Nossignori, qui non parleremo di bambini, mariti, cura e maternità.
E no, non s’intende elogiare il volontariato, l’impegno politico, la conciliazione dei tempi di casa e lavoro al femminile.
Non passa occasione per ricordare come le donne laureate svettino in numero e valutazione sugli uomini. Non passa occasione per ricordare che stanno fuori dai luoghi di potere, di rappresentanza, etc…
Però guai a dire che le donne sono tra le principali alimentatrici del digital divide o, più banalmente, dell’anlfabetismo informatico del nostro Paese.
Quando ci costa? Quanto ci lascia indietro?
No, non raccontatemi che “le donne primeggiano nell’uso dei social network e quindi…”
Stop, riavvolgete il nastro. Buttate il naso in un aula d’ingegneria o di informatica. Fate un giro nelle aziende che si occupano di qualcosa che ha a che fare con l’Information Technology: si tratti di programmazione software, amministrazione di reti o sistemi, progettazione.
E per controprova fatevi un giro in quei luoghi dove invece le donne alle prese coi pc abbondano: un ufficio amministrativo, pubblico o privato che sia, può andar bene. Ecco provate a capire cosa succede a chi avete davanti rispetto a problematiche banali, come un monitor che non si accende perchè magari l’interruttore della ciabatta è spento o una mail che non parte perché il mail server è tarato per non spedire oltre i 10 Mega e quello è un file da circa 2 Giga…
Dai, su provateci: “Ma anche gli uomini…” mi verrete a dire.
Certo, anche loro ignorano. Ma per una sorta di orgoglio o ambizione difficilmente quando hanno a che fare con qualche problema informatico rompono le scatole. Prima ci provano da soli.
Invece troppe donne si difendono con frasi del tipo “Sono portatrice di altri saperi” e così dicendo ignorano che googolare può far scoprire non solo i passaggi per modificare il nome di un file, ma anche ottime guide per formattare correttamente l’impaginazione di un documento, inserirvi immagini, utilizzare GIMP, se non proprio Photoshop e tante altre cose interessanti.
Non parliamo poi di tutte quelle impiegate che ancora oggi si giustificano dicendo: “quando sono stata assunta il PC non c’era e non ho intenzione di imparare ad utilizzarlo adesso”. In un piano di riorganizzazione aziendale dove sperano di poter essere allocate? Siamo proprio sicure che l’ignoranza sia un diritto da consolidare nel tempo?
Meglio destare l’attenzione del tecnico informatico di turno: è pagato apposta! Non importa se così facendo si alimenta l’idea della donna ignorantotta. Non importa se così facendo si rimane ignorantotte.
Non importa neppure se il povero tecnico (o tecnica), già da tempo oberato di lavoro e del ruolo di capro espiatore aziendale, talvolta si esaspera a ripetere che i file hanno bisogno di nomi brevi e senza lettere accentate per non rischiare di causare problemi ai backup.
E vogliamo poi parlare delle mie tante, tantissime coetanee che affidano l’installazione dei programmi più user frendly del mondo al proprio fidanzato? Si, si esistono eccome, magari pur avendo alle spalle una laurea, un master, un dottorato. Non importa se l’essere uomini non equivale al primeggiare su tutto ciò che ha a che fare con la tecnologia.
Quando la mattina smonto il turno di notte, pur avendo un sacco di sonno, mi sento una privilegiata rispetto a quelle donne dallo sguardo sbattuto che hanno staccato il turno in ospedale, in casa di riposo, nella casa di qualche anziano da vegliare. A nessuno sapendo che lavoro a turni viene mai in mente di pensare possa fare l’operaia o l’analista informatica. La domanda di rito è: “ma in che ospedale lavori?”
Quando guardo la mattina l’open space dove lavoro e dove le donne sono il 6% del totale dei presenti mi dico che beh, non sarà forse il mio lavoro dei sogni, ma nell’IT la vita per una donna è assai migliore dei tanti lavori che di norma rischia di fare.
