Per due giorni, il 10 e l’11 dicembre, il Parlamento Europeo di Bruxelles ha ospitato una delegazione speciale: il Congresso nazionale delle associazioni ucraine d’Italia. Più di quaranta tra ucraini e italiani si sono riuniti per incontrare europarlamentari, partecipare a conferenze e, soprattutto, portare all’attenzione le esigenze di una comunità che vive ormai stabilmente in Italia e che aspira a farlo dignitosamente, lavorando e vedendo rispettati i propri diritti.
L’ultimo dato disponibile del 2023 ci dice che in Italia ci sono quasi quattrocentomila ucraini, di cui circa la metà arrivati dal 2022. Questa grandissima comunità non è certo rimasta con le mani in mano. Si è riunita prima in associazioni locali e poi questo ottobre hanno dato vita al con Congresso nazionale delle associazioni ucraine d’Italia, che riunisce quarantaquattro associazioni presenti su tutto il territorio nazionale. Fra i temi di cui si occupano queste realtà vi è quello della diaspora ucraina, cioè di chi ormai è qui e non si sa per quanto tempo ci resterà. Quando si parla di diaspora ucraina si parla inevitabilmente di un problema di genere: basti pensare che il settantacinque per cento dei rifugiati arrivati qui in Italia sono donne, spesso accompagnate da minori.
Nonostante il sessantaquattro per cento degli ucraini sia occupato e ogni anno ci sono quasi duemila matrimoni misti, come tutti coloro che vengono da paesi extra comunitari, vivono problematiche molto concrete. Per gli ucraini è complesso il riconoscimento dei propri titoli di studio, ma anche l’ottenimento dei documenti per poter lavorare in regola, per poter aprire proprie attività e poter accedere ai servizi necessari per chi è più fragile. A questo si aggiungono esigenze culturali: i bambini che crescono qui rischiano di perdere conoscenze sulla propria storia e sulla propria lingua.
E ancora: mancanza di strutture di orientamento al lavoro, corsi di lingue e tante altre inefficienze che fanno sì che solo il diciannove per cento dei profughi ucraini in Italia lavori regolarmente, percentuale molto bassa rispetto ad altre nazioni. Poiché di solito le persone non si nutrono d’aria, è facile immaginare che gli altri siano costretti a lavorare in nero, con condizioni lavorative spesso non dignitose, a causa delle lungaggini burocratiche.
Queste numerose esigenze sono state raccolte in un documento dettagliato e, per due giorni, presentate agli europarlamentari italiani appartenenti a quasi tutti i gruppi politici dalla delegazione guidata dalla presidente Larysa Levchun e dalla vice presidente Oksana Rohova. Il documento si articola in tre aree tematiche principali: la tutela dei diritti e delle libertà umane, con particolare attenzione alle difficoltà legate all’integrazione; l’impatto della disinformazione e delle manipolazioni provenienti dalla Russia nello spazio informativo italiano; e, infine, il rafforzamento del sostegno all’Ucraina. Le richieste e le proposte chiave sono state redatte in una petizione, firmata all’unanimità dai delegati, consegnata al gruppo interparlamentare “Euro-Atlantic Ukraine”.
Lo sforzo per raggiungere questo risultato è stato fuori dall’ordinario. Sono stati necessari mesi di incontri preparatori, riunioni con realtà internazionali, studio approfondito degli europarlamentari da incontrare e molto altro. Questo è stato possibile anche grazie al fatto che la comunità ucraina in Italia è composta in gran parte da persone istruite: tante donne colte, determinate e giustamente ambiziose. Il sottoscritto ha seguito personalmente la stesura del documento e facilitato molti degli incontri istituzionali, e ritiene che poche comunità straniere abbiano la capacità di confrontarsi con un contesto così complesso. A riconoscimento di questo impegno, è arrivato l’invito ufficiale al Parlamento Europeo da parte del Congresso Europeo degli Ucraini, la realtà che riunisce le associazioni ucraine a livello continentale.
L’11 dicembre mattina, arrivati al Parlamento, sono iniziate ore frenetiche: radunarsi, raccogliere documenti, ottenere il pass per i visitatori, qualcuno era in ritardo, a qualcuno mancavano i documenti, corri a prenderli, foto di gruppo e ok siamo dentro. Oleksandro Lazuka, ucraino impiegato del Parlamento, ci ha guidato in ogni passo per tutti e due i giorni, sia nei momenti istituzionali che in una visita dell’istituzione.
Gli onorevoli incontrati dalla delegazione del Congresso sono stati rappresentanti di diversi partiti e gruppi politici europei. Tra loro, l’On. Marco Falcone di Forza Italia, membro del Partito Popolare Europeo, e l’On. Roberto Vannacci della Lega, appartenente al gruppo Identità e Democrazia. L’On. Michele Picaro di Fratelli d’Italia, appartenente ai Conservatori e Riformisti Europei, l’On. Leoluca Orlando, eletto con Alleanza Verdi e Sinistra, e gli On. Mario Furore e Pasquale Tridico del Movimento 5 Stelle, affiliati al gruppo The Left. Infine, l’On. Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento e rappresentante del Partito Democratico, afferente al gruppo S&D.Certo, può far strano vedere incontri con così tante realtà differenti, ma è quello che succede quando si porta un’istanza politica che dovrebbe essere, si spera, trasversale.
