle esigenze – anche economiche – dei cittadini, nella consapevolezza che il costo dell’inazione supera quello dell’azione climatica.
«La retorica dei laburisti sull’emergenza climatica è forte, ma devono sostenerla con piani e impegni concreti», ha commentato Mike Childs, responsabile del settore scientifico, politico e di ricerca di Friends of the Earth. «Parole al vento riguardo al modo di affrontare un pianeta che si sta surriscaldando non bastano. Abbiamo bisogno di azioni urgenti e immediate», ha aggiunto.