Quello che colpisce questa volta nell’assegnazione dei premi Pulitzer non sono i riconoscimenti assegnati a prodotti online come Huffington Post e a Politico, ma semmai quello vinto da un giornale dell’Alabama The Tuscaloosa News. E la ragione è che, in realtà, quest’ultimo, come vedremo, è stato un premio assegnato ai social network.
Il Pulitzer ha il pregio di problematizzare. Quello, anzi, quelli, che vinse la ProPublica (uno nel 2010 e uno nel 2011) di Paul Steiger fu una vera svolta. Non era solo un premio all’online ma conteneva la domanda se il giornalismo di qualità fosse sostenibile nel modello profit o se invece il futuro fosse all’insegna del no profit, modello ProPubblica. Steiger una volta disse che il budget di circa 200 milioni di dollari che aveva speso per l’inchiesta con cui ha vinto fosse quasi il doppio di quello che disponeva quando lavorava in un giornale non proprio senza soldi come il Wall Street Journal. La domanda che pone quel modello è ancora inevasa. Profitto e alta qualità quanto sono compatibili quando si esce da modelli economico-finanziari come The Economist o il Financial Times? Il tema dei beni comuni di Elinor Ostrom, Nobel per l’economia nel 2009, in che modo può riguardare i media? Nell’idea di giornalismo come “servizio pubblico”, inteso come massimo del rigore e dell’imparzialità, l’aggettivo “pubblico” deve voler dire statale o può rientrare nella logica dei commons studiata dalla Ostrom?
Questa volta si è parlato molto del premio vinto dall’Huffington Post e da Politico. Due ottime testate, soprattutto la seconda che però in realtà nell’area di Washington DC è un giornale di carta. Posto che il premio per il giornalismo investigativo questa volta non è andato all’online (mentre andò a ProPublica per la bellissima inchiesta di Sheri Fink fatta in collaborazione con il New York Times), l’Huffington Post ha vinto per il lavoro di David Wood (ex Time, ex LA Times e molti altri) sui soldati americani che sono stati in Iraq e Afganistan. Wood è un gran nome del giornalismo, poteva vincerlo sull’Huff Post come in qualsiasi altro posto. Il Politico ha vinto per le vignette di Matt Wuerker, lo staff cartoonist del giornale. Dov’è la vera novità?
Il piccolo e sconosciuto The Tuscaloosa News ha invece avuto il premio per la sua copertura dell’arrivo di un tornado «utllizzando social media e reporting tradizionale fornendo aggiornamenti in tempo reale, aiutando a trovare persone scomparse e producendo resoconti in profondità». A vincere è stato quindi il suo resoconto basato su Twitter dell’arrivo della tempesta. La categoria in cui ha vinto è quella del Breaking News Reporting. E Sig Plisser, amministratore del Pulitzer Prize, ha dichiarato a Mashable che «i social media sono apparsi in diverse categorie quest’anno. Uno dei fattori considerati è stato il reporting in tempo reale nelle prime fasi dell’evento». Ma soprattutto ha aggiunto che nei prossimi anni l’uso dei social sarà tenuto da conto anche in altre categorie, escludendo la creazione di una sezione ad hoc.
Ecco, se la volta scorsa il Pulitzer tematizzava il rapporto profit e no profit, questa volta tematizza quello fra media e social network. Anzi, visto che parliamo di Twitter, fra media e social media, dato che tale esso è (mentre la definizione di social network meglio si adatta a Facebook). Chi saprà coniugare la qualità con “l’economia del dono” su cui è basata la Rete, chi saprà quindi rileggere Marcel Mauss oltre a Elinor Ostrom, chi saprà coniugare reporting, inchieste e analisi con i social media e la loro tempestività, chiunque esso sia, avrà trovato la quadratura del cerchio, o, quantomeno, ci sarà andato molto vicino. Noi a Linkiesta, con il vostro prezioso aiuto, ci proviamo, con profonda umilità, ogni giorno.
Il Twitter feed dell’arrivo della tempesta su The Tuscaloosa News