La Grande Mela GiallaA Honk Hong le banconote son di plastica. E il resto?

A Hong Kong la banconota da 10 dollari locali – poco meno di 1 euro – è di plastica. Ovvero, non si sgualcisce, non si strappa, non si stropiccia. Paradiso dei disordinati e pasticcioni, bella pers...

A Hong Kong la banconota da 10 dollari locali – poco meno di 1 euro – è di plastica.
Ovvero, non si sgualcisce, non si strappa, non si stropiccia. Paradiso dei disordinati e pasticcioni, bella persino da vedere e da toccare, colorata come un pacco regalo, è il sogno di collezionisti raffinati.

Ha pure una parte trasparente, sempre in plastica ovviamente, che messa in controluce rivela la Baunia ovvero il fiore simbolo di questa isola, ex colonia britannica, in attesa di tornare alla madre patria, la grande Cina.

Io sono arrivata ad Hong Kong la prima volta nel luglio del 2007 e di primo acchito non mi è piaciuta molto. Mi avevano detto che c’era un caldo umido impressionante ma che l’effetto sauna fosse talmente forte da farmi pentire di aver scelto i jeans come abbigliamento da viaggio…beh, questo proprio non lo immaginavo.

Inoltre, mi avevano detto che in questo Paradiso del welfare, i lavoratori locali non avevano mai fatto sciopero perché in realtà non ce n’era per nulla bisogno. Poche tasse, ottimi servizi amministrativi, livello di vita abbastanza buono, luogo sicuro e alla fin fine divertente. Insomma il luogo dove tutti vorrebbero lavorare e abitare. Peccato che all’arrivo in aeroporto, in quel lontano 2007, si stesse verificando il primo sciopero dei taxisti in assoluto. Un serpentone unico di chilometri e chilometri di auto bianche e rosse, come sono qui i taxi, che hanno bloccato per un giorno intero quasi tutta la città e rendere impossibile il raggiungimento del centro dopo mezzanotte quando la metro si ferma.

Roba da non credere, roba da Occidente debosciato e disorganizzato. Roba da far scatenare la libido dei media locali e non solo, che bene hanno pensato di chiedermi cosa ne pensassi, in quanto rappresentante del mondo debosciato di cui sopra. Roba, insomma, da farmi piangere, stretta nei miei jeans da strizzare.

Quindi, il primo impatto non è stato felice. Quando, poi, ho preso in mano per la prima volta quei 10 dollari locali, plastificati e perfetti tutto mi è stato più chiaro.

Hong Kong è come i suoi soldi: plastificata, perfetta, indistruttibile, ‘in-spiegazzabile’, pulita, sicura e, perché no, campanilista per non dire nazionalista. Essendo Special Administrative Region, gode di grandi vantaggi rispetto alla ‘casa madre’, alla quale fa comunque comodo mantenere questo Paradiso di plastica, anche fiscale, da cui transitano soldi, merci e persone come fosse la hall della Gran Central di New York.

Qui, invece di ristrutturare, buttano giù tutto e ricostruiscono. E se un ristorante da 400 posti può essere ristrutturato in 24 ore, un palazzo di 30 piani può venire su in qualche mese senza problemi. Le impalcature sono di bambù, e come la plastica del dollaro, sono indistruttibili, perfette, sicure.
I pulsanti degli ascensori, fuori e dentro, nei grattacieli e nei grandi centri commerciali – quindi praticamente nel 90% dei palazzi – sono disinfettati ogni ora dal personale comunale che armato di paletta e scopettino raccoglie anche le ciglia.

E’ qui che nel 2003 si scatenò l’inferno dell’aviaria – a quelle vittime è anche dedicato un monumento in centro – e a gennaio scorso l’allarme è scoppiato di nuovo facendo salire il livello di allerta. Ecco perché quando si sbarca dall’aereo il primo controllo a infrarossi è quello della temperatura corporea! Ed ecco perché ad Hong Kong sono disinfettati anche i cestini della spazzatura nei verdi parchi urbani. Tuttavia, questo non evita ai simpatici amici cinesi di utilizzarli come sputacchiere senza avere la scusa di una prelibata e professionale degustazione di vini toscani.

Forse sarà proprio la plastica ad uccidere Hong Kong, che non ha un sistema di riciclaggio rifiuti e in una città di oltre 7 milioni di abitanti, suddivisi tra isole e terraferma, diciamo che il problema non è piccolo. Eppure non c’è segno di sporcizia per strada, in questa Montecarlo d’Oriente.

Nel frattempo c’e’ chi con la plastica – della carta ne parleremo in un altro momento se vi va perche’ anche di quella ne e’ il regno – ne ha fatto un prodotto artistico trasformando i manifesti pubblicitari – che qui ovviamente sono di…plastica – in tela per sgabelli-borsa portatili.

Ne parliamo nella prossima virtual-postcard dalla Grande Mela Gialla.

X