Design Kit - Inspiration and referencesBasta sapere teorico, è ora che le università insegnino anche la pratica

Il declino La fase industriale o post-industriale avanzata di questo ultimo decennio ha decretato ancora una volta il fallimento di un sistema produttivo che già alla fine del secolo scorso, nei ri...

Il declino
La fase industriale o post-industriale avanzata di questo ultimo decennio ha decretato ancora una volta il fallimento di un sistema produttivo che già alla fine del secolo scorso, nei rigogliosi anni ottanta, enunciava la sua crisi finale.
Le cause sono facilmente condivisibili attraverso l’osservazione di tanti processi poco ottimizzati e dai loro effetti collaterali, vediamone alcuni: l’indiscriminato meccanismo della continua offerta che ha caratterizzato la produzione di massa dei grandi numeri fondata sulla replica dello stesso oggetto distribuito su larga scala, il continuo proliferare di cataloghi a rappresentanza di sterminate tipologie di oggetti spesso somiglianti per tipologia e funzione, il non considerare i possibili/potenziali/reali legami tra i sistemi di servizio e la funzionalità/utilizzo dei prodotti.

Consumatore smart
Oggi la relazione consumatore/azienda è cambiata radicalmente e per sempre; le persone/odience non investono più secondo un sistema lineare univoco ma si sono evoluti. Il consumismo ha saturato negli anni tutte le nostre esigenze regalandoci una certa soddisfazione diffusa. Apparentemente non abbiamo più bisogno di riempire le nostre case di oggetti di ogni sorta, siamo più esigenti ed attenti, anche perché la crisi globale fa riflettere e le scelte sono più oculate. Grazie alle nuove tecnologie smart and mobile – che permettono un facile accesso alle informazioni e quindi una approfondita esplorazione del territorio di vendita e del dettaglio-prodotto – l’acquisto viene gestito in modo più consapevole.

Aziende delocalizzate
Negli ultimi decenni, moltissime aziende hanno pensato bene di gestire i propri profitti spostando fisicamente le produzioni ed il knowhow in luoghi dove il costo della manodopera fosse notevolmente meno onerosa di quelle di origine, dove ci fossero meno obblighi finanziari e la gestione delle spedizioni offriva opportunità inaspettate.
Ma anche qui, alla fine, i nodi vengono al pettine in quanto la modalità di produzione è rimasta la stessa e lo strappo tra prodotti stoccati in giacenza e quelli realmente venduti hanno creato alle aziende non pochi problemi.
Forse, tra le scelte fatte, sarebbe stato opportuno rivedere anche le strategie di produzione legate alle tipologie e al cosa produrre, forse orientandosi su sistemi più vicino ai processi di utilizzo, con scelte coraggiose, con obiettivi volti al produrre meno ma ad alto livello.

Dove sta l’eccellenza?
Innovare innovare e ancora innovare! Questa è sicuramente l’unica vera arma che permette in un sistema saturo e a volte economicamente fragile di riposizionarsi, creando formule nuove di scambio del sapere legato alla produzione, allenadosi con territori fertili come la Cina, l’India e il Brasile.
Poniamoci una domanda. È possibile ipotizzare che l’industriale italiano, a fronte di scelte difficili come una delocalizzazione industriale, avesse proattivamnente pensato che, non essendo più un terzista di componenti – al servizio di paesi esteri/europei come per la Germania ad esempio – potesse diventare lui stesso e a tutti gli effetti centro di eccellenza in un Paese dove i casi di produzioni ad alto livello si sprecano?
È possibile che la formula della piccola/media impresa dello stivale riservi ancora un potenziale eccezionale se ben ridisegnato?
La domanda che le aziende devono porsi è quella che gli permetterà di capire se è ancora sostenibile produrre cataloghi immensi di prodotti, così ampi da non capire dove sia finito il valore aggiunto di quella mole produttiva.

Il ciclo del sapere
Le tracce storiche ci permettono spesso di rileggere meccanismi socio-economici e culturali oltre che imprenditoriali molto simili tra loro e appartenenti ad epoche diverse. Dalla metà degli anni novanta, il mondo legato al design comincia ad esprimersi sempre più spesso attraverso l’auto-produzione di singoli pezzi e di vere e proprie produzioni limitate (batch production) di alto artigianato, come accadde alla fine dell’ottocento e agli inizi del novecento con i movimenti di pensiero legati all’Art & Craft in Inghilterra, al dibattito culturale del Werkbund in Germania, passando poi per il De Stijl e il Bauhaus che porta l’esperienza industriale nelle accademie.
Questa esigenza è nata soprattutto nei paesi del nord Europa dove le industrie medio piccole sono sparite molto tempo prima che da noi per lasciare il passo al mondo dei servizi.
Queste regioni europee, si sono interrogate molto sul futuro del potenziale espresso dalla disciplina del Design e dell’industria manifatturiera, cercando di capire come poter tenere in vita il proprio tessuto industriale/imprenditoriale.

