E’ un termine invalso da tempo nel linguaggio politico e giornalistico per indicare la ricerca di un leader (o un candidabile leader) al di fuori dei partiti e dal normale “cursus honorum” della politica. Un’espressione diventata scontata, un luogo comune e a cui si fa ricorso in modo automatico, com’è accaduto di recente anche al Direttore di questo quotidiano. (a proposito del “caso Boeri” nella giunta di Milano).
Eppure, se è sommessamente consentito, si tratta di una locuzione del tutto priva di senso, se non di una vera e propria contraddizione in termini. Infatti si riferisce come esempio alla guida della Chiesa, che per sua natura è “cattolica” e cioè “universale” e quindi non può contemplare al suo interno, all’appartenenza della sua comunità, nessun aderente “straniero”: sarebbe la negazione alla radice della sua ragione di esistere.
Tuttavia, dato che ormai ha fatto fortuna, non è inutile ripensare alla sua origine, che è antica anche se completamente obsoleta. Era infatti di uso anche popolare nelle inquietudini dei credenti di fronte ai peccati e alle manchevolezze della gerarchia vaticana. E cioè il sogno (e il bisogno) che arrivasse al Soglio di Pietro un Papa “non italiano”. Cosa che appariva impossibile da tempo immemorabile: l’ultimo Papa non italiano era stato infatti il fiammingo Adriano VI nel 1523, passato tra l’altro alla Storia per aver messo le mutande ai nudi di Michelangelo nella Cappella Sistina.
Poi, però, nel 1978, è arrivato un Papa (e che Papa !) polacco, al quale ne è seguito uno bavarese: e allora l’espressione ha perduto completamente di senso. Ricuperarla 33 anni dopo, anche se in ambito laico e del tutto differente, fa un effetto un po’ curioso : come se la cultura e l’informazione che vanno per la maggiore non si rendessero conto, nel loro sussiego autoreferenziale, di essere costrette a spacciare per grandi novità parole e significati altrui, peraltro già consegnate da tempo alla soffitta della Storia.