Un pugno di moscheGli altri e noi, 2 cents di storia

I nostri avi - chi più, chi meno - hanno colonizzato il mondo. I nostri nonni hanno combattuto le guerre e ci hanno liberati da alcune dittature. Dopo i disastri hanno fatto la pace, messo su le Na...

I nostri avi – chi più, chi meno – hanno colonizzato il mondo. I nostri nonni hanno combattuto le guerre e ci hanno liberati da alcune dittature. Dopo i disastri hanno fatto la pace, messo su le Nazioni Unite e firmato la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, nel 1948. Da allora, i nostri genitori hanno provato a ricostruire il mondo. Ma la situazione era complessa, il risultato insufficiente.

Penso che lo scandalo maggiore sia economico: è quello delle disuguaglianze sociali, della giustapposizione di estrema ricchezza ed estrema povertà su un pianeta interconnesso. Non sta soltanto nell’esistenza di Paesi ricchi e Paesi poveri, ma nell’acuirsi del divario che esiste tra loro, in particolare negli ultimi vent’anni. La lotta per ridurlo è del tutto insufficiente” (Stéphane Hessel, Impegnatevi!, Salani editore, 2011).

E allora? Bisogna far progredire la storia. “All’evoluzione dei Paesi poveri giovano soltanto le azioni di tutela di quei Paesi contro i danni dell’economia commerciale mondiale, e di compimento di quei pilastri di ogni evoluzione che sono la scolarizzazione, l’alfabetizzazione, la sanità pubblica, la produzione più vicina al suolo, l’agricoltura e l’autosufficienza …“, prosegue Hessel.

Tutto ciò è stato descritto, e reso percepibile, da qualcuno di cui non si parla a sufficienza, l’economista pachistano Mahbub ul Haq, che ha condensato tutto questo nell’Indicatore di Sviluppo Umano (ISU)

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