In Austria il partito dell’Fpö (Freiheitliche partei Österreichs, il partito della Libertà d’Austria), nasce nel 1956, undici anni dopo la caduta del nazismo. In principio, il movimento si proponeva di rieducare politicamente i nazionalsocialisti e di indirizzarli verso i principi del liberalismo, ed era noto con il nome di «Associazione degli Indipendenti» (Verband der Unabhängigen). Facevano parte di questa associazione i cittadini austriaci che non si riconoscevano né nel campo cristianodemocratico né in quello socialdemocratico. A partire dalla fine degli anni Ottanta, sotto la guida del leader carismatico Jörg Haider, questo «terzo polo» comincerà lentamente a trasformarsi nel movimento di estrema destra che conosciamo oggi.
Durante le ultime elezioni austriache di questo settembre, l’Fpö ha ricevuto consensi per un totale del ventinove per cento dei voti, e le sue caratteristiche principali si possono riassumere in: anti-immigrazione, sicurezza, euroscetticismo e prevalenza della sovranità nazionale. Tutti elementi che il leader ed ex ministro dell’Interno Herbert Kickl incarna piuttosto bene. Kickl si definisce il «cancelliere del popolo», lo stesso appellativo utilizzato da Hitler, e si è da sempre contraddistinto per le sue posizioni dure nei confronti dell’immigrazione, suggerendo la creazione di centri di detenzione per i richiedenti asilo. La parola usata in questo senso è «remigrazione», un presa di posizione che porterebbe i richiedenti asilo a ritornare nel loro Paese d’origine.
I consensi non sono stati tali da formare un nuovo governo austriaco a stampo di estrema destra, e per Fpö sarà necessario formare una coalizione con altri partiti per poter governare, ma per la prima volta in Austria è stato eletto come presidente del Parlamento Walter Rosenkranz, un esponente dell’estrema destra, che ha ottenuto la seconda carica più importante nel Paese dopo quella del presidente.
Il dato elettorale dell’Fpö è comunque molto significativo: i consensi sono quasi duplicati rispetto alle precedenti elezioni nel Paese. Considerando la situazione austriaca, occorre fare un paragone con un altro vicino Paese europeo dove l’estrema destra sta sempre più affermandosi: la Germania. Tuttavia, c’è una caratteristica che distingue l’Fpö dall’Afd (Alternative für Deutschland), il partito di estrema destra tedesco.
«Nel caso dell’Austria, l’altro Paese importante da considerare è la Germania – spiega Antonio Villafranca, vicepresidente per la ricerca dell’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale) –. Una prima differenza è che in Austria il partito di estrema destra è già stato al governo; quindi, non sarebbe qualcosa di sconvolgente e di senza precedenti, mentre Afd non è mai stato al governo: da relativamente pochi anni è entrato con alcuni deputati nel Parlamento e nella Bundestag tedesca. L’Austria è un Paese federale come la Germania, ma ha una situazione diversa rispetto al Paese tedesco, che viene storicamente da un periodo di separazione in due diversi Paesi, cosa che non è successa sul suolo austriaco. In Austria la storia diversa che fa sì che anche il partito di estrema destra abbia avuto delle responsabilità di governo nel passato».
Come accennato sopra, «anche se l’Fpö è già stato al governo, questo non vuol dire che sia visto bene dalle altre forze politiche: nessuno degli altri partiti si è detto disponibile a fare una coalizione di governo con loro». Il fatto che il partito della Libertà austriaco sia accettato all’interno degli altri partiti non significa dunque una totale tolleranza delle idee e dell’identità del movimento estremista.
Il Partito della Libertà austriaco ha preso il doppio dei voti nelle campagne e nelle zone rurali rispetto alla città, segno forse che l’immigrazione fa più paura a chi non ha un contatto diretto con i richiedenti asilo, che vivono per la maggior parte in zone urbane. Ma come spesso accade, l’impennata di consensi per un movimento estremista sottolinea l’insicurezza e il forte malcontento della popolazione.
«Questa impennata dell’Fpö nasce anzitutto da un’economia che non va bene – continua Villafranca –, e anche lì è un riflesso di quello che accade in Germania: i rapporti, anche economici, tra i due Paesi sono strettissimi. La Germania è andata in recessione l’anno scorso e l’Austria l’ha seguita. Inoltre, l’Austria è sempre stata un Paese di grande migrazione, che comprende immigrati di nazionalità rumena e turca, circa il ventisette per cento della popolazione austriaca. Anche in termini di rifugiati l’Austria rientra nei paesi che hanno accolto più persone, comprendendo quelli ucraini. Secondo me, è secondo soltanto alla Polonia in termini di rifugiati ucraini. Questo ha dato il contesto: una situazione economica che non sta andando bene con un’inflazione che sì, si sta abbassando, ma che rimane comunque molto alta, e in più deve far fronte alla necessità di aiutare le persone rifugiate. Questo ovviamente incide su quello che è il reddito disponibile delle persone, e tutto ciò sta aiutando la crescita dell’estrema destra».
La storica vittoria dell’Fpö può rappresentare quindi una minaccia per le minoranze e per la democrazia in generale, perché il partito si impone sulla scena politica in modo efficace e con normalità, facendo proprie le rabbie e i dubbi di una parte della popolazione: dallo scetticismo, alle teorie del complotto dei vaccini, fino alla tenuta dell’Unione Europea.
La stessa comunità turca in Austria teme che, con la vittoria dell’Fpö, l’islamofobia e la circoscrizione delle minoranze possano essere oggetto di discussione, minacciando pesantemente la vita quotidiana dei turchi sul suolo austriaco.
Secondo alcuni immigrati turchi, il successo del partito è in parte dovuto proprio al prendere come oggetto di critica le minoranze presenti in Austria, alla cosiddetta «paura del diverso». È quindi il segno di una mancata integrazione delle minoranze presenti, anche da anni, all’interno del Paese? «In Austria le minoranze si sono integrate – continua Villafranca –, ma comunque a dei livelli non ottimali. E in una situazione economica che peggiora, la gente inizia a percepirsi in una situazione di relativa insicurezza economica. Questo porta a quello che sta accadendo un po’ in tutta Europa: l’estrema destra, tra l’altro copiando le parole di Trump, si impone sulla scena politica con l’“Austria first”, e alcuni cittadini iniziano a votarla, cercando di aggrapparsi ai conservatori, che vogliono appunto conservare la situazione così com’è».
Una tendenza che ormai, alla luce del risultato delle elezioni americane, si sta diffondendo a livello globale e non solo in Europa: l’instabilità e il bisogno di sicurezza portano parti della popolazione a decidere di affidarsi a chi può promettere un futuro migliore, posizioni ferme e anteporre gli interessi nazionali al benessere globale. L’obiettivo dei cittadini diventa quello di riuscire a mantenersi di fronte ai possibili scenari incerti che il futuro propone.
Di conseguenza, la politica in qualche modo si adatta e cerca di intercettare i bisogni degli elettori, dando luogo talvolta a delle piccole trasformazioni, come chiarisce Villafranca, concludendo: «Inevitabilmente in Austria la nuova coalizione di governo dovrà fare dei compromessi. Il fatto è che alcuni partiti di sinistra in Europa, e soprattutto quelli di centro-destra, capiscono di essere costantemente minacciati dai consensi dell’estrema destra, e quindi cercano di spostarsi sempre più spesso verso posizioni più di destra per non farsi scavalcare continuamente. È il caso della Cdu (Christlich Demokratische Union Deutschlands) in Germania che, cercando di intercettare la sua componente bavarese, spinge sempre più verso posizioni forti sull’immigrazione e verso destra».