Purtroppo quando rappresenti il 6% di un gruppo non è facile: devi riuscire a ricavarti un bagno (magari approfittando che al piano di sopra ci sono le signore del call center: quasi tutte donne…), stare attenta a con chi hai a che fare e talvolta non è facile per niente. Non è una questione di età: anzi, sono spesso i più giovani quelli ad avere la forma mentis più cementificata.
Proprio per questo si perdono pure tante occasioni strada facendo: perchè esistono eccome le aziende del settore che essendo declinate ormai del tutto al maschile preferiscono restare tali. Introdurre una donna richiede aggiustamenti (fosse solo il bagno), abitudini di linguaggio, etc, etc. Nell’informatica come nell’industria di altro genere: provate a parlarne con qualche consigliera di parità provinciale che affronta periodicamente situazioni di questo tipo.
E’ più facile scartare un genere: tanto in effetti per come si pone la domanda lato lavoratore si tratta di tralasciare di default un curriculum ogni 20.
Eppure non capisco come mai esistano tante studentesse di lingue: vero che col Java e lo spagnolo non parli delle stesse cose, ma se riesci a parlare 4 lingue sospetto che con poco impegno capirai come funziona pure la programmazione. E magari che Chomsky torna utile da entrambe le parti.
Le trasformazioni sociali che in questi anni si sono andate invocando, l’appropriazione di ruoli di rappresentazione del sé diversi no, non possono fare a meno di passare per la ricostruzione dell’idea di lavoro.
E dalla crisi non se ne esce, io credo, senza un’assunzione di responsabilità da parte di entrambi i generi.
Care donne: vi garantisco che montare un hard disk è meno impegnativo dello sgambettare dietro un bancone di un bar e imparare a formattare il proprio pc e quello dei vicini di casa può diventare molto più redditizio che fare le pulizie a ore. E la fatica fisica, vi garantisco, è del tutto diversa. Quando portate il vostro pesante case dall’amico negoziante questo vi chiede 80 euro per un lavoro di 10-15 click del mouse.
Occorre riconvertirsi un po’: non solo non richiede ci occupare una parte così sostanziale del proprio cervello, ma produce effetti nel futuro prossimo di ampio respiro.
Ve le immaginate 40 donne che chiedono agli enti regionali di formazione un corso per il recupero dell’hardware informatico? Ve le immaginate 30 donne che ne chiedono uno per imparare a mettere in piedi un piccolo laboratorio informatico per i ragazzini del quartiere?
Io ne immagino il bell’esempio per tutte le altre, per le piccole imprese intorno, per le reti di libere professioniste che odiano aver a che fare con tecnici che parlano troppo difficile.
Io me le immagino accorgersi che a trent’anni si possono riscoprire programmatrici, magari dopo due anni a casa per via del figlio piccolo senza i soldi per il nido, e scoprire che ecco, è proprio un bel lavoro che si può imparare a fare da casa.
Non occorre certo passare la giornata in ufficio per fare del buon testing o una traduzione corretta della manualistica dei software (già, perché si può poi essere ottime traduttrici dall’inglese all’italiano, salvo poi tradurre SQL Injection con “un’iniezione di SQL”, mentre ecco, certe cose valgono per quello che sono).
Anche perchè, care donne, a poco vale proporsi come esperte della comunicazione on line se poi non sapete che oggi come oggi è bene pretendere prima di tutto un prodotto sicuro: non dico che si debba diventare esperte d’ogni cosa, ma almeno sapere che un sito in flash oggi è forse “carino”, ma un non sense vista la scarsa compatibilità con il mondo Apple.
E così via, di esempi se ne potrebbero fare all’infinito.
Perché se non sono gli uomini ad occupare i lavori da donna (visto che tipicamente caratterizzati dai contratti nazionali più bassi, vedi il mondo del tessile, del commercio, della cooperazione sociale) e a pretendere di riequilibrare il mondo del lavoro, beh, occorre fare l’inverso.
Occorre occupare quei posti che non sono mica tanto male: la responsabilità sociale delle donne oggi per garantire una vita libera alle più piccole passa anche rimettersi in discussione in tutti i sensi.
E non voglio più sentirmi dire: “Sara aiuto! Mi è sparita l’icona di Word”