Non ha versato neppure una lacrima Sua Eccellenza il ministro del Welfare Elsa Fornero quando ha annunciato a Milano la chiusura della Agenzia del Terzo Settore, l’organismo pubblico delegato a funzioni di indirizzo e coordinamento dell’arcipelago italiano del volontariato.
Naturalmente la notizia è stata giudicata di scarso valore nel sistema mediatico che va per la maggiore. Eppure se esiste un ambito, anche economico, dove la vitalità naturale di un popolo ha espresso ed esprime il massimo di valori collettivi, di disponibilità per l’altro, di aiuto gratuito agli svantaggiati, è proprio quel Terzo Settore che quotidianamente rimedia, mettendoci pure del suo, alle manchevolezze dello Stato e supplisce, da autentico “ammortizzatore sociale”, alla cura di inifinite situazioni di disagio delle persone, altrimenti impossibili da alleviare con l’intervento del pubblico erario.
L’universo delle Onlus, sviluppatosi nel corso degli anni, ha manifestato forse la parte migliore del carattere nazionale: quello cioè di una creatività solidale e donativa che sopperisce alle disfunzioni pubbliche, che interviene laddove lo Stato non arriva e che assicura nel quotidiano quella coesione sociale, quello spirito di comunità che non lascia indietro nessuno. E che, con il suo solo esserci, dimostra che la società civile, spinta da motivazioni nobili, risparmia alla collettività spese non indifferenti e difficilmente quantificabili nel gioco dei numeretti tanto cari alla finanza spietata e ai cinici mercati.
Che questo mondo vitale e ed espansivo avesse bisogno di ordine e di verifica era chiaro anche nel 2002 quando l’Agenzia venne costituita per iniziativa dell’allora ministro de Welfare Maroni. Nella intelligente comprensione che un ambito regolatorio, di indirizzo e di controllo, potesse ottimizzare al meglio l’immenso patrimonio immateriale di impegno sociale e magari smascherare quei pochi o tanti furbetti che comunque si infilavano, come topi nel formaggio, nel flusso condiviso della volontaria solidarietà.
Ora si preferisce chiudere e accentrare, in un rigurgito di vieto statalismo, dopo che tutte le burocrazie hanno fatto l’impossibile perchè l’Agenzia non decollasse e non ricevesse tutte quelle competenze e quei poteri di natura assistenziale e sociale altrimenti disperse nella giungla inestricabile degli organismi statali. Si dice che questo avviene per “risparmiare”. Ma forse anche perchè è facile distruggere i deboli (peraltro poco sostenuti dalle realtà territoriali) per non invece usare la scure contro il profluvio di Authority dove prospera, iperpagato, quel ceto avido e irresponsabile di alti burocrati e di Azzeccagarbugli impegnati a produrre uno straordinario fatturato cavilloso e regolamentare.
Già, perchè l’Agenzia del Terzo Settore, guidata prima dal rettore Lorenzo Ornaghi e poi dall’economista Stefano Zamagni, scontava due gravi e imperdonabili peccati originali : aveva sede a Milano e, unica e sola tra tutte le Authority e le Agenzie di Stato, non prevedeva nessun gettone di presenza o qualsiasi compenso per i consiglieri. Insomma, più che un esempio, un vero e proprio delitto…. Complimenti…