Milano non tutela nessuno, ognuno si tutela da sè, con la prepotenza, l’aggressività, l’arroganza. Quando si parla di giungla metropolitana, credo si intenda qualcosa del genere meneghino, una città in cui se vuoi salvaguardare la pelle devi fottertene di quella altrui.
Gli scrittori di una volta, e i filosofi, andavano al fronte, partivano alla guerra, per sperimentare sentimenti profondi, la sublimità della vita e della morte: gli scrittori di oggi basterebbe andassero a lavorare, ma impieghi umili, intendo, a contatto con la gente, e le loro anime sensibili toccherebbero cime di passioni fatalmente sconvolgenti. C’era un pezzo, negli anni Novanta, si intitolava “Vieni giù con me nel posto dove vivo”, credo parlasse di Napoli, lo stesso titolo oggi calza bene per Milano. Una città che non tutela i suoi cittadini, i suoi lavoratori, le sue fasce deboli ma nemmeno quelle forti, una città che non tutela nessuno e dove davvero l’unica regola è nessuna regola. Sembra un romanzo di Gallone, vero? E invece nemmeno la mia visione narrativa del collasso sociale riesce a immaginare un baratro così avvilente per gli esseri umani: è vero, al mondo ci sono città dove ti sparano al semafori per rubarti il cellulare, dove si macellano a colpi di machete per un’etnia o una religione, ma almeno, seppur raccapricciante, hanno un motivo, per farlo. Consolatoriamente, noi da Milano chiamiamo quei luoghi Terzo Mondo, qualche padano allarga il concetto fino a Roma. Milano non è così. Milano ti schiaccia, e non ha alcun motivo per farlo, alcun motivo valido.
Nessuno rispetta nessuno, e nessuno protegge nessuno. Ieri, mercato di Affori, senza ispettori del comune si segue il principio della prepotenza, mette giù il primo che arriva: i Vigili, detti Poliziotti Municipali, non ci possono fare niente, poiché non è compito loro. Passeggiano a deterrent degli abusivi, due vigilesse alte un metro e novanta una sopra l’altra, per intimidire neri dalle lunghe gambe e stature watussiane. Al telefono, l’ufficio comunale preposto alla tutela dei Mercati non risponde. C’è gente che ha diritto ma va a casa senza lavorare.
Ieri sera, scazzottata in un cortile della stessa zona, Affori: il 113, per due volte, butta giù il telefono. Alla terza volta, quando ormai le acque si son chetate, il cittadino richiama, dice: “Grazie mille per la collaborazione, ma ormai la scazzottata è finita” un filo di sarcasmo nella voce, e il centralinista ha il coraggio di rispondergli: “Ma per le aggressioni non è noi che deve chiamare, ma i Carabinieri”!
Non c’entrano stranieri nelle due vicende appena narrate. Essere uomini indegni non è questione di nazionalità, di colore, di religione, è ovvio e banale. C’entra solo una Città che ha smesso di amare e proteggere e riconoscere i propri cittadini, che li ha abbandonati per pigrizia e inerzia e avarizia e avidità, una Giunta Comunale troppo distante dagli esseri umani che animano le strade e le piazze e gli androni e i negozi. Una gestione tesa unicamente a intascare uno stipendio con meno lavoro e più parole possibile. Questo è l’esempio che la classe politica e le istituzioni danno alle persone che quotidianamente poi popolano asfalto e cemento: queste persone lo seguono, perché l’esasperazione costringe a deglutire questo bolo amaro che ripete in un sussurro malsano e disperato che in questa città, non esiste la cavallaeria, nessuno verrà a salvare nessuno, ogni uomo è per se stesso, e chi non lo capisce è perso.