L’informatica migranteQuesto è il padiglione 32 la fossa dei serpenti nel più grande e più terribile manicomio di Roma

A pochi passi dalla stazione del treno di Monte Mario c'è del verde. “Vai vai a farti un giro” si raccomandano le vicine di casa. “E' un bel parco, pieno di gente che va a correre!” Manicomio provi...

A pochi passi dalla stazione del treno di Monte Mario c’è del verde.
“Vai vai a farti un giro” si raccomandano le vicine di casa. “E’ un bel parco, pieno di gente che va a correre!”

Manicomio provinciale: così recita l’insegna che ancora troneggia nel primo palazzo che si incontra passato l’ingresso. Dovrò tornarci più volte per capire e allo stesso tempo vincere la paura: siamo all’interno del Santa Maria della Pietà, che fu uno dei più grandi e antichi ospedali psichiatrici d’Europa.

Nonostante siano passati mesi dalla grande nevicata i rami spezzati fanno ancora parte del paesaggio, assieme all’erba alta che invoca d’essere falciata. Ma qui a voler sistemare le cose non si saprebbe proprio da dove cominciare.
Non c’è ombra di quel percorso che ho visto fare alla salute mentale a Trieste o a Udine. O almeno non se ne trova la minima rappresentazione.

“Ecco, le fontane che vedete fuori le hanno costruite i medici coi pazienti durante gli anni in cui si discuteva la legge 180.” Prima era vietato qualsiasi elemento che potesse rendere il parco un ambiente vivibile, tanto per i rinchiusi quanto per medici e infermieri.
Così mi spiegano al Laboratorio della Mente, uno spazio ricavato tra i tanti edifici del parco ancora deserti, dove dal 2000 è possibile tentare di capire quel che ha significato la parola pazzia nel tempo e sopratutto come ha cambiato la legge Basaglia il modo di intendere la psichiatria in Italia. E’ un percorso da fare in gruppo, mi spiegano, così mi mescolo a una scolaresca di ragazze di 5a superiore e con loro attraverso il percorso interattivo che parte dai sensi fino a farti incontrare la storia.

Una di quelle cose da vivere, magari prima di essere chiamati a votare certe leggi in Parlamento.

“Se poi fate un giro nel parco vedrete che in giro ci sono anche disegni sui muri che non sono stati dipinti. Sono stati fatti in quegli anni di fermento in cui è stata votata la legge Basaglia.”

Ma l’edifico che accoglie questa intensa esperienza didattica è pericolante, come lo sono la maggior parte dei palazzi intorno: “Sono solo non assegnati” mi spiegano.
“Ah, quindi i disegni non sono rimasti per una sorta di percorso, di memoria?”
E visto che la risposta tarda ad arrivare ripenso per conto mio a Trieste, dove l’ex OPP accoglie sedi universitarie, Radio Fragola è una radio conosciutissima che trasmette dall’interno del Parco e tiene alta l’attenzione sulla legge 180, i ragazzi ci vengono con orgoglio e il grande cavallo di cartapesta all’ingresso non sta li perché non sapevano dove buttarlo.
“Ma a Trieste, ecco, ho visto che…”
“Eh, beh, ma a Trieste, qui…”

Inutile insistere. A Roma tutto si risolve con la medesima spiegazione “Roma è grande”. Trovare una risposta soddisfacente a qualche perché richiede percorsi che non ho ancora imparato a intraprendere.
Però questa è pur sempre la capitale del Paese e questo, nonostante confini con una sorta di discarica abusiva che pare non indignare i centinaia di podisti che qui si allenano ogni giorno, quella che fu una galera immensa.

I segni di quel “Mai più” dell’imprinting del mondo cooperativistico friulano qui forse ci sono, anche se scritti in un linguaggio incomprensibile. E il motto “Entrare fuori uscire dentro” pare essersi compiuto soltanto a metà, anziché diventare la normalità.

Così capisco come mai un ragazzo poco più vecchio di me mi aveva avvisato “In giro ogni tanto vedi dei matti, ma perché prima stavano al Manicomio, poi l’han voluto chiudere e ora ce li teniamo qua.” E in effetti mi spiegano che la chiusura definitiva è avvenuta nel 1999.
A tutti gli effetti quel che vedo invecchiare su se stesso è dato da un abbandono di “soli” tredici anni.

Tredici anni sono il tempo che è bastato agli abitanti per approfittare di uno spazio nuovo per farci la grigliata domenicale: ma sono stati sufficienti per costruire una nuova mentalità verso il dentro che esce?

La commissione Affari Sociali della Camera ha approvato nelle scorse settimane la modifica alla legge 180 presentata dall’esponente del Pdl, Carlo Ciccioli. Prolungare i tempi del trattamento sanitario obbligatorio e parlare di trattamenti speciali ha fatto tremare non pochi.
Verrebbe da chiedersi come sia possibile accettare una cosa del genere dopo aver conosciuto chi in manicomio ci è entrato da ragazzino per poi subire un elettroshock dopo l’altro entrando nell’adolescenza.
E viene da chiedersi se forse non contano i simboli: se forse talvolta non sia necessario che i luoghi si convertano, si rovescino del tutto al fine di non rivederli di nuovo riappropriarsi delle loro origini.

Googolando scopro poi che le vicende recenti su questi spazi sono state tra le più diverse: a quanto pare c’è stato un tempo in cui è stato un luogo d’acceso dibattito. E ora?

“Questo è il padiglione 32 la “fossa dei serpenti”(…) nel più grande e più terribile manicomio di Roma” ho letto in un cartello contenuto per caso all’interno di una delle strutture. E’ stato scritto con un pennello, con quella grafia che si usava una volta, che si vede nelle foto dei cortei. Ho chiesto e mi dicono “probabile stia lì da allora”.
Sarebbe il caso di recuperarlo, incorniciarlo e appenderlo, immagino, a futura memoria di ogni luogo dove le leggi si decidono: dal più piccolo Consiglio Comunale all’ultimo Parlamento.

Sia mai che qualcuno non provi un brivido, la prossima volta, nel pensare a leggi di indubbia vergogna.

(e so che questi sono giudizi superficiali e di passaggio e che certo altro ci sarebbe da dire su questo luogo, così prego, chi sa, mi racconti, e pezzo dopo pezzo ricostruiamo, magari, la storia…)

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