Il post di oggi è dedicato ad un bel libro letto recentemente, Bernardo e l’angelo nero. Il libro, scritto da Fabrizio Silei e pubblicato da Salani, narra le vicende di Bernardo, figlio di un capo locale del partito fascista. Temporalmente, siamo a cavallo della Seconda Guerra Mondiale, in un piccolo paesino del centro Italia. Bernardo, già dalle prime descrizioni, ci appare come un bimbo goffo al quale non aiuta l’immagine carismatica del padre, che gli attira inimicizie da parte di coetanei. Un giorno si imbatte in un curioso ritrovamento: trova appeso ad un albero un paracadutista americano di colore. Proprio per cercare di recuperare stima agli occhi del padre e delle altre persone che lo denigrano, Bernardo lo libera e lo nasconde. Non vi racconto di più per non rovinarvi il piacere della lettura. Bernardo dapprima tratta l’uomo, che si chiama Gabriele, in base a quelle che sono le idee, gli stereotipi che gli sono stati inculcati dalla propaganda, stereotipi per cui il diverso è necessariamente nemico. Nel momento in cui abbandona il rapporto con un’idea ed entra in contatto con la persona, Bernardo comprende quanta ricchezza e quante opportunità si celino nel conoscere l’altro. L’avvicinamento è graduale ed è reso difficoltoso non solo dall’età del protagonista, quanto da differenze culturali, come quella linguistica, che rendono difficoltoso comunicare. Difficoltoso ma non impossibile. All’interno di piccole brecce, inizia una lenta conoscenza che sarà poi provvidenziale nello sviluppo degli eventi.
Nel libro l’accettazione della diversità dell’altro ha il suo fulcro nella storia tra Bernardo e Gabriel ma, a ben vedere, sembra che ognuno dei protagonisti non si uniformi in qualche modo al resto. Bernardo non lo fa rispetto al gruppo di coetanei, il padre rispetto agli altri gerarchi fascisti, la madre rispetto alle idee dominanti, il barbiere rispetto alle leggi. Anche il cane di Bernardo sembra obbedire a questa logica. Risulta allora difficile stabilire chi sia diverso da chi, chi possa dire di essere ‘uguale’ all’altro. Questo rende il giudizio basato sull’estraneità ancora più difficile. L’altro non può essere diverso se prendiamo consapevolezza delle nostre piccole diversità che ci rendono unici. Come spesso dico, la nostra realtà è costruita sul nostro linguaggio. In qualche maniera il nostro linguaggio è la nostra realtà. In questa storia i cambiamenti sono sottolineati anche a livello linguistico, quando Gabriel viene prima definito ‘negro’, poi nero, poi solo Gabriel. Anche linguisticamente abbiamo un passaggio dall’idea alla persona. Inoltre, altro aspetto simbolico tutt’altro che secondario, assistiamo ad una discesa dal cielo che in qualche modo annuncia a Bernardo il grande cambiamento della sua vita. Così come, nell’iconografia cristiana, fu l’arcangelo Gabriele a sancire con la sua venuta il grande cambiamento nella vita di Maria, così il paracadutista Gabriel sancisce e condiziona il suo passaggio nell’età adulta. Un insieme di piani, di letture che rendono questo libro coinvolgente.
Sunto perfetto è dato dalle parole della madre di Bernardo: ‘Bernardo io non sono una scienziata, ma in cuor mio credo che non ci siano razze superiori o inferiori. Siamo tutti uomini. Tutti uguali… Quella è solo… insomma , propaganda politica. La gente pensa sempre di essere migliore degli altri. A cominciare dai propri vicini di casa e poi su, su a salire fino ai popoli e alle nazioni’ (pag. 92)
Insomma, spero di avervi incuriosito abbastanza. E se questa è solo letteratura per ragazzi…. beh, voglio tornare ad esserlo!
A presto…
Fabrizio
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