C’è una cosa che negli ultimi 6 anni di lavoro non ha mai finito di stupirmi: la rarità con cui gli accadimenti del mondo esterno finiscono col catapultarsi e influire sulla quotidiana vita d’ufficio. E non vale l’idea diffusa per cui gli ambienti in cui si programma in Java o analizza l’impatto di una SQL Injection siano più sterili dei luoghi dove si progetta la gara per l’appalto di una casa di riposo.
Quasi esistesse una sorta di autocensura diffusa, solo alle emozioni forti (le alluvioni, i terremoti) e collettive (i risultati delle partite di calcio, lo scoop delle ultimi amanti) è dato diritto d’accesso al chiacchiericcio quotidiano delle pause caffè.
Ma oggi dando un’occhiata alle notizie online non ho potuto fare a meno di esclamare davanti a tutti: “Oh no, è morto Eduard Khil! Mr. Trololo non c’è più!”
Era stato già un primo dispiacere leggere la scorsa settimana delle sue condizioni di salute ormai critiche: ma leggere della sua morte mi ha fatto sentire in debito.
Il meme inconsciamente creato da Eduard Khil, il “trololo” ripetuto all’infinito, è ormai diventato una compagnia costante della mia vita in ufficio: non è solo una canzone che il web ha reso celebre trent’anni dopo la sua registrazione (come dettagliano le cronache di oggi), ma è uno dei momenti di simpatia che stempera la fine della giornata.
Già, perchè da Troll a Trololo il passo è breve e così negli anni la nota canzoncina è stata utilizzata per trollare.
Un must per ogni nerd che si rispetti.
Ebbene si: un cantante lirico degli anni ’70 è riuscito a contagiare la rete e a diventare strumento per tutte quelle attività di trolling che potete trovare su Wikipedia nel dettaglio (e magari talvolta vi capitano nei vostri blog, forum o pagine di Facebook).
Il modo di diventare fastidiosi seccatori o disturbatori nel web ha cioè pescato nel passato con un pizzico di innegabile creatività.
Beh, quando qualche mese fa mi sono cimentata a capire come mai alcuni dei miei giovani colleghi si distrassero di tanto in tanto canticchiando il Trololo a noi nuovi arrivati, impanicati in indagini che presto si sarebbero rivelate normali, ho riso per un pezzo guardandone il video su Youtube.
Ed è forse per questo che è una di quelle partenze che mi colpisce.
Perchè mentre arrancavo nella ricostruzione di una quotidianità a 600 km da dove me l’ero precedentemente inventata, mentre imprecavo nel tentativo di abituarmi ai bus romani, Mr. Trololo è arrivato in mio soccorso.
Ha regalato simpatia contagiosa a me e a tanti, appesantiti da giornate lunghe alle prese con la burocrazia, gli imprevisti, la risoluzione di problemi complessi con mezzi insufficienti.
@arturo_caissut ha twittato un epitaffio che penso possa riassumere ben un senso collettivo:
“Uno che ha donato così tanto divertimento al mondo senza pronunciare una sola parola intelligibile dovrebbe vivere per sempre.”
Ciao, Mr. Trololo. E grazie.