Alla fine Platone ha battuto Einstein. L’estetica ha strapazzato l’etica. Il talento si è fatto beffe della tattica. Il sentimento l’ha spuntata sulla ragione. Per farla breve, fra Guardiola e Mourinho ha vinto il gioco del calcio.
Sì, certo, se l’arbitro Stark non avesse voluto fare il protagonista, che poi è il sogno di tutti gli arbitri, se non avesse trasformato in rosso un cartellino che poteva essere giallo, ma forse anche rosso, insomma di quell’espulsione si può dire di tutto – anche che Dani Alves si è buttato, che Pepe non era neppure riuscito a colpirlo – ma non che sia stata uno scandalo, se insomma fosse finita in undici contro undici, il risultato sarebbe stato probabilmente diverso, 0-0 o giù di lì. Perché su Afellay sarebbe arrivato il raddoppio di marcatura quando invece ha saltato Marcelo e ha potuto crossare indisturbato per la Pulce, perché Messi non sarebbe riuscito poi a fare il Maradona con Pepe in campo pronto a non farlo neppure partire da quella posizione per il suo slalom speciale. Tutto vero. Ma quante altre volte in passato, una squadra più bella e più convincente ha dovuto arrendersi ai catenacciari che aveva di fronte per una svista arbitrale oppure per un palo oppure per una scivolata di un difensore lasciato uno contro uno su un contropiede avversario con tutti i compagni in avanti a cercare il sospirato e meritato gol rompighiaccio?
E allora taccia, per una volta, Mourinho che comunque è e resterà, nonostante questa sconfitta, un genio del calcio, un allenatore speciale, anzi unico. Non è neppure il caso di ricordargli i piccoli, o grandi, fate voi, favori arbitrali avuti dalla sua Inter in casa sia contro il Chelsea sia contro il Barcellona l’anno scorso. Stavolta è giusto che parlino solo Guardiola e i suoi giocatori, che continuano a credere che a calcio si vinca giocando bene e provando sempre ad attaccare, con tanti giocatori in grado di muoversi armonicamente con e senza palla fra i piedi.
Evviva il Barcellona allora, evviva il calcio del Barcellona che continuerà così per fortuna, anche grazie a questa vittoria, a trovare imitatori nel mondo e magari, chissà, un giorno anche in Italia. Bravissimo Mourinho a batterli nella finale di Copa del Rey, forse nessun altro ci sarebbe riuscito, ma in quel modo si può vincere contro una squadra più forte una partita su dieci, forse una su cinque, non di più.
E lasciamoci con un dubbio: ma siamo sicuri che il Real Madrid sia poi così più debole del Barcellona? Che possa giocare solo in quel modo? Che con in campo magari Benzema e Kaka al posto di Diarra e Albiol, con Pepe nel suo ruolo, stopper e non a centrocampo, il Barcellona, in questo momento non brillantissimo fisicamente, non sarebbe andato in difficoltà? Perché poi, diciamocelo, Pepe magari non andava espulso, ma un’entrata così, in zona d’attacco, uno come Kaka non l’avrebbe mai neppure concepita.
28 Aprile 2011