Un mese fa era stato il turno di Megaupload. Ora tocca a SiDCrew. Per chi bazzica nel mondo delle serie televisive non ha bisogno di presentazione, per tutti gli altri va detto che SiDCrew è uno dei più famosi releaser italiani di serial, ovvero uno dei principali fornitori di puntate di serie di successo, ottimizzate per lo scaricamento e lanciate in rete con tanto di sottotitoli italiani. In sostanza uno dei primi che immetteva i file pirata in Rete, facilitandone così la rapida diffusione. Arrestato pochi giorni fa.
La notizia arriva dalla guardia di Finanza di Merate che in un comunicato stampa ha spiegato l’attività di SiDCrew:
«Il pirata informatico, dopo aver acquisito le più note serie televisive (come Dexter, Criminal Minds, White Collar e numerose altre […]) provvedeva ad assemblare e codificare le stesse per caricarle successivamente all’interno di server informatici di grandi dimensioni. I files così modificati venivano “annunciati” nei siti internet di download da dove l’utente finale, previo pagamento, provvedeva allo scarico illegale del programma televisivo d’interesse. […] E’ la prima volta – continua la nota – che viene identificato e denunciato un releaser specializzato nella distribuzione illecita delle serie televisive».
Il tema è caldo e l’abbiamo già trattato tempo fa, quando l’FBI ha oscurato Megavideo e Megaupload. Va sottolineato che tra le due accuse ci sono diverse differenze: il fondatore di Megaupload avrebbe guadagnato illecitamente dalla vendita di abbonamenti premium, mentre per SiDCrew (sebbene la guardia di finanza faccia riferimento a eventuali pagamenti, ma non si capisce da parte di chi, dato che non esisteva un sistema simile a quello di Megaupload) il problema riguarda prettamente un discorso di file sharing.
E siamo alle solite: la pirateria, il diritto d’autore, il copyright, eccetera eccetera. Un discorso che tende a ripetersi con costanza. Spieghiamoci, onde evitare malintesi: il lavoro va tutelato e pagato e credo che nessuno su questo sia contrario. Non è nemmeno in questione il fatto di rimanere “a secco” (sappiamo benissimo tutti che per un sito oscurato, un altro viene aperto, senza contare gli altri modi – infiniti – per recuperare materiale).
Il punto è: siamo nel 2012, è possibile che un accordo tra le major per mettere in rete tutti i materiali a prezzi bassi non si sia trovato? Il Web offre un potenziale che per gli amanti delle serie TV (ma anche del cinema e della musica) non è paragonabile a nient’altro. Ma negli ultimi dieci, venti anni non s’è fatto un passo in avanti. Eppure la rete, il mondo digitale, ormai sono quotidianità appurata. Sfido a trovare una persona che per un motivo o per un altro (“quel film in Italia non è mai arrivato”, “volevo vedere un anime giapponese”, “mi serve per lavoro”) non si sia guardato un film o una serie in Rete. Tutti abbiamo la nostra buona scusa per esserci serviti di questi siti. Sbagliando? Probabilmente sì, nel senso che non abbiamo rispettato una legge, ma forti di una cosa che dirò citando le parole di un blogger de La Stampa, Luca Castelli: “il copyright non accetta Internet e Internet non rispetta il copyright“.
E’ questa la verità dei fatti e su questa verità tutti dovrebbero interrogarsi. Cercando una soluzione che interessi le masse e non solo le lobby e modificando una legge che è ferma da fine Ottocento, dalla Convenzione di Berna. Una legge che così com’è invita alla pirateria e che così facendo danneggia solo chi in questa eterna battaglia tra lobby e utenti sta in mezzo, ovvero il lavoro degli artisti (siano essi legati al mondo della musica, del cinema o della televisione). Noi siamo andati avanti, non è il caso che evolvano anche le leggi che tutelano il diritto d’autore?