Bad news is good news: se fino ad oggi questo motto è stato la pietra angolare del giornalismo, oggi diventa legge a tutti gli effetti anche nel mondo della moda. Scandali? Denunce? Saranno benvenuti. Perchè la griffe Christian Dior, nel pieno del ciclone Galliano (nella foto, lo stilista), ha aumentato sensibilmente le proprie vendite.
Nei primi 9 mesi del 2011, infatti, la maison del gruppo LVMH ha registrato vendite per 705 milioni di euro contro i 594 del medesimo periodo nel 2010: un’impennata del 27%, in poche parole.
Chi pensava che l’affaire Galliano, datato febbraio 2011, potesse scalfire l’immagine della maison – fino a quel momento sinonimo di lusso, gusto e moda, non di designer alticci che insultano gli ebrei – minandone anche i risultati economici ha sbagliato di grosso. Anche chi ha creduto che la mancanza di una guida forte – la maison non ha ancora un direttore creativo – potesse essere un handicap serio per una casa di moda abituata ad avere un’identità ben delineata dovrà ricredersi davanti alle cifre in crescita.
Sarà che la presa di posizione dell’azienda è stata chiara e nettissima fin da subito: processo o no, colpevole o meno, Galliano – che l’8 settembre è stato condannato ad un’ammenda pecuniaria – è stato messo alla porta in quattro e quattr’otto; sarà che il “cattivo” ha sempre il suo fascino, soprattutto quando si parla di stile, ma la clientela non solo non ha abbandonato Dior, ma ha addirittura premiato la griffe, senza se e senza ma.
A festeggiare, dietro le quinte e a capo della piramide, è sempre monsieur Arnault. Per ora il magnate francese non ne ha sbagliata una, nemmeno attardandosi a dare un successore allo stilista britannico.