L’incontro più intenso è stato quello con la Vicepresidente del Parlamento Pina Picerno, nota per le sue posizioni a sostegno dell’Ucraina «fino a quando sarà necessario» e del suo impegno per il contrasto alla disinformazione. L’incontro è partito con una parte più “istituzionale”, analizzando punto per punto le varie problematiche, ma dopo ci si è lasciati andare alle dimostrazioni di stima e a un’aria più di festa. «Ci sono sempre perché penso che sia una cosa che riguarda non soltanto voi, ma il futuro di tutto il nostro continente e addirittura di tutto il mondo libero. Se non si ferma oggi il regime Criminale di Putin, avremo problemi anche in futuro. Da persona di sinistra, credo che chi si dichiara antifascista, come lo siete voi e come lo sono io, deve riconoscere la violenza totalitaria di Putin che è la cosa più simile al fascismo che esiste in questo momento. Questa è una battaglia di chi crede nella democrazia, come me e come voi». La posizione, netta e coerente nel tempo, è stata premiata dall’affetto della comunità tra le foto, qualche regalo in ricordo della visita e poi con il coro di “Oh, the red viburnum in the meadow”, canto popolare ucraino diventato simbolo della resistenza.
In linea con le votazioni fatte in questi anni, anche i rappresentanti di Forza Italia e Fratelli d’Italia si sono dimostrati attenti alle questioni del Congresso. L’On. Falcone ha ricevuto la delegazione per più di un’ora nel suo ufficio, dove oltre a discussioni tecniche ci si è lasciati andare ai racconti personali talvolta struggenti. Parimenti l’On. Michele Picaro ha dimostrato grande interesse e solidarietà, indicando anche un membro sul suo staff da contattare per seguire la questione nei suoi dettagli più tecnici.
Ci si poteva aspettare questo sostegno dai gruppi politici che coerentemente hanno supportato l’Ucraina sin dall’inizio e in questioni ben più complesse, ma come porsi con quei gruppi che invece hanno votato contro l’invio di armi e che in generale sembrano distanti dalle istanze ucraine? Aveva senso parargli? Era meglio ignorarli? Con coraggio la delegazione del Congresso ha parlato anche con loro, pur sapendo del rischio che si correva. La scelta si è rivelata vincente. Gli onorevoli Orlando (Verdi), Vannacci (Lega), Tridico e Furore (M5S), pur ribadendo la loro posizione di contrarietà al supporto bellico all’Ucraina hanno dimostrato invece interesse e sostegno per le problematiche poste dal congresso sulla vita dei rifugiati.
«È la prima volta che un’associazione ucraina viene qui per chiedere diritti e non armi, non posso rifiutarmi dal sostenerli», ha dichiarato Pasquale Tridico, che ha ricevuto la delegazione in tardo pomeriggio rimandando propri impegni personali. Portando la sua esperienza da ex direttore dell’Inps ha offerto importanti spunti sulle questioni tributarie dei cittadini ucraini. Idem Massimo Furore, che ha offerto il suo supporto per la diffusione e valorizzazione della cultura Ucraina in Italia.
Oltre a questi incontri, i rappresentanti ucraini hanno incontrato componenti più tecnici del Parlamento e hanno partecipato a un’importante conferenza sull’empowerment femminile, tema a loro molto caro essendo principalmente donne. Questo argomento meriterà un approfondimento a parte. Un ultimo momento significativo è stato l’incontro, avvenuto casualmente nei corridoi del Parlamento, con la presidentessa Roberta Metsola. Nonostante la brevità, questo scambio è stato carico di simbolismo: una stretta di mano, uno scambio di stima reciproca e una foto che testimonia l’impegno comune per i valori europei.
Lasciando il Parlamento Europeo, si è rafforzata la consapevolezza che questa istituzione non è solo un simbolo di democrazia, ma un luogo dove la partecipazione politica deve intrecciarsi con la garanzia dei diritti civili concreti. Perché senza diritti, come la possibilità di lavorare dignitosamente, accedere ai servizi essenziali o preservare la propria cultura, i principi democratici rischiano di rimanere un’astrazione.
La delegazione ucraina ha ricordato che l’integrazione non è solo una questione di ospitalità, ma di giustizia e dignità. Il loro lavoro è un esempio di come l’ambizione democratica non sia separabile dalle necessità quotidiane di chi aspira a vivere in un’Europa che non sia solo libera, ma anche equa e inclusiva. È questa la battaglia che l’Ucraina sta combattendo oggi, non solo sul campo di guerra, ma anche nelle istituzioni che rappresentano il futuro di un continente unito e solidale.