Il destino della conoscenza – il Designer come Artigiano evoluto?
Le Università di Design inglesi, tedesche, olandesi, finlandesi per citarne solo alcune, hanno investito da sempre su laboratori e macchinari evoluti. In queste facoltà lo studente ha sempre potuto crescere, potenziando la propria conoscenza pratico/progettuale di pari passo con quella teorica. Il saper fare in completa autonomia ha permesso ai giovani apprendisti-designer di trasformarsi in pochi anni in bravi artigiani-progettisti abili nelle arti e nei mestieri. Nei paesi sopra citati, il partecipare alle attività di laboratorio pratico (workshop) in accademia/università significa conseguire un diploma che abilita gli studenti all’utilizzo professionale degli strumenti utensili di precisione e di grandi dimensioni. Dedizione, attenzione, passione e responsabilità mettono a dura prova chi vuole imparare, conoscere e sapere ottenendo, durante il percorso universitario, il riconoscimento di artigiano attraverso un brevetto di abilitazione. Da li escono designer molto preparati progettualmente che sanno proporre idee veramente fattibili, perché conoscono esattamente come si fanno le cose. Non vi siete chiesti come mai le aziende italiane negli ultimi venti anni abbiamo usato esclusivamente progettisti provenienti dall’estero salvo pochissimi casi?

Il sistema Italia, ancor oggi non riesce a dare questa opportunità/necessità ai propri studenti, rilegandoli soltanto all’uso del cartoncino, legno, stucco e a pochi altri materiali che non comportino l’uso delle macchine-utensile come il tornio industriale per la lavorazione dei materiali pieni (acciaio, alluminio, legno, ecc.), la macchina fresatrice a controllo numerico, la termoformatura per gli stampi o ancora di strumenti per la saldatura o la soffiatura del vetro, i forni per la cottura e smaltatura ceramica, le apparecchiature per la stampa in serigrafia, i sistemi di prototipazione rapida in stereolitografia, le resine a strati, stampi in silicone e così via dicendo. Tutto deve essere sempre diretto e controllato da un’altra figura specializzata che di fatto si interpone tra le volontà del progettista di realizzare in autonomia il proprio manufatto e la presenza inderogabile (a temine di legge) di uno specialista pagato e intermediario dei pensieri progettuali di altri.
Non si tratta di un maestro che ti insegna un mestiere abilitandoti professionalmente al suo pari, ma altresì di una figura che ti obbliga a guardare e non toccare, indebolendo enormemente la crescita culturale collettiva e riservando a pochi capacità preziose che potrebbero essere meglio distribuite.

Modalità produttive diversificate e semi-industriali
Questa impostazione di stampo più europeo, ha creato una nuova generazione di designer capaci di comprendere le produzioni, di ibridare modalità di produzione le une con le altre, proponendo mix di tecnologie artigianali insieme ad altre iper-tecnologiche, di capire come realizzare piccole produzioni ad altissimo livello artigianale, di legare contestualmente un prodotto ai suoi potenziali servizi, di comprendere la modernità del processo di realizzazione utilizzando sapientemente sistemi di avanguardia tecnologica capaci di ottimizzare ed accorciare l’intera filiera produttiva. Già nel 1995, scuole come la Royal College of Art di Londra presentava nei suoi opening day – mostre di fine anno dove gli studenti sono spinti a preparare/raccontare fisicamente i propri risultati di ricerca – progetti di tesi che non erano solo sulla carta come succede da noi, ma vere e proprie produzioni in serie limitata. Nel corso di Industrial Design ci si chiedeva quale fosse il nuovo modello sostenibile per l’industria manifatturiera. I progetti creati alla RCA in questi ultimi quindici anni sono tutti volti alla ricerca di possibili nuove vie produttive come le proposte alternative di metodo legate all’Open Source Design, all’auto-produzione, all’artigianato hi-tech, all’enorme lavoro dedicato ai processi e alla resa finale dei prodotti, sull’affinamento dei dettagli, sul far dialogare tra loro il virtuale e la fisicità, i sistemi integrati cad-cam e le produzioni artigianali che si mixano insieme a produzioni più leggere di rapid prototyping. Questi sono i giochi consapevoli di Designer-Artigiani molto evoluti, capaci di lavorare trasversalmente tra la filiera lunga e quella corta. Controllano l’intero Design Process, dall’ideazione alla produzione, al marketing fino alla vendita, spostandosi tra la fisicità della produzione all’uso di social network e dei siti che promuovono e vendono i loro prodotti. Siamo certi che in tutto il globo esistono scuole capaci di incentivare veramente questa attitudine profondamente culturale e molto pratica del progettare, ma siamo altresì certi che sono ancora molto poche.

