La pelle di zigrinoPerchè la Rai non è la BBC

Torna d'attualità il tema della riforma della Rai, anche perchè tra poche settimane dovrà esserne rinnovato il Consiglio di amministrazione. Non erano mancate, anche nei tempi più recenti, diverse ...

Torna d’attualità il tema della riforma della Rai, anche perchè tra poche settimane dovrà esserne rinnovato il Consiglio di amministrazione.

Non erano mancate, anche nei tempi più recenti, diverse proposte di riforma della sua governance.

Tra queste, e sfruttandone la moda imperante, si era addirittura pensato – dall’interno dell’attuale CdA – di introdurre il modello c.d. dualistico per la governance della Rai. Tale proposta, però, non è in grado di fornire adeguata risposta al primo limite dell’attuale modello. Infatti se si può convenire sul fatto che il più grave limite è quello costituito dalla eccessiva intromissione della politica e, in particolare, dei partiti politici, nella ordinaria gestione della TV pubblica, non si può ritenere che il semplice sdoppiamento delle attuali funzioni del Consiglio di Amministrazione in un Consiglio di Gestione ed in un Consiglio di Sorveglianza possa risolvere il problema.

Infatti, civilisticamente, il Consiglio di Sorveglianza è nominato dall’Assemblea e provvede, a sua volta, a nominare il Consiglio di Gestione. E’ evidente come la maggioranza azionaria presente in assemblea possa determinare, seppur indirettamente, la nomina di ambo le componenti gestorie del modello dualistico.
Tra l’altro, con considerazione di opportunità, non si può ritenere che le caratteristiche dell’assetto azionario che possono spingere all’adozione del c.d. modello dualistico (tra gli altri: frammentata partecipazione azionaria, azionariato diffuso) possano essere presenti in un assetto proprietario che vede il Ministero dell’Economia possedere oltre il 99% delle azioni della Rai.

Va da se, quindi, che con un simile assetto proprietario non potrà che essere evidente il segno delle nomine del Consiglio di Sorveglianza e di quello di Gestione.

Pertanto, un primo elemento che merita di essere rimeditato è quello relativo a quali soggetti debbano prender parte alla individuazione dei singoli membri del consiglio di amministrazione e quale debba essere il riparto delle competenze gestorie assegnate.

L’attuale assetto proprietario potrebbe essere modificato radicalmente solo se si decidesse a livello politico una privatizzazione della Rai (quantomeno in parte con la messa sul mercato di una o due reti), scelta che dovrebbe essere, però, sostanziata ed accompagnata dall’inserimento di efficaci e rispettati limiti antitrust con una radicale riforma della c.d. legge Gasparri che, sul punto, non rappresenta certo una legislazione di tipo concorrenziale, visto che si limita ad ampliare a tal punto il mercato rilevante da creare delle soglie di concentrazione praticamente irrilevanti.
Ma una tale scelta è lungi dall’essere realisticamente praticabile e, pertanto, supponiamo di continuare a fare riferimento all’attuale assetto.

IN un tale contesto un tentativo coerente e potenzialmente risolutivo della governante Rai dovrebbe cercare di far leva sulla imitazione di modelli stranieri capaci di affermare una marcata autonomia dei contenuti editoriali rispetto agli assetti proprietari e gestori. Infatti, è solo se si riesce a rendere impermeabili i primi dagli interessi, diretti o indiretti, della proprietà che un ragionevole equilibrio in grado di garantire la funzione di servizio pubblico della Tv di Stato.
Dal punto di vista comparatistico, uno dei modelli di riferimento non può che essere il rinnovato assetto della governance della BBC (British Broadcasting Corporation) che a far data dal 1 gennaio 2007 è oggi regolato da una nuova Royal Charter.

In particolare il modello inglese prevede, dopo un adeguato richiamo agli scopi istituzionali che debbono caratterizzare la tv pubblica, uno sdoppiamento di funzioni tra il c.d. BBC Trust e l’Executive Board.
Il primo viene riconosciuto come autonomo ed indipendente rispetto al secondo, caratterizzandosi per il diverso criterio di nomina e per la funzione di indirizzo e di controllo circa l’operato del Board.
Il Trust viene definito come il guardiano dell’interesse pubblico il cui perseguimento è demandato istituzionalmente alla tv pubblica.
La nomina dei membri del Trust (c.d. Trustee) avviene previa selezione per meriti e per curricula che siano aderenti alle specificità del settore e la nomina viene effettuata dal Capo di Stato (ovvero il Monarca) previo parere dei ministri interessati.

E’ poi il Trust a nominare i membri del Board che dovranno avere l’onere di realizzare gli obiettivi dal primo prefissati. Quindi la gestione amministrativa viene assegnata ad un organo snello, il Board, che riporta direttamente al Trust e che ha la responsabilità della gestione ordinaria. Mentre è il Trust ad assumere la funzione di decisore editoriale, fissando i principi dell’attività, le linee di indirizzo ed il rispetto della missione cui è deputata l’emittente pubblica.
Cercando di far tesoro di tale esperienza, che indubitabilmente ha garantito – anche con modelli simili seppur non analoghi – il raggiungimento di livelli qualitativi e di indipendenza emblematici, si potrebbe cercare di delineare un nuovo modello di governance della Rai, di fonte legislativa, che può esser sintetizzato come segue.
Ferma la proprietà delle azioni, in mano al Ministero dell’Economia, l’amministrazione del Rai avverrebbe tramite la nomina di un “Comitato Scientifico” (l’omologo del Trust inglese della BBC) composto da autorevoli esponenti del mondo accademico, delle professioni (giornalisti, autori di format televisivi, registi, etc.), della cultura, individuati sulla base delle caratteristiche curriculari. La nomina potrebbe essere effettuata, rebus sic stantibus, dal Presidente della Repubblica, previa audizione del Ministro competente, dei Presidenti dei due rami del Parlamento (qui si possono individuare altri interlocutori che partecipino alla procedura di valutazione).
La durata dell’incarico può essere prevista a termine breve e non rinnovabile (ad es. 5 anni) oppure a termine lungo non rinnovabile (9 anni) oppure, e questa potrebbe essere una soluzione di particolare rilievo, a vita del designato, in modo da garantire la continuità e la assoluta indipendenza rispetto al potere politico/partitico.
Il rinnovo dei membri del comitato potrebbe, poi, essere effettuato con le stesse modalità della nomina oppure, anche qui si potrebbe osare nella sperimentazione del modello, tramite rinnovo per cooptazione da parte dei membri del Comitato (tale scelta meglio si accompagnerebbe ad un Comitato che abbia durata predeterminata nel tempo).

Sarebbe poi il Comitato Scientifico a nominare tutti, o una parte, dei membri del Consiglio amministrativo (la restante parte potrebbe essere di nomina assembleare, ovvero da parte del Ministero dell’Economia) con la funzione di eseguire le linee di indirizzo stabilite dal Comitato.

Un tale disegno potrebbe essere realizzato distaccando il modello societario dalla disciplina civilistica, creando, tramite la legge, un modello particolare e sui generis, capace di adempiere alla funzione istituzionale demandata alla Tv pubblica.
E’ senz’altro vero che si tratta di una proposta dai contenuti particolarmente innovativi, ma potrebbe rappresentare un valido tentativo per poter rispondere concretamente e seriamente alla pervasività delle inframmettenze partitiche nella gestione ed amministrazione della Rai, garantendo, da un lato, l’autonomia editoriale e, dall’altro, l’indipendenza delle valutazione imprenditoriali.