Una parola riassume il clima che si respira a Mosca: paranoia. Dopo oltre mille giorni dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, la Russia sfrutta la sua macchina propagandistica – che ancora oggi può contare sul sostegno di una schiera di quinte colonne, a libro paga e non, operanti in Occidente – per mostrare ai nemici un’immagine di potenza, di blocco monolitico, sempre più distante dalla realtà.
Gli europei devono credere all’idea di una Russia unita (nomen omen) e a tratti idilliaca, altrimenti smetterebbero di prenderla sul serio. Ma basta dare uno sguardo alle ultime decisioni in politica interna per capire che la corte di Vladimir Putin è altamente preoccupata della tenuta dello stato sui suoi cittadini; una situazione che induce il Cremlino ad adottare delle iniziative che scadono nel grottesco, esemplificative di cosa sia davvero «l’alternativa al modello neoliberale».
La settimana scorsa il ministro degli Interni della Federazione russa, Vladimir Kolokoltsev, ha pubblicato sul portale ufficiale del governo una bozza di decreto presidenziale in materia di riforma della polizia alla quale verrebbero affidati poteri aggiuntivi per «preservare e rafforzare la morale tradizionale e i valori spirituali» dei cittadini russi e degli stranieri presenti sul territorio. In altre parole: Putin intende copiare il modello iraniano per creare la sua personalissima polizia morale. Prima di affrontare la riforma nel dettaglio e le numerose similitudini con le forze della Repubblica islamica (similitudini esplicitamente ricercate dal Cremlino, come vedremo) bisogna prima capire quanto questa proposta sia concreta o se, come tante altre bordate dei russi, si tratti solo dell’ennesimo tentativo di raccontare la Russia come il paese paladino della tradizione.
Un piano simile è stato discusso nel novembre del 2022, solo per restare lettera morta vista la mancata definizione di “valori” che la polizia avrebbe dovuto materialmente monitorare e proteggere; un problema che persiste nella nuova bozza, ma andiamo per gradi. La bozza pubblicata da Kolokoltsev, invece, sarà discussa nelle prossime due settimane prima di deciderne l’approvazione definitiva che, nel caso, avvierebbe un processo di riforma indicato da qui al 2026. Per evitare di ripetere gli stessi errori di due anni fa, il Cremlino ha stilato una lista di “valori tradizionali” che cadrebbero sotto la giurisdizione della polizia e il risultato di questo brain storming riesce nell’obiettivo di rendere ancora più ridicola questa vicenda, già farsesca dal principio.
Per Putin e i suoi, la polizia dovrà occuparsi di: «vita, dignità, diritti umani e libertà, patriottismo, senso civico, garantire che i cittadini servano la patria e si prendano le proprie responsabilità di fronte al proprio destino, agli ideali superiori, all’idea di una famiglia forte e del lavoro creativo, dando priorità allo spirito sulla materia, l’umanesimo, la pietà, la giustizia, il collettivismo, l’assistenza e il rispetto reciproco, la continuità generazionale e l’unità dei popoli della Russia».
Questa lista della spesa, a metà tra un delirio da 4Chan e il libro “Cuore”, non priva di spezzoni esilaranti come i vari richiami alla difesa delle libertà civili (tema portante della Russia di Putin), dovrebbe in qualche modo rendere più definito il quadro di azione. Non solo non ci riesce, ma nella parte successiva del testo attacca con un delirio sulle “forze oscure” che tramano per reprimere questi valori: «certe persone e organizzazioni» si legge nel documento «che intendono imporre un sistema di valori e idee aliene alla popolazione russa e distruttive nei confronti della società russa, come la coltivazione dell’egoismo, del permissivismo (?) e dell’immoralità».
Da qui una serie di riferimenti sibillini contro l’Europa e gli Stati Uniti, ma anche l’opposizione interna e le sue personalità, il tutto condensato in un j’accuse troppo stereotipico per essere preso sul serio. Nonostante questo, però, dal documento emerge qualcosa degno di note e utile per comprendere l’evoluzione in atto nella società russa, qualcosa con il quale dovremmo confrontarci anche dopo la fine della guerra.
Questa bozza prende spunto dalla polizia morale iraniana, ma non si tratta di un’iperbole. La mente dietro questo testo è quella del patriarca Kirill, il vero Rasputin del Cremlino (con buona pace di Dugin), che in una sua ultima arringa ha lodato il modello islamico, il quale «si erge solidamente su un dogma (la base della moralità) e guarda con allarme alla vita religiosa dell’Occidente». In questo disegno delirante, Kirill auspica una convergenza tra l’islam radicale e la Russia ortodossa, ma nel farlo non si limita al discorso retorico (uno dei tanti) intrisi di geopolitica e richiami religioso-esoterici decontestualizzati: intende farlo con il braccio dello stato, la polizia.
I pochi giornali che hanno riportato la notizia si sono soffermati sull’impossibilità, per le forze dell’ordine, di agire sui comportamenti privati dei cittadini, ed è normale pensarlo finché si continua a ragionare con la mentalità europea. Ma il vero ostacolo alla comprensione è rappresentato dalla visione che noi europei abbiamo (ancora) della Russia: un paese autoritario ma distinto dalle teocrazie e dalle dittature veterocomuniste come la Corea del Nord. Questo pregiudizio, a tratti positivo, ha spinto molti (anche i più critici di Vladimir Putin) a considerare la Russia uno stato corrotto ma in un certo modo ancora nostro, ancora vicino alla nostra visione del mondo.
Non è così. La polizia russa cattura e uccide dissidenti in maniera arbitraria da decenni, che si tratti di Urss o dell’attuale Federazione, e una legge che si basa su criteri “morali” non è altro che il completamento di un processo avviato da tempo. A chi crede che l’iniziativa diffusa da Kolokoltsev sia solo una boutade propagandistica, ricordiamo l’esistenza della polizia morale che pattuglia Teheran e come questa sia l’esempio esplicito di questa riforma. Non sappiamo quando e se diventerà la proposta entrerà in vigore, ma nel momento in cui il peso di Kirill (il patriarca che benedice le bombe sganciate su Kyjiv) nel governo diventerà ancora più importante assisteremo a un passaggio che segnerà la storia recente, quello dal sistema illiberale russo alla sharia di Putin.