La schiena di GinoPatroni Griffi, Pareto e il dilemma tecnocratico

Ieri, sulle colonne del «Corriere della sera», Dario Di Vico proponeva un interessante fondo sullo scontro tra il Ministro della Funzione pubblica Filippo Patroni Griffi e quello del Welfare Elsa F...

Ieri, sulle colonne del «Corriere della sera», Dario Di Vico proponeva un interessante fondo sullo scontro tra il Ministro della Funzione pubblica Filippo Patroni Griffi e quello del Welfare Elsa Fornero in merito alla riforma del lavoro e alle norme sul licenziamento. Il primo, infatti, a differenza della seconda intende difendere in maniera coriacea gli evidenti e consolidati privilegi dei dipendenti pubblici rispetto a quelli privati.

Il bel pezzo scritto da Di Vico riaccende l’attenzione sull’irrisolto dilemma della tecnocrazia: una forma di potere e di gestione della Res publica che, pur dichiarandosi immune a ogni limite o stortura della politica, finisce per cadervi immancabilmente.

L’autore invitava inoltre i politologi a cimentarsi nell’«ardua sentenza» di individuare argini sicuri entro cui contenere la figura del tecnocrate ed eventualmente denunciarne l’abdicazione.

Tuttavia, il problema è più sottile. Non riguarda esclusivamente la figura del tecnocrate, bensì appartiene alla stessa natura umana, oltre che alla politica.

Un aiuto nella soluzione di tale questione proviene da lontano. E, pur nella sua apparente semplicità, colpisce per il crudo realismo.

In Les systèmes socialistes del 1902, Vilfredo Pareto osservava «si può peccare per ignoranza», ma «si può anche peccare per interesse», aggiungendo in maniera disincantata «la competenza tecnica può fare evitare il primo male, ma non può nulla contro il secondo».

L’ammonimento del grande elitista italiano – forse, è proprio il caso di riconoscerlo – risuona ancora attuale.

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