«Le tempeste finanziarie provengono dagli Usa, ma fanno più danni nella Ue perché è divisa in Paesi penalizzati e pochi privilegiati. L’andamento dei Bot lo dimostra: eravamo più solidi con Berlusconi». A scriverlo è Renato Brunetta, oggi, su Il Giornale. L’ex ministro della Funzione pubblica, in una lunga analisi a tutta pagina, spiega come mai si stava meglio con il governo di Silvio Berlusconi. E si dà la colpa agli shock esogeni, ai complotti orditi dagli Usa, ai sempiterni problemi di governance europea. Non è colpa dei governi, né di Berlusconi né di Monti, insomma.
Purtroppo, Brunetta si dimentica di troppe cose. L’escalation della crisi avvenne in un momento in cui l’Italia doveva mettere in campo le riforme che non era mai riuscita a fare negli anni precedenti. Il governo Berlusconi, il cui potere continuava a diminuire al crescere dei dissidi interni, non era in grado di fare il suo compito, governare. E gli investitori, intimoriti da questa situazione, hanno iniziato a tornare sui propri passi, o comprando protezione sugli investimenti sui titoli di Stato italiani, come Deutsche Bank, o chiudendo le posizioni, come diverse altre banche internazionali. La credibilità perduta, l’assenza di un piano di riforme e una prospettiva di stallo politico hanno convinto la Banca centrale europea a scrivere una pesante lettera al governo italiano, invocando delle azioni concrete. Queste non sono arrivate. E non è giunto nemmeno un segnale positivo. Sia il Fondo monetario internazionale, con il quale i contatti del Tesoro italiano erano iniziati a luglio, sia l’Ue avevano timore di un avvitamento in stile portoghese, non greco, della situazione italiana. Il sentore che il peggio fosse vicino è arrivato al G20 di Cannes, dove il governo Berlusconi avviò il programma di monitoraggio del Fmi.
Che la crisi sia sistemica, è fuori discussione. Ma Brunetta non deve confondere i mali dell’Europa con quelli degli Stati Uniti e quelli dell’Italia. Se è vero che la media dello spread fra Btp e Bund negli ultimi 60 giorni di Berlusconi era minore rispetto ai primi 60 di Monti, è altrettanto vero che non solo è mutato il contesto in cui si trova l’eurozona, ma anche quello in cui si muove l’Italia. La ristrutturazione del debito della Grecia da una parte e le nuove tensioni sui periferici, poco prima di Natale, hanno fatto saltare diverse certezze. E a peggiorare la situazione ci hanno pensato le prospettive negative sulla crescita del Prodotto interno lordo italiano. Alla luce di questo, una domanda resta senza risposta: cosa sarebbe successo con l’immobilismo del governo Berlusconi?