Il polverone delle recenti elezioni europee ancora non si è del tutto depositato che ecco Bruxelles prepararsi al nuovo ciclo legislativo del prossimo quinquennio. Al centro del dibattito sulla direzione strategica dell’Europa c’è il contrasto apparente tra l’interesse alla decarbonizzazione delle industrie e l’interesse a evitare la deindustrializzazione dell’Europa. La prossima fase del Green Deal europeo, che prevede la gestione industriale del carbonio, s’incentra sulla promozione di soluzioni climatiche efficienti in termini di costo.
Tecnologie come la cattura e lo stoccaggio del carbonio (Ccs, Carbon Capture and Storage) e la cattura e l’utilizzo del carbonio (Ccu, Carbon Capture and Utilisation) potenzialmente consentono la riduzione delle emissioni su larga scala e la rimozione dell’anidride carbonica (Cdr, Carbon Dioxide Removal); tali tecnologie sono essenziali per la decarbonizzazione di alcuni settori ad alte emissioni come quelli del cemento e della termovalorizzazione, e sono opzioni importanti anche per settori quali idrogeno, prodotti chimici e produzione dell’acciaio.
In Europa la gestione industriale del carbonio s’impernia sulla possibilità di costruire infrastrutture per la CO2. Dai gasdotti alle navi alla costruzione di impianti di cattura e siti di stoccaggio, inizia a prender forma la rete europea di CO2, grazie alle decisioni finali di investimento adottate lo scorso anno dai primi progetti di larga scala. Nell’ottobre 2023 nei Paesi Bassi il progetto Porthos ha definito la propria decisione finale di investimento e nel 2026, quando sarà operativo, diverrà il primo progetto di stoccaggio della CO2 su scala commerciale nell’Unione Europea (Ue), dopo Northern Lights, il primo progetto europeo di Ccs a catena intera.
In risposta alla necessità di una gestione industriale del carbonio a livello dell’intera Unione, nel 2024 l’Europa ha registrato importanti evoluzioni in termini di policy e di legislazione. In febbraio la comunicazione della Commissione Europea sulla “Strategia di gestione industriale del carbonio” (Icms, Industrial Carbon Management Strategy) ha dato la prima visione di un quadro di policy per la diffusione delle tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio e di utilizzo del carbonio nell’Ue.
La strategia sottolinea la necessità di accelerare la diffusione dei progetti Ccs e Ccu nell’Ue per conseguire gli obiettivi climatici del 2040 e 2050. Gli obiettivi prevedono l’aumento della capacità di iniezione di CO2 nello Spazio economico europeo dai cinquanta milioni di tonnellate da raggiungersi nel 2030 fino ad almeno duecentocinquanta milioni di tonnellate l’anno entro il 2040.
Inoltre, il Net Zero Industry Act (Nzia, la nuova normativa sull’industria a zero emissioni nette) fissa per l’UE l’obiettivo legalmente vincolante di 50 milioni di tonnellate di capacità di stoccaggio di CO2 entro il 2030, oltre a una serie di altre misure legislative d’importanza fondamentale.
Il presente articolo illustra i tre principali modi in cui l’UE affronta lo sviluppo della gestione industriale del carbonio e i passi da compiere per assicurare il raggiungimento degli obiettivi.
Avanzamento dell’Infrastruttura di stoccaggio della CO2
Per conseguire gli obiettivi relativi alla capacità di stoccaggio di CO2 servirà aumentare in modo sostanziale l’impegno per la valutazione e lo sviluppo del grande potenziale europeo di stoccaggio. Un rapporto redatto nel 2023 dalla Clean Air Task Force (Catf) ha rilevato che quasi tutti i paesi europei hanno una geologia idonea alla creazione di siti nazionali per lo stoccaggio della CO2; sfruttare tale potenziale e sviluppare siti di stoccaggio commerciali richiederà tuttavia tempo, impegno e risorse importanti nel corso dei prossimi anni.
