Ritorna l’idea di pedonalizzare via dei Fori Imperiali. Di evitare che mezzi di ogni genere continuino a sfrecciare a poche decine di metri dal Colosseo. Che i monumenti più importanti e famosi al mondo possano essere fotografati tra il passaggio di un ciclomotore o di una autovettura. Che tra quelle pietre antiche risuoni il frastuono della modernità inquinante. Che tra i blocchi in travertino dell’anfiteatro Flavio, come tra i laterizi del podio dell’aula di culto del Foro della Pace, accanto alla Basilica di Massenzio, come sulle colonne del tempio di Venere e Roma, si depongano le polveri sottili esplose nell’aria.
A rilanciare la proposta è il I Municipio. L’occasione perché l’antico auspicio si concretizzi, sarebbero i lavori per la metro C che partiranno a breve e che per almeno sette anni costringeranno a rivoluzionare la viabilità di via dei Fori Imperiali da Largo Corrado Ricci a via di San Gregorio (via Celio Vibenna). Si studia una pedonalizzazione, “magari per tappe graduali”. Sondando anche il parere dei cittadini del Municipio, nell’ottica di una scelta quanto più condivisa. Con l’intento di salvaguardare i monumenti ma anche snellire la circolazione.
Un progetto al quale credeva fermamente Antonio Cederna, già nel 1981, nei mesi in cui il Parlamento varò il primo stanziamento per la protezione dell’ archeologia romana (legge Biasini). Sul quale ritornò Benevolo nel 1988 con il suo progetto di parco archeologico. L’impegno di Argan prima e Petroselli poi portò all’eliminazione della via del Foro Romano, che divideva il Campidoglio dal Foro Repubblicano e l’unione del Colosseo all’Arco di Costantino, realizzando la continuità dell’area archeologica. Ma a trenta anni di distanza, le auto sfrecciano ancora sullo stradone di Mussolini. Un progetto che risale addirittura agli anni Ottanta dell’Ottocento. La costituzione di una vasta area archeologica comprendente il Foro e il Palatino era stato uno degli obiettivi della politica archeologica sostenuta dall’allora Ministro della Pubblica Istruzione Guido Baccelli. Tale ambizioso e innovativo progetto, il “Piano per la sistemazione della zona monumentale riservata di Roma”, presentato nel 1887 da una speciale Commissione creata fin dal 1881, divenne legge (la prima legge sulla zona archeologica di Roma, n. 4730 del 14. 07. 1887), il 14 luglio dello stesso anno con il duplice sostegno, in sede parlamentare, di Baccelli e del Ministro Bonghi. Il progetto vincolava a parco archeologico, in deroga al piano regolatore del 1883, un’area vastissima. Comprendente Foro Romano, con piccola parte dei Fori Imperiali, Colosseo, terme di Traiano, parte del Celio, Palatino, Foro Boario, Circo Massimo, Aventino, terme di Caracalla, via Appia fino alle mura Aureliane. I lavori avrebbero dovuto compiersi in 10 anni attraverso espropri concertati tra la Municipalità e il Ministero della Pubblica Istruzione. Sfortunatamente le successive fasi operative videro un ridimensionamento della componente archeologica sia in ambito progettuale che in sede operativa. La realizzazione della zona monumentale rientrava fra i “provvedimenti audaci e forti” in favore della capitale sostenuti in parlamento da Giolitti. Quel progetto rimase sulla carta e successivamente, anche se assai ridimensionato, ad intermittenza, ha rifatto capolino.
Ritorna ora. Mentre i centurioni romani, a lungo indisturbati protagonisti proprio dei dintorni del Colosseo, hanno scelto altre location per essere immortalati in foto “storiche” accanto al turista di turno. Mentre, però quella stessa area è la bottega a cielo aperto di quei tanti, perlopiù indiani, venditori di ogni genere di mercanzia. Mentre quella stessa area è fertile terreno di raccolta per scippatori di diversa provenienza. Mentre, certamente non i monumenti che affacciano o lambiscono via dei Fori imperiali, né tantomeno lo spazio interposto tra quest’arteria e via di San Gregorio, hanno un seppur minimo supporto informativo che contribuisca a identificarli.
Pedonalizzare via dei Fori Imperiali, almeno nel tratto verso il Colosseo sarebbe, dunque, operazione meritoria. Indizierebbe la volontà di realizzare un grande “centro monumentale”, di offrire la possibilità al turista più curioso come al romano più distratto, di fare davvero un viaggio nel passato. Di essere parte della Storia della Città più importante di tutto l’Impero. Di farlo nel cuore autentico della Città. Ma tutto questo non avrebbe reale compimento, rimanendo una Storia a metà, se la pedonalizzazione non fosse che il primo steep di un progetto ben più articolato, che non possa non prevedere, il “controllo” di quell’area. Evitando che diventi una sorta di suk senza regole e senza ordine, un foro senza sorveglianza. Strapparlo ai mezzi inquinanti per consegnarlo all’indistinto sarebbe, forse, una colpa più grande di lascarlo così com’é. E’ auspicabile che si realizzi l’auspicio di Baccelli. Ma se ciò si realizzerà è necessario che si predisponga un progetto per la nuova fase. Un progetto di inclusione, nel quale la “fettuccia” di via dei Fori Imperiali, non sia più una cesura tra due parti, che anticamente costituivano un tutto. Un progetto che, realisticamente, dovrebbe rinviare a tempi più propizi lo scavo di quella “fettuccia”. Ma perfino al di là di questo sarà indispensabile per l’intera area che continui (o, forse, riprenda) ad essere vitale, fulcro della città archeologica. Senza, tuttavia, divenire uno spazio dell’anarchia, nel quale centurioni moderni, venditori di ogni cosa e ambulanti di generi alimentari, si offrano all’utenza. Questo è il rischio che si corre. Un rischio che non può e non deve correre
Ma intanto, su via dei Fori Imperiali, continua il passaggio di mezzi inquinanti, e lo spazio dell’indistinto è ridotto a quel poco che esiste tra il Colosseo e la Meta Sudans, tra questa e l’arco di Costantino. Roma continua a viaggiare a vele spiegate verso il futuro senza sapere qual è la direzione da prendere. Azioni disarticolate senza un progetto. Forse, molto peggio. Senza Cultura.
8 Giugno 2012