L’architettura ha questa straordinaria qualità, se ben utilizzata. Può trasformare lo spazio, anche aggiungendo cubature. Rifunzionalizzando aree che fenomeni naturali oppure attività umane hanno alterato in maniera così profonda da metterne a forte repentaglio la vitalità. Architettura ed urbanistica sono, a tutti gli effetti, ammortizzatori in grado di disinnescare le “bombe sociali” prodotte, in molti casi, da un utilizzo del suolo indiscriminato. Dall’incapacità di immaginare il futuro. Esempi di risposte efficaci, di riflessione sui guasti del passato, non mancano. Soprattutto fuori dall’Italia. Basti pensare alla ridefinizione del piano regolatore della città di Calama, che proprio perché legata all’estrazione del rame, oggi si presenta in piena decadenza. L’intervento, firmato dal cileno Alejandro Aravena, caposcuola della nuova architettura sudamericana, ha ridato prospettiva a quel centro, offrendogli la possibilità di essere altro rispetto a quanto è stato finora. Ancora, soprattutto, al Museé du Louvre-Lens, che aprirà fra sei mesi nel Nord-Pas-de-Calais, a nord est di Parigi. In quella che per quasi tre secoli è stata la regione mineraria che nei suoi intestini aveva i giacimenti di carbone più importanti della Francia. Come dimostrano i due giganteschi terril di Loos-en-Gohell, che dominano sullo sfondo il paesaggio di queste parti. La scelta di portare proprio qui, a duecento chilometri circa dalla capitale, la dependance del più grande museo del mondo, che nel 2012 avrà entrate per 135 milioni di euro, nasce una decina di anni fa. Quando il governo decide di avviare, in maniera concreta, il decentramento. Così da dare soddisfazione alle richieste della provincia francese di poter contare anch’essa, al pari della capitale, su risorse. In questo processo, che ha portato all’apertura della celebre Ena a Strasburgo, dell’Ecole di amministrazione fiscale a Clermont-Ferrand, del Centre Pompidou anche a Metz, è stato inserito il nuovo Museo nell’ex cuore nero della Francia. Nel 2005, alla gara nazionale, per avere la nuova prestigiosa struttura, concorrono in tanti. Soprattutto quelli del Nord-Pas-de-Calais, che dopo la chiusura dell’ultima miniera, ventidue anni fa, è una delle regioni più povere del Paese. Viene scelta Lens, centro ad una trentina di chilometri da Lille. Città depressa da un lato, dalla chiusura delle miniere che avevano dato lavoro a migliaia di immigrati italiani, polacchi, spagnoli e marocchini. Dall’altro, dalla parabola della locale squadra di calcio passata dallo scudetto alla serie cadetta nel volgere di pochi anni.
L’operazione del museo è anche questo. Il tentativo di interrompere il declino e di riavviare una nuova crescita. La struttura, finanziata dall’amministrazione regionale del Nord-pas-de-Calais con 200 milioni di euro, avrà una superficie di 22 mila metri quadrati su due piani. L’esposizione semipermanente ne occuperà circa 5 mila, mentre il resto sarà dedicato a esposizioni temporanee a rotazione. Progettata dall’agenzia giapponese d’architettura Sanaa, con l’apporto della paesaggista francese Catherine Mosbach e Adrien Gardere per la parte museale, la struttura è relativamente bassa ed avrà quattro spazi diversi. Il primo è la Grande Galérie che ospiterà una sorta di viaggio nel tempo. Un percorso dalle civiltà più antiche al 1848 attraverso oltre 200 opere che al momento sono per l’80% esposte a Parigi. Opere che resteranno a Lens per cinque anni, per poi essere cambiate. A rotazione. Il secondo spazio ospiterà un grande laboratorio di restauro. Il terzo un auditorium da 300 posti per concerti, convegni, opere cinematografiche e teatrali. Il quarto una galleria per mostre temporanee.
Il tutto, in base alle aspettative dei diversi esperti, dovrebbe assicurare mezzo milione circa di visitatori l’anno. Potendo contare anche sulla possibilità di poter usufruire di mezzi di trasporto rapidi.
Nel paesaggio dominato finora da scheletri di torri e di miniere abbandonate, dall’ex quartiere dei minatori, formato da file di casette tutte uguali, tra non molto troverà posto il nuovo Museo. I cinque edifici, progettati dagli architetti Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa, prendono posizione come barche destinate prima o poi a incontrarsi dolcemente su un fiume.
A Calama, in Cile, e a Lens, in Francia, le amministrazioni hanno ritenuto opportuno investire su progetti che, su scale differenti, ridefinissero spazi “esauriti” dal predente utilizzo. Una lezione anche per noi italiani. Purtroppo, assai probabilmente, inascoltata.
22 Giugno 2012