Si susseguono gli annunci di progetti di stoccaggio, come emerge anche dai dati del Catf, ma le attività in tal senso si concentrano prevalentemente nel Mare del Nord, situazione che evidenzia la necessità di sviluppare risorse di stoccaggio anche in altre regioni. La stima di costo del Catf per la cattura e lo stoccaggio del carbonio sottolinea come questa diversificazione sia essenziale per ridurre i costi della cattura e dello stoccaggio del carbonio e per assicurare il fair play della decarbonizzazione industriale, in tutta l’Ue.
L’Icms mira a correggere l’attuale squilibrio preparando delle linee guida per i processi di autorizzazione allo stoccaggio, esortando gli stati membri ad attuare sistemi di autorizzazione trasparenti entro il 2025 e sostenendo “progetti strategici a zero emissioni nette” per la cattura e lo stoccaggio del carbonio.
Prevede inoltre la creazione di un nuovo atlante degli investimenti per i potenziali siti di stoccaggio della CO2, perché costituisca per gli sviluppatori di progetti e per gli stati membri una guida chiara che li aiuti nel soddisfacimento delle loro esigenze di stoccaggio. La strategia incoraggia gli stati membri a contribuire all’iniziativa fornendo dati geologici e soprattutto raccogliendone di nuovi secondo necessità.
L’obbligo relativo alla capacità di iniezione che lo Nzia impone ai produttori oil & e gas dell’Ue, chiedendo loro di contribuire all’obiettivo di stoccaggio del 2030 pro rata secondo la quantità da loro prodotta nell’Ue nel periodo 2020-2023, dovrebbe accelerare lo sviluppo dello stoccaggio nell’Ue.
Per quanto si stimoli lo stoccaggio con azioni di livello europeo, ancora non vi è trasparenza né una terminologia coerente per le stime di capacità dei progetti di stoccaggio della CO2 nell’Ue, soprattutto nelle regioni sulle quali i dati pubblici sono limitati. Bisogna dare maggiore sostegno alle indagini geologiche degli stati membri per l’individuazione di siti di stoccaggio di CO2 investibili nei prossimi anni e decenni.
Abilitare una rete europea per il trasporto della CO2
Lo stoccaggio dei predetti volumi di CO2 impone che si costruisca una rete per il trasporto della CO2 di respiro europeo. I dati del Joint Research Centre (JRC) della Commissione indicano che questa rete, essenziale per collegare le fonti di CO2 con i siti di stoccaggio, dovrebbe raggiungere un’estensione di 7.300 km entro il 2030 e di 19.000 km entro il 2040.
Le condutture sono considerate l’opzione più economica sul lungo termine, e la strategia prevede anche alternative sul breve termine come il trasporto della CO2 via mare, su rotaia e su gomma. Una tale infrastruttura di trasporto necessita investimenti considerevoli stimati in tre miliardi di euro per la capacità di stoccaggio della CO2 e tra i 12,2 e i sedici miliardi di euro per la rete di trasporto, e il tutto entro il 2040.
È importante notare che, proprio come dimostrato dal CATF, lo studio del JRC sottolinea anche che “si potrebbero ridurre i costi di investimento sviluppando capacità di stoccaggio in aree in cui la capacità identificata è insufficiente (p.e. in Europa meridionale e orientale), per evitare il trasporto su lunghe distanze della CO2 catturata, per esempio verso la regione del Mare del Nord”.
Per questi investimenti si potrebbe ricorrere a meccanismi di finanziamento come l’Ipcei (Important Projects of Common European Interest, dedicato agli importanti progetti comuni di interesse europeo), i cui consistenti contributi renderebbero possibile lo sviluppo di infrastrutture transfrontaliere critiche. Insieme ad altri 29 stakeholder industriali e civili europei di primo piano, la Zero Emissions Platform sollecita il prossimo ciclo dell’Ipcei a includere anche le infrastrutture per la CO2.
