Non è passato troppo tempo dal tentato assalto mediatico realizzato e fallito dal Forum Nucleare, ed ecco un altro ‘forum’ comparire all’orizzonte: quello vivisezionista.
La campagna pubblicitaria ResearchSaves, lanciata negli Stati Uniti nei giorni scorsi dalla FBR (Foundation for Biomedical Research) e per ora apparsa solo su alcuni giornali italiani, a dire dei promotori si espanderà a breve in maniera massiccia con dei cartelloni in tutta Italia e (proprio come aveva fatto il Forum Nucleare) dichiara di voler ‘stimolare la riflessione’.
Gli Italiani infatti sono decisamente contrari alla vivisezione. Secondo il ‘Rapporto Italia 2012‘ dell’Eurispes, l’86,3% degli Italiani si schiera contro la vivisezione, sostenendo che il rispetto per gli animali sia di gran lunga superiore ai vantaggi e agli eventuali benefici che l’uomo potrebbe trarre dallo sperimentare su altri esseri viventi.
Va aggiunta l’efficacia delle recenti campagne contro la vivisezione (come quella per salvare i cani di Green Hill destinati alla sperimentazione), oltre al dibattito sulla legge Comunitaria, in corso di approvazione, il cui art.14 vieta l’allevamento di cani, gatti e scimmie destinati alla vivisezione e impone allo Stato di muoversi verso metodi alternativi. La lobby vivisezionista intende quindi correre ai ripari.
Ma questa spregiudicata campagna pro-vivisezione che, riciclando una vecchia e fuorviante argomentazione, domanda ‘Chi preferisci vedere vivo, il topo o la bambina?’, in Italia si sta già ritorcendo contro gli stessi promotori e sta diventando un boomerang.
Questo perché semplificare temi complessi e tecnici facendo leva su meccanismi emozionali, infatti, induce a sospettare che una campagna che pretende di essere ‘sociale’ non sia altro che una campagna a tutela degli interessi di una lobby.
E poi l’esperienza insegna. ll Forum Nucleare proponeva uno spot apparentemente al di sopra delle parti ed è invece stato accusato a gran voce di usare un meccanismo subdolo per convincere le persone della bontà del nucleare, finché non è stato addirittura bocciato dal giurì di autodisciplina pubblicitaria.
La campagna ResearchSaves sembra intraprendere un percorso molto simile. Parte dallo stesso fuorviante assunto, la mancanza di alternative: come non c’è progresso senza nucleare, non c’è ricerca senza vivisezione. Il meccanismo più subdolo sta proprio nell’imposizione di una scelta, senza considerare le alternative che vengono escluse dal campo di gioco. Ma così come in campo energetico esistono tecnologie rinnovabili e pulite, nel campo della ricerca scientifica esistono metodi non cruenti alternativi alla sperimentazione animale, promossi anche in Italia.
Un altro aspetto comune è che sia la campagna pro-nucleare che quella pro-vivisezione mettono in piedi un conflitto tra due parti contrapposte, ma usano meccanismi specularmente opposti. Nello spot del Forum Nucleare, i nuclearisti e non nuclearisti, che sono veri avversari nella realtà, diventano complici in quanto la partita risulta truccata e sbilanciata a favore del nuclearista.
Nella campagna pro-vivisezione la bambina e il topolino, che non sono per nulla avversari nella realtà, vengono resi artificialmente avversari nella finzione pubblicitaria. Lo scopo è generare facili emozioni di fronte a una bambina, nella quale, nelle intenzioni dei pubblicitari, un genitore tenderebbe a riconoscere i propri figli. Sull’uso strumentale dei bambini nella pubblicità c’è una lunga letteratura.
Infine, va aggiunto che la versione italiana della campagna è probabilmente sfuggita di mano agli stessi promotori. Il tentativo USA, già di per sè goffo, è diventato ancora più goffo.
Nella versione originale USA, si contrappongono uno ‘spregevole ratto’, colpevole di voler salvare la pellaccia a scapito di una bellissima bambina, potenziale vittima minacciata, creando artificialmente due fazioni nettamente contrapposte (o stai con uno o stai con l’altra), visivamente divise da una linea mediana: gli insensibili estremisti animalisti stanno con il ‘rat’ (il ratto), e le persone per bene, con ‘her’ (la bambina), ovvero, con la sperimentazione pronta a proteggerla. L’artificio è enorme e le argomentazioni molto superficiali. E questo ha provocato il risentimento di molti e le proteste delle associazioni.
Ma l’effetto boomerang della versione italiana, se possibile, è ancora maggiore di quella americana. I comunicatori hanno stravolto l’impostazione originale, probabilmente perché il gioco di parole in inglese (RAT/HER), in italiano non funzionava più. E così hanno scelto di far parlare il topolino, il quale comunica direttamente alla bambina la sua volontà di immolarsi per salvarla.
Sebbene l’intento dei pubblicitari sia rafforzare la propria tesi, il risultato è l’opposto. Rispetto alla versione americana, si perde completamente la divisione in due fazioni contrapposte e, anche visivamente, il topo non è più isolato sul lato sinistro, ma si avvicina alla bambina.
Così il topolino, rivoltandosi alle stesse intenzioni dei pubblicitari, si trasforma da ‘villain’ in ‘hero’, pronto a salvare una bambina in difficoltà a costo della sua stessa vita. E sembra quasi che la bambina stessa chieda (a noi grandi) di portare l’eroico e indifeso topolino a casa e non a morire in uno stabulario.
Involontariamente i pubblicitari restituiscono una realtà difficile da negare: la vittima non è una sola, ma sono due, il topolino e la bambina, entrambi potenziali vittime di una ricerca ancora imbrigliata nella sperimentazione animale.
Un effetto boomerang destinato, anche in questo caso, a rivoltarsi contro le aspettative degli stessi promotori. A meno che non ritirino immediatamente questa campagna, prima di ritrovarsi a vestire gli stessi scomodi panni dei forumnuclearisti.