Una collezione di progetti auto-prodotti della RCA
http://www.dezeen.com/2008/05/27/wedgwoodnt-by-michael-eden/
http://www.rcaintent.com/index.html

 https://player.vimeo.com/video/24010221?autoplay=0 

Tour of Intent with Tord Boontje from Dezeen on Vimeo.

 https://player.vimeo.com/video/26682320?autoplay=0 

Processed Paper from pia wustenberg on Vimeo.

servizi della RCA
http://www.innovation.rca.ac.uk/
http://www.rca.ac.uk/Default.aspx?ContentId=159555&GroupId=159757

Cambiare modello
Questo modello di insegnamento ha portato sul mercato una generazione di nuovi designer più consapevoli rispetto alla realtà produttiva contemporanea e di nuova concezione, capaci di dialogare con i piccoli e medi produttori, di gestire i rapporti con una multinazionale, sono stati in grado si far nascere aziende nuove e c’è stata una rinascita delle eccellenze in termini di alto artigianato.
Uno studio che fa auto-produzione ormai culto
http://www.droog.com/


Una università olandese che lavora tanto sull’auto-produzione come disciplina di insegnamento
http://www.designacademy.nl/
Un Design Council che tratta di auto-produzione, Design Open Source e altre modalità della progettazione contemporanea

http://www.premsela.org/en/
Un gruppo di giovani Designer inglesi che da più di dieci anni promuove progetti di auto-produzione o serie limitata
http://www.verydesignersblock.com/2009/
L’associazione dell’artigianato inglese che dialoga molto con il Design e altre istituzioni
http://www.craftscouncil.org.uk/

La nuova frontiera
Aprire un dialogo nuovo tra Design e Industria insieme all’Artigianato con l’obiettivo di creare filiere produttive più sostenibili ma anche più dinamiche, apre sicuramente a trecentosessanta gradi nuovi orizzonti possibili. Sarebbe invece ipotizzabile uno spostamento indispensabile, dove le lavorazioni tradizionali ormai poco vantaggiose cedessero il passo a strutture più flessibili capaci di cambiamenti veloci, dove anche i settaggi dei macchinari siano flessibili e rapidamente adattabili alle nuove esigenze emergenti, diversificandosi di continuo, dando l’opportunità di lavorare su creazioni di pochi pezzi, piccole e medie produzioni, un modello simile ai fab-lab (Fablab è uno spazio in cui poter realizzare piccoli e grandi progetti) che esistono ormai in vari paesi. Non si tratta ovviamente di una trasformazione radicale ma piuttosto di contemplare fin da ora qesta inarrestabile/inevitabile trasformazione.
http://www.fablabmanchester.org/
http://fablab.waag.org/
http://www.fablabitalia.it/1
www.fablabitalia.it/about#.TwxhS2C-Y18
http://cba.mit.edu/facilities/index.html

Attitudine alla metamorfosi
Ci vuole un nuovo dialogo tra le diverse filiere produttive anche se molto differenti, facilitando le ibridazioni produttive attraverso soluzioni di hacking non solo materico (legno/plastica, resine/acciaio) ma di sistema, capaci di offrire grande flessibilità nell’accettare produzioni al momento non convenzionali, anomale. È necessario essere aperti a potenziali ed improvvisi spostamenti di settore produttivo, costantemente in mutazione. Ormai è indispensabile osservare le trasformazioni che caratterizzano i comportamenti della società contemporanea per tradurlo in produzioni utili ed innovative. È indubbiamente terapeutico monitorare costantemente il proprio po produttivo in relazione alle nuove esigenze per rettificare i processi di produzione e la filiera stessa. Il coraggio e la prontezza/capacità di riposizionarsi ogni qual volta si verificano degli ampasse è indice di soppravvivenza. Vendere comunicando e usare la liquidità dei nuovi media e la disseminazione dell’informazione per essere visibili e presenti sul mercato fa ormai parte del quotidiano imprenditoriale.

