Se le camicie verdi di nascosto gioiscono per l’azione di Giove Pluvio (o meglio nivale) sull’odiata Roma ladrona e la sua storica fragilità ad affrontare l’inverno, non hanno per ora molto altro di cui consolarsi. Le lotte interne al partito sono ben lontane dall’essersi acquietate . anche perchè la stagione dei congressi, pur ufficialmente decisa, ha ancora tempi vaghi e del tutto imprecisati. E qualcuno si chiede come mai nel previsto ricambio di tutti i vertici del partito (che prima o poi avverrà) resti esclusa la figura del Coordinatore delle segreterie federali (appannaggio sempiterno e mai confermato da un voto democratico della base o di delegati del senatore Calderoli). L’ex ministro alla Semplificazione, molto presente nell’attività declaratoria in funzione antigovernativa, sembra peraltro impegnatissimo a costruirsi un ruolo di cerniera tra il “cerchio magico” di Gemonio e i “barbari sognanti” di Maroni, onde giocarsi in tempi brevi e in condizioni da “mediatore” la scalata alla successione di fatto del Fondatore.
Ma è il quadro poltico che comincia ad inquietare la Lega. Il timore evidente di esser messa ai margini dalla rivisitazione della legge elettorale (sulla quale si va esercitando il simulacro della Grosse Koalition che sostiene il “governo tecnico”) si accompagna all’esaurimento – almeno nei sondaggi – dell’ondata di favore popolare suscitata dalla scelta di schierarsi da subito all’opposizione isolata, se non monopolista, dell’esecutivo guidato dal Professor Monti.
D’altra parte, pur godendo i benefici della collocazione antagonista, che rinsalda l’identità e consente un movimentismo tattico spregiudicato, sta riemergendo il dubbio che tormenta Bossi fino dalla caduta morbida di Berlusconi. Quello di restare completamente tagliato fuori dal gioco di alleanze politico-parlamentare e insieme di assistere da spettatore al lavoro del governo, con l’incognita che possa “farcela”, a cominciare dalla calorosa credibilità internazionale e dalla tenuta dei conti pubblici..
Infatti l’inclinazione di Mario Monti (che non è proprio uno sconosciuto alla lunghissima navigazione leghista) ha caratteristiche comunque “nordiste”, quanto a rigore culturale, a logica di comando, a ricupero di efficienza e di produttività della scassata macchina dello Stato. D’altronde il Professore ((e buona parte della sua squadra) interpretano quel filone di aristocrazia dell’intelletto di scuola lombarda che, fin dai tempi di Cattaneo e magari dei fratelli Bocconi (fondatori dell’omonimo ateneo guidato a lungo proprio dal Professore) aveva lo sguardo rivolto verso l’Europa continentale che verso il Mediterraneo.
Può succedere dunque il paradosso che un esecutivo sostanzialmente “nordista” per formazione, valori di riferimento e visione complessiva del discorso pubblico si trovi ad operare nella sua prospettiva culturale, trovandosi “contro” proprio quella forza politica che delle attese del Nord ha fatto a suo modo la propria ragione sociale. E’ in vista il primo incontro tra il premier e il leader leghista. L’ordine del giorno è lo Statuto della Regione Veneto di Luca Zaia impugnato formalmente dal governo: ma è difficile sostenere che il colloquio si contenga a una agenda così povera…