ParsifalI cento giorni del governo Monti

Si compiono i primi cento giorni del governo Monti. La "luna di miele" dell'opinione pubblica è trascorsa e forse, negli esoterismi tanto cari a un diffuso e sotterraneo simbolismo, sxi riandrà a q...

Si compiono i primi cento giorni del governo Monti. La “luna di miele” dell’opinione pubblica è trascorsa e forse, negli esoterismi tanto cari a un diffuso e sotterraneo simbolismo, sxi riandrà a quell’ 11-11-11, ovvero a quell’11 novembre dell’anno passato quando si compì, nell’urgenza della crisi, una nomina tanto inconsueta quanto allora benedetta.

L’11-11-11 fa in totale 33 come gli anni di Cristo o il grado dei Gran Maestri della libera Muratoria : ma, se si può restare pienamente “laici” e con i piedi saldamente per terra, non si può evitare di suggerire un bilancio provvisorio e di prospettive per il futuro, anche fino alla scadenza temporale, che appare comunque proiettata al ricambio fisiologico della legislatura, ovvero le elezioni politiche della primavera del 2013.

La “scossa” dei tecnici è sicuramente arrivata, vuoi nelle faticosissime briglie messe allo “spread” e alla virulenza dei mercati, oltre all’indubbia credibilità riconquistata dal Paese in Europa e sullo scenario internazionale.

Di cose “buone e giuste” il governo ne ha sinora fatte, e sarebbe ingeneroso sottovalutarle: ma resta nello sfondo un retrogusto di amaro, com’è di tutte le medicine efficaci, eppure tale da esporlo ad un progressivo rischio di erosione , perchè il trinomio “rigore, equità e crescita” si dimostra ancora una lontana conquista.

Ha già vinto lo stile, la “sobrietà” tanto incensata quanto poco condivisa, ma mantiene un che di provvisorio, soprattutto nel Palazzo che lo considera un “alieno effimero” e che oggi piega la testa, come il giunco che attende il passaggio della piena, tanto episodica quanto impetuosa.

Lo ha già notato su queste colonne Enrico Zanetti, e cioè che l’agire determinato del governo dei tecnici, nella tenaglia del delito pubblico, si è mosso in maniera dura e draconiana verso il privato e altrettanto timida e riflessiva verso il pubblico, in particolare sugli sprechi dell’apparato.

E cioè rapido (e sempre per decreto-legge) nell’intervento sulle pensioni, veloce nei sacrifici imposti all’immenso ceto medio colpito nel reddito e nel patrimonio (il bollo sui depositi, le tasse sugli immobili, gli estimi pesantemente rivalutati), nelle accise sulla benzina, e via torchiando i contribuenti che non possono sfuggire….E la lotta alla scandalosa evasione fiscale dei privati ha avuto una frustata indubbiamente positiva.

Insieme, però, il governo è insieme ponderato, perplesso, se non alle volte incerto, sui costi dell’apparato, sui privilegi dell’amministrazione, sui tagli di spesa pubblica fuori controllo. Si interverrà con disegni di legge (forse ed è un forse carico di incognite) sui costi intollerabili della giustizia civile (più di un punto di PIL all’anno), sulla giungla della corruzione, appena stimata dalla Corte dei Conti in 60 miliardi di euro l’anno e che è consustanziale al groviglio inestricabile dell’amministrazione pubblica, dall’immenso e impunito potere delle superburocrazie e dalle “cricche” a queste incestuosamente collegate.

D’altronde è noto da decenni che il “fatturato” della “Mafia s.p.a” (e delle altre organizzazioni criminali) deriva per più della metà dal pubblico denaro, ovvero dall’interccio perverso con le amministrazioni, attraverso il sistema degli appalti e il continuo ricarico degli importi. .E allora la sfida, anche comunicativa, resta quella di affondare la lama della “sobrietà” proprio alla radice della crisi, dentro quella superburocrazia irresponsabile che si auto-moltiplica, si auto-elargisce e sempre si auto-assolve.

Perchè è questo il vero terreno, al di là della cortigianeria della grande informazione, sul quale si misura anche la scommessa del consenso, alla lunga indispensabile per un esecutivo tecnocratico, che rischia di comparire come una “èlite senza popolo”. E le inquietudini che attraversano i partiti di massa, che pure sostengono il governo in mancanza di alternative, ne sono la spia sempre più crescente e visibile.

Dopo cento giorni, e pur con il più che lusinghiero supporto europeo, la durata e il successo del governo è collegata al proposito di “smontare lo Stato” e di rimontarlo al servizio concreto e produttivo della società: se non lo comprende e non ci riesce, corre il pericolo di restare nella memoria come l’ultima speranza incompiuta.