Stavolta non si tratta di salute dei conti pubblici, ma in senso più stretto. Vassilis Rapanos non è più il ministro delle Finanze ellenico. Nella lettera di dimissioni, letta dal quotidiano Ekathimerini, l’ex governatore della Banca centrale greca ammette di non aver superato i suoi problemi di salute e per questo di non essere in grado di compiere il mandato che gli è stato affidato dal neopremier Antonis Samaras.
Rapanos era stato ricoverato d’urgenza venerdì scorso per un malore a poche ore dal delicato intervento alla retina a cui si è sottoposto, sabato mattina, proprio Antonis Samaras, che oggi ha accettato con rammarico la decisione del banchiere centrale ellenico. I due, come già annunciato, non parteciperanno al summit di giovedì prossimo, ma sarà il ministro degli esteri Dimitris Avramopoulos a rappresentare la nuova coalizione uscita vittoriosa dalle elezioni appena quindici giorni fa.
A pochi giorni da un Consiglio europeo di centrale importanza continua a piovere sul bagnato. La notizia di Rapanos, peraltro, arriva al termine di una giornata di passione sui mercati, che hanno reagito in profondo rosso alla richiesta formale di aiuto finanziario di Madrid al presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, a cui si aggiunge quella di Cipro. Di certo c’è all’eurovertice non si parlerà di Grecia, almeno stando alle dichiarazioni di Steffen Seibert, portavoce del Cancelliere Angela Merkel, secondo cui, prima di capire l’avanzamento di Atene nel programma di consolidamento seguito agli aiuti, bisognerà attendere i risultati della missione della Troika Ue-Bce-Fmi, che per inciso non è ancora volata in Grecia.
Intanto il portavoce del commissario agli Affari economici e monetari, Olli Rehn, non ha confermato l’indiscrezione pubblicata dal quotidiano To Vima riguardante i 70mila dipendenti pubblici assunti dal Paese tra il 2010 e il 2011, in violazione di tutti gli accordi sottoscritti fino a oggi. Un giallo ancora da chiarire in una settimana decisiva per l’Eurozona. Fortunatamente Jens Weidmann, numero uno della Bundesbank, sostiene che un’eventuale breakup dell’euro non contribuirà in alcun modo a restituire confidenza agli investitori. Il rischio, oggi, è più vicino che mai.