Per stimolare gli investimenti privati e perché gli sviluppatori possano lavorare a progetti finanziati sono essenziali anche la chiarezza e la certezza delle normative. L’Icms prevede che la prossima Commissione europea sviluppi un quadro normativo per il trasporto della CO2, quadro che dovrà affrontare in modo adeguato questioni quali l’accesso di terze parti, le tariffe e la proprietà delle infrastrutture lungo tutta la catena del valore: sarà fondamentale per attrarre investimenti sufficienti.
Politiche abilitanti per la bancabilità della gestione industriale del carbonio
Per attrarre investimenti per la Ccs e la Ccu è essenziale vi siano policy e normative chiare. Per lungo tempo il sistema europeo di scambio delle quote di emissione di gas a effetto serra (Eu Ets, European Union Emissions Trading System) è stato in Europa il principale se non l’unico incentivo economico per la bancabilità dei progetti. Gli investimenti nella cattura e stoccaggio e nella cattura e utilizzo del carbonio sono ad alta intensità di capitale e pertanto necessitano di prezzi del carbonio stabili e alti, spesso persino superiori ai livelli record raggiunti dall’Ets (100 euro/tonnellata nel febbraio 2023). P
er quanto si preveda che, infine, il prezzo del carbonio dell’Eu Ets aumenterà in modo sufficiente a trainare la decarbonizzazione industriale, molti governi scelgono ora di attuare policy che creino ulteriori incentivi per colmare il consueto divario dei costi con un prezzo garantito, aiutando così le industrie ad anticipare la riduzione delle emissioni.
Data la fluttuazione del prezzo del carbonio dell’Eu Ets, per attirare investimenti nei progetti sono essenziali la certezza e la prevedibilità delle policy, perché si tratta di investimenti dall’orizzonte temporale di gran lunga superiore ai dieci anni.
Inoltre, l’aumento delle entrate dalle aste dell’Ets che conseguirebbe all’atteso aumento del prezzo delle quote e alla riduzione delle quote gratuite contribuirebbe alla decarbonizzazione delle emissioni difficili da abbattere, anche tramite Ccs.
Uno strumento di policy emergente sono i “contratti di carbonio per differenza” (Ccfd, Carbon Contracts for Difference), adottati da diversi stati membri dell’Ue, tra cui Paesi Bassi, Danimarca, Francia e Germania, e anche dal Regno Unito.
I Ccfd sono sempre più diffusi e potrebbero essere cruciali per assicurare la bancabilità degli investimenti in infrastrutture per la CO2 e per moderare gli oneri a carico dei contribuenti, ma probabilmente serviranno anche altre policy, in particolare per incentivare l’adozione di prodotti e servizi a basse emissioni.
Nel prossimo futuro l’UE registrerà la prima ondata di progetti industriali di Ccs e Ccu e pertanto i produttori si adoperano a generare la relativa domanda promuovendo i propri prodotti premium a basso contenuto di carbonio.
È il caso, per esempio, della Heidelberg Materials, che pubblicizza evoZero, un cemento a bilancio zero di CO2 sviluppato con tecnologie di cattura del carbonio (net-zero carbon capture). La società lo produrrà a partire dal 2025 nell’ambito del suo progetto di Breivik Ccs in Norvegia. Di recente alcuni stati membri, tra cui la Germania, hanno avviato azioni volte a stimolare la crescita dei mercati guida verdi per i prodotti industriali a basse emissioni, ma ancora mancano misure normative e di policy per creare questo mercato al livello dell’Ue, lacuna che spetterà alla prossima legislatura europea colmare.
I prossimi passi
Mentre decisori politici e legislatori si preparano alle prossime fasi della politica energetica, climatica e industriale dell’Ue, è evidente che a Bruxelles il dibattito si concentrerà sulla gestione industriale del carbonio. Sono stati fissati obiettivi ambiziosi, e ora spetta ai decisori politici fornire gli strumenti necessari a raggiungerli e a che l’industria possa avanzare e contribuire in modo significativo a conseguirli.