Fare sistema, fare sistema, fare sistema
Il sistema produttivo italiano più diffuso è costituito da piccole e medie aziende posizionate sul territorio in modo capillare. Possediamo i distretti produttivi tra i più esclusivi al mondo, abbiamo tantissime aziende che producono di tutto, terzisti di ogni sorta. Questa caratteristica opportunità imprenditoriale fondata dovrebbe in teoria essere molto vincente nella società economica di oggi, ma da noi non sembra più esserlo perché ogni realtà va per la sua strada, forse manca un collante, un vero meccanismo di sistema che faccia dialogare le aziende con le istituzioni, un dialogo multidisciplinare, una progettualità condivisa, dei meccanismi regionali/territoriali che uniscano veramente questi produttori per capire seriamente cosa produrre e come, come posizionare i prodotti, come venderli, come competere in una società globalizzata. La nostra sensazione ci porta a dire che all’oggi manchi sinergia tra i produttori e le istituzioni, manchi la ricerca, manca un Design Council e un comparto universitario forte che faccia da connettore trasversale. Design/ricerca/azienda/istituzione/soluzione, sembra mancare una visione di insieme che dica dove l’Italia in termi di produzione voglia andare, si viaggia sul chi va là sperando di non morire …
Esistono di fatto i consorzi e le federazioni, ma sembra che tutti agiscano senza una visione comptta, atta a fare massa critica, associata verso un business realmente condiviso aderendo perfettamente alle nuove esigenze/crisi/consumi/necessità/rischi/regole del contemporaneo.
www.clubdistretti.it/
www.clubdistretti.it/mappa-dei-distretti
www.osservatoriodistretti.org/distretti-regione
www.osservatoriodistretti.org/distretti-settore

Le nostre istituzioni e università dovrebbero tornare pesantemente ad investire in questa direzione, lavorando sui processi progettuali/produttivi, non solo industriali, ma anche nella grafica, nel mobile, nel design della comunicazione dialogando veramente con gli industriali, gli artigiani, i professionisti, connettendo i designer ai distretti per iniziare a fare-sistema, per dialogare seriamente e trovare soluzioni più consone alle esigenze del mercato globale. Bisogna fare-sistema per essere precursori e non continuare a seguire cose pensate altrove per adattarle qui.
Bisogna farlo perché il sistema produttivo di un Paese è strategico. Perché il futuro sta già chiedendo a gran voce una grande intesa tra produzione e servizio, quelle aziende o quei sistemi produttivi che hanno capito chiaramente questa connessione si trovano senza dubbio davanti agli altri.

L’auto-produzione oggi, qui in Italia
L’auto-produzione è un valore strategico per noi?
In generale crediamo che possa dare dei preziosi spunti a chi oggi produce. In questo momento stanno facendo fronte ad una crisi senza precedenti.
In Itala non sono pochi i progettisti/professionisti/studi che stanno indagando profondamente questa opportunità, ma ancora una volta non esiste un sistema che leghi queste espressioni tra loro, il tutto rimane abbastanza isolato e silente. Ci sono collettivi di progettisti nostrani che si pongono delle domande concrete come Recession Design che ogni anno presenta al Fuori Salone della Fiera del Internazionale Mobile di Milano le loro osservazioni sul mondo legato al Fai da Te.
www.recessiondesign.org
http://milanosiautoproducedesign.com/forum/
C’è Open Design Italia, una biennale dedicata al design autoprodotto con sede a Bologna che ha visto lo scorso ottobre la presentazione di progetti fondati sulla collaborazione tra creativi e artigiani.
www.opendesignitalia.net/it/opendesignitalia-selected/cosa-e
www.opendesignitalia.net/it/?start=6
www.opendesignitalia.net/download/pieghevole_odi_12_ottobre.pdf
C’è Operae, mostra mercato sul design autoprodotto, manifestazione all’interno del Torino Design Week conclusosi lo scorso novembre e tante altre ancora.
http://www.torinodesignweek.org/
http://www.operae.biz/lang/it/
http://www.temporiuso.altervista.org/?page_id=1114

Autoproduzione sofisticata, design and fabrication
Nuova generazione di designer che lavorano sul processo progettuale completo attraverso l’autoproduzione ad alto livello, grazie alle tecnologie veloci, ai software semplificati e alle produzioni Cad-Cam di facile accesso.

PROJECTiONE studio americano

bitMAPS from PROJECTiONE on Vimeo.

First Manifesto
http://vimeo.com/7197054

www.PROJECTiONE.com/
www.PROJECTiONE.com/category/about-us/
re-Barn Fabrication and re-Barn Installation
http://vimeo.com/7420970
http://vimeo.com/7634247
myLight is a “Do It Yourself”
http://vimeo.com/13722490
http://vimeo.com/21989968
Riley Sunrise Fabrication
http://vimeo.com/33733448
Radiance
http://vimeo.com/12390617
Business Cards
http://vimeo.com/7077008
Pop Panel
http://vimeo.com/7980971
bitMaps Teaser
http://vimeo.com/9487628

Produzioni di ottima fattura
È artigianato? È altissima competanza dei progettisti o solo grande capacità e passione di pochi? Sta di fatto che il voler realizzare a tutti i costi, l’avere il controllo del progetto e dello sviluppo realizzativo/finale è un desiderio molto diffuso. Il valore che possiede la personalizzazione e la gestione del prodotto in tutte le sue fasi di sviluppo è ormai un esigenza inprescindibile.

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