Venticinque anni di esperienza nello Champagne: Didier Mariotti è nato a Losanna nel 1971 in una famiglia di viticoltori, con il nonno che possedeva vigneti in Corsica e sua nonna il Domaine Armand Rousseau in Borgogna, tuttora guidato da suo cugino Eric Rousseau. Dopo il diploma di ingegnere alimentare e delle bevande presso l’ENSAIA, ha deciso di trasferirsi a Reims, dove ha trascorso diversi anni con Moët & Chandon lavorando allo stoccaggio dei vini di riserva, alla tracciabilità dei vini, alla creazione di nuovi sistemi informatici, conseguendo il diploma di enologo nel 1999. Da lì i passaggi si sono susseguiti, da Vice Chef de Caves presso Nicolas Feuillatte, è entrato in Mumm nel 2003 ed è stato nominato capo enologo e direttore dei vini nel 2006, diventando responsabile della creazione del vino con la degustazione di vini fermi, assemblaggio, creazione di nuove cuvée, partecipazione a prove di dosaggio, diventando un prezioso supporto ai mercati e ha lavorato all’interno dell’organizzazione e della gestione dirigendo un team enologico di ottanta persone.
Dopo tutte queste diverse esperienze, nel 2020 Mariotti è diventato l’undicesimo Cellar Master di Veuve Clicquot, lavorando come custode dello spirito della Maison.
Oggi, l’enologo è uno dei riferimenti della regione, e ci racconta come si fa a mantenere una qualità costante con un numero così elevato di bottiglie: «Abbiamo la fortuna di avere un vigneto costituito essenzialmente da Grands Crus e Premier Crus, oltre che da viticoltori provenienti da tutta la regione della Champagne. Questa diversità di fonti, insieme alla nostra ampia e complessa collezione di vini di riserva, ci permette di adattarci a ogni annata e di creare un blend costante ogni anno».
Ma il tempo climatico non si controlla: come sta affrontando la sfida del cambiamento climatico una Maison così grande e prestigiosa? Prosegue Didier: «Stiamo studiando l’impatto del riscaldamento globale sui nostri vini, in particolare in termini di maturità, acidità, pH ed equilibrio fenolico. Ascoltiamo i vini e le annate, ma la cosa più importante è e sarà sempre la degustazione. È solo assaggiando ogni vino che possiamo percepire, prevedere il suo potenziale di invecchiamento e quindi decidere se utilizzarlo nel nostro Yellow Label, nella nostra La Grande Dame o entrare nella collezione dei vini di riserva».
Mariotti non è solo: con Julie Perry, vineyard director, la Maison prosegue nella sfida al cambiamento climatico: «Stiamo lavorando livelli per cercare di limitarlo, con il lavoro che svolgiamo nei vigneti: mitigare il nostro impatto utilizzando biocarburanti per limitare quotidianamente le emissioni, utilizziamo fertilizzanti verdi per rendere il suolo e il vigneto più resistenti. Dal 2018 abbiamo abolito gli erbicidi».
L’idea di spostare la Champagne in luoghi con caratteristiche del suolo simili, ma con condizioni climatiche più favorevoli alla produzione di basi spumante, se la tendenza climatica continuasse, sarebbe oggettivamente complicato, e per la Maison non sarà necessario: «Il nostro terroir, la nostra storia è in Champagne. Produciamo grandi vini da oltre 250 anni e sono certo che saremo in grado di produrre grandi vini di Champagne per molti decenni a venire».
Ed è ancora Julie Perry a spiegarci se ci sarà un futuro “biodistretto” per l’intera regione della Champagne, alla luce delle sfide degli ultimi anni: «Lo sviluppo della viticoltura biologica e sostenibile implica un vero e proprio disciplinare a livello di denominazione. La gestione di un vigneto biologico è molto impegnativa a causa del clima. La sua diffusione è un obiettivo verso il quale ci stiamo muovendo tutti rapidamente. Dobbiamo essere pionieri nelle pratiche che adottiamo».
Visto il progressivo allontanamento dei giovani dal “mondo del vino”, la Maison sta continuando a sviluppare i valori su cui si basa da sempre, attraverso progetti differenzianti basati su pilastri forti e consolidati. Progetti che avvicinano le persone e rafforzano l’appetibilità della Maison.