Da qualche anno il termine Slapp è diventato onnipresente nel dibattito politico europeo. Slapp è l’acronimo di “Strategic Lawsuits Against Public Participation”, ovvero cause intentate da potenti contro giornalisti o attivisti, solitamente per diffamazione, non per vedersi riconosciuto un torto, ma per zittire le voci critiche. In breve, politici, imprenditori e altre figure pubbliche chiedono risarcimenti esorbitanti e, nel caso di giornali, rettifiche alle informazioni diffuse, puntando così a dissuadere gli accusati – ma anche i loro colleghi – dall’impicciarsi dei loro affari.
Le Slapp giocano un ruolo chiave nell’erodere la libertà di stampa. Impedendo a cittadine e cittadini di ricevere informazioni sulla condotta di chi li governa e di chi occupa posizioni di potere, le Slapp portano così a un impoverimento del dibattito pubblico e rischiano di far scattare il cosiddetto chilling effect sull’opinione pubblica, portando sempre meno media a trattare di temi considerati ’pericolosi’.
Caratteristica centrale delle Slapp è lo squilibrio di potere tra accusatore e accusato, che anche in caso di assoluzione si trova a dover impiegare ingenti risorse (tempo, soldi ed energia mentale) per difendersi da accuse il più delle volte infondate. In Italia sono stati classificati come esempi di Slapp la querela della presidente del Consiglio Giorgia Meloni contro lo scrittore Roberto Saviano e quella del ministro della Difesa Guido Crosetto contro il giornale Domani.
Il fenomeno delle Slapp è venuto alla ribalta soprattutto dopo l’omicidio della giornalista investigative maltese Daphne Caruana Galizia nel 2017. All’epoca dell’omicidio, su Caruana Galizia pendevano quarantatré Slapp, aperte nei suoi confronti da politici e magnati maltesi.
Malta è in effetti tra i paesi dove le Slapp sono più diffuse in proporzione alla popolazione. Ma i numeri sono in crescita in tutto il continente. La Coalizione contro le Slapp in Europa Coalition Against Slapps in Europe (Case, nell’acronimo inglese) ha registrato un picco nelle Slapp dopo il 2016. Nel suo ultimo report ha identificato alcuni paesi Ue come particolarmente toccati dal fenomeno: oltre a Malta, sono Slovenia, Lussemburgo, Irlanda, Polonia e Croazia.
Come ricostruito da un report pubblicato dalle associazioni di categoria il mese scorso, proprio la Croazia rappresenta un caso particolare. Uno degli aspetti più inquietanti del caso croato è il fatto che spesso le Slapp sono intentate direttamente da giudici, ovvero dagli stessi soggetti che dovrebbero in teoria vigilare che questo tipo di cause per diffamazione non siano abusate per secondi fini.
Il report osserva l’esistenza di alcuni soggetti che ricorrono alle Slapp con estrema frequenza, quasi un’ossessione. Tra 2016 e 2023 Milijan Brkic detto ’Vaso’, vice-presidente sia del partito di governo Hdz che del parlamento croato, ha intentato diciotto Slapp. Tomislav Tolusic, suo collega di partito ed ex ministro dell’Agricoltura, ne ha intentate dieci, sempre nello stesso periodo. Ma in Croazia le Slapp non piacciono solo ai politici: Željka Markić, leader del movimento antiabortista Nel nome della famiglia (U ime obitelji, in croato), ne ha lanciate otto.
Come nota lo studio, uno dei problemi più urgenti nel contrasto alle Slapp è l’assenza di una definizione giuridica consolidata, in Croazia e non solo. Esistono delle definizioni operative, per esempio quella della Case o quella del Consiglio d’Europa, che possono fornire linee guida e criteri a giudici interessati a tutelare il diritto d’espressione in questi casi, ma non esiste ancora una definizione legale unanimemente accettata.
Lo scorso aprile l’Unione europea ha approvato una prima “direttiva anti-Slapp”. Seppur accolta come un passo avanti importante nel contrasto al fenomeno, la direttiva è stata ritenuta poco efficace dagli osservatori, in quanto si applica solo alle Slapp ’cross-border’, ovvero quelle dove accusato e accusatore non appartengono allo stesso paese. Secondo i dati della Case, meno del dieci per cento dei casi di Slapp registrati tra 2010 e 2022 rientrava in questa categoria.
Le istituzioni Ue non sono le uniche però che stanno intervenendo per arginare il pericolo rappresentato dalle Slapp. In Polonia, dove negli otto anni di governo del PiS, il numero di Slapp aveva toccato cifre record, la società civile si è mobilitata con forza per sensibilizzare l’opinione pubblica e chiedere norme a tutela del dibattito pubblico.
Il nuovo governo, eletto lo scorso anno e guidato dall’europeista Donald Tusk, ha quindi presto coinvolto i media indipendenti e gli attivisti in un dibattito su come applicare la direttiva anti-Slapp nel modo più inclusivo possibile. Addirittura, la grande conferenza sulle Slapp organizzata nella sede del giornale indipendente Gazeta Wyborcza lo scorso aprile a Varsavia è stata chiusa da un intervento del ministro della giustizia Adam Bodnar, già commissario per i diritti umani in Polonia tra 2015 e 2021.
Come hanno scritto le avvocatesse Dominika Bychawska-Siniarska e Zuzanna Nowicka in un recente pezzo d’opinione significativamente intitolato From Zero to Hero, «ora che Polonia che si appresta ad assumere la presidenza dell’Ue [nel primo semestre del 2025, ndr], l’effettiva attuazione delle leggi anti-Slapp potrebbe trasformare il paese in un modello di progresso dopo anni di utilizzo vergognoso di questi procedimenti abusivi per reprimere la libertà di espressione delle voci critiche verso l’operato del governo. (..) la Polonia ha l’opportunità di diventare l’avanguardia in Europa centrale in questo ambito».