Tra realtà e immaginarioL’invisibile mito di Sibilla negli scatti di Sofia Gastaldo

La fotografa e filmmaker padovana classe 2003 ci conduce per mano nei Monti Sibillini, tra credenze popolari, magia e luoghi sacri della memoria collettiva

ph. Sofia Gastaldo

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I Monti Sibillini sono ricchi di narrazioni e simbolismi legati alla figura della Sibilla Appenninica, detta anche Sibilla Picena o Sibilla di Norcia. Profetessa amica del popolo, madonna, divinità pagana, personificazione del male: una figura sintesi del luogo cui appartiene e della sua ambiguità. Da sempre la collettività si rivolge alla Sibilla quando non riesce a trovare spiegazioni a questioni esistenziali e religiose complesse. 

Il territorio dell’Appennino umbro-marchigiano è storicamente interessato dal mito di tale figura, che si lega fortemente alla storia degli abitanti della zona, riaffiorando nella quotidianità sotto diversi aspetti: ricreativi, letterari e produttivi. 

ph. Sofia Gastaldo

In ogni storia a lei legata risiede l’origine di credenze che generano abitudini e rituali, presenti in numerose fonti orali. Da queste stesse fonti nasce l’omonimo progetto fotografico Sibyllae di Sofia Gastaldo, nella zona tra Amandola e Arquata del Tronto, nota per le storie narrate da Barberino, Antoine de la Sale e Joyce Lussu. 

Il racconto mantiene, dunque, una linea contigua con i tempi, con le condizioni sociali e soprattutto con le proprie necessità. Nel corso delle generazioni si dimentica e si perde però la sua funzione originaria. Sofia – con il suo progetto – cerca di analizzare e studiare la memoria collettiva, figlia di tanta tradizione e risultato di influssi culturali mantenuti vivi grazie all’industrializzazione tardiva e alla sovrascrittura di tradizioni e leggende. 

ph. Sofia Gastaldo

Una ricerca che tenta di capire il senso della vita, la morte e la rinascita, il destino del nostro cammino sulla terra. Questo racconto è quindi un viaggio visivo tra realtà e immaginario, tra mito e magia, tra “dentro” e “fuori” l’essere umano. 

«Ho conosciuto un luogo in cui l’immaginario è complesso e arricchito da narrazioni che continuano a rinnovarsi, evolversi e quindi dotarsi di senso. Nella complessità il tabù è dato dal fatto che ci sono collegamenti simbolici di cui non si fa fruizione, cioè narrazioni che non si affrontano». Nel caso di Sofia la ricerca si basa sulla percezione di un fenomeno culturale, sul voler capire cosa viene percepito più di cosa esiste in maniera oggettiva. 

«Nella percezione, le strade si sono aperte al confronto». Le testimonianze raccolte sono narrazioni legate a un singolare modo di percepire il “mito”. La Sibilla in particolare sa che la narrazione vive ed è consapevole della propria pluridimensionalità. Gli scatti intensi e sinceri della fotografa sono un invito alla riflessione verso una più profonda interazione con se stessi e l’ambiente circostante.

ph. Sofia Gastaldo

Un antidoto alle difficoltà, ai conflitti interpersonali, attraverso la percezione e la sperimentazione della dimensione invisibile che va oltre il quotidiano. Un tentativo, dunque, a non fermarsi davanti all’apparenza dell’oggetto. 

Lo sguardo della nostra giovanissima artista è sociologico, si rapporta con l’ambiente e interpreta la realtà partendo da un punto chiave cruciale: l’ascolto. La sua principale fonte d’ispirazione è quel filo sottile che sigilla fotografia e immaginario e che ricorda alcuni lavori della fotografa documentaria statunitense Dorothea Lange o pittore, del fotografo e designer americano Ben Shahn. Sembra quasi che ogni immagine di Sibyllae prenda voce e sussurri a chi la osserva: “Questa cosa esiste, parallelamente a qualsiasi tipo di assunto